Medicina e ricerca

Malattie orfane, parte la campagna «Rari, mai invisibili». Focus ricerca pubblico-privata, patologie non diagnosticate e servizi territoriali

Rari, mai invisibili è il talk show, visibile sul canale Youtube https://www.youtube.com/watch?v=iaqh0tMyiH8 da cui prende il nome la campagna che il 20 febbraio a Roma, allo Spazio Novecento all'Eur, sarà lanciata dall'attore Paolo Briguglia nell'ambito delle celebrazioni del Rare Disease day . Il talk show è dedicato alle malattie rare ed è in collegamento streaming da Roma con Firenze, Lecce, Matera e Palermo dove si svolgeranno altrettanti eventi in contemporanea che prevedono anch'essi un talk show e manifestazioni artistiche per l'intera serata.
La campagna 2017, visibile sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/Rarimaiinvisibili-1860659667523053 , non si esaurisce in un giorno o in una settimana, ma ha l’ambizione di durare nel tempo, sensibilizzando un pubblico molto ampio, attraverso la diffusione sul web di materiale informativo e testimonianze. Al centro della campagna un cortometraggio, I- VISIBLE, interpretato dagli attori Elisabetta de Vito e Ciro Scalera, diretto dal regista Dario Baldi: il mezzo cinematografico scelto per entrare nel cuore della gente e diventare virale, sul modello dell'Ice bucket, in modo da coinvolgere quante più persone possibile nella condivisione e diffusione del messaggio.

A promuovere l'iniziativa, l’Istituto superiore di Sanità in collaborazione con Uniamo, Federsanità Anci, Farmindustria e con il patrocinio del ministero della Salute e del Centro per la Pastorale Familiare del Vicariato di Roma. «Le malattie rare rappresentano una sfida paradigmatica in sanità – afferma Walter Ricciardi Presidente dell’Iss – ci pongono il problema dell'equità nell'accesso ai farmaci, all'assistenza, ai servizi, ci mostrano con chiarezza come sia impossibile un modello regionalizzato dove servizi, e a volte anche terapie, sono offerti in un luogo e non lo sono più a pochi kilometri di distanza. La comune base genetica della maggior parte di esse richiede con forza la condivisione delle conoscenze per affrontare la ricerca - continua il presidente - Oggi il nostro registro conta 195.452 casi di malattie rare che però si riferiscono solo a quelle riconosciute con il codice d'esenzione e che sono la punta di un iceberg di una realtà molto più complessa dove ancora una malattia su quattro resta senza diagnosi».

Ed è proprio il tema delle malattie non diagnosticate, forse il più spinoso, uno degli obiettivi strategici del Centro nazionale malattie rare dell’Iss che sta investendo molte delle sue energie nel coordinamento di Undiagnosed Diseases Network International (UDNI), il network internazionale, al quale partecipano paesi come Giappone, Canada e Stati Uniti, nato per aumentare a livello globale le conoscenze sui pazienti con malattia rara. «Coordiniamo la rete italiana dei non casi diagnosticati da quando è sorta e in tre anni siamo riusciti a ottenere la collaborazione di 6 centri clinici grazie ai quali il database si è arricchito con 53 casi provenienti da pazienti italiani senza certa diagnosi e 14 casi provenienti dal partner Usa – afferma Domenica Taruscio – La conoscenza è per noi più che per altri la paziente e faticosa costruzione di un mosaico. Solo condividendo questi dati con gli altri partner possiamo cercare di trovare il cosiddetto secondo caso, che può essere dovunque, anche dall'altra parte dell'emisfero terrestre».

E se le malattie non diagnosticate segnano ancora un punto di forte criticità, alcuni passi avanti sono stati fatti invece per alcune patologie e diverse ricerche si sono attivate in questo settore anche nel nostro Paese: «Possiamo dire che è stato un 2016 che ha visto il raggiungimento di importanti obiettivi – dichiara Tommasina Iorno, neo eletta presidente di Uniamo. La legge sugli screening neonatali allargati, per esempio, che in tema di diagnosi precoce salverà la qualità di vita di molte persone e la legge sul Dopo di noi che finalmente ha affrontato un tema che sta molto a cuore a chi ha figli con gravi disabilità. Anche dai Lea finalmente arrivano buone notizie ma resta la criticità dovuta alle autonomie sanitarie. Sono solo dieci regioni, infatti, ad aver recepito il Piano nazionale malattie rare e il percorso di presa in carico stenta a decollare perché manca un finanziamento specifico in grado di attivare misure sociosanitarie essenziali ai pazienti e alle famiglie per affrontare questo tipo di patologie».

Ed è proprio l'assistenza uno dei nodi da sciogliere per affrontare queste patologie, spesso invalidanti e bisognose di essere integrate nel tessuto sociale. «In occasione del Rare Disease Day abbiamo cercato di riunirci intorno ai bisogni dei pazienti con patologia rara per confrontarci sulla possibilità di creare sinergie ancora più forti dichiara Angelo Del Favero, Presidente di Federsanità Anci -. Serve una direzione certa su cui indirizzare risorse e progetti soprattutto nel contesto di una sanità frammentata in tutto il paese che vede mettere in campo mezzi e strumenti diversi. È per questo che il nostro contributo potrà essere quello di avviare un monitoraggio dello stato dell'assistenza nelle Asl rispetto alle malattie rare in modo da poter rilevare i bisogni sul territorio per indirizzare le politiche sanitarie».

Ricerca e assistenza sono un binomio indissolubile e per coniugarlo serve lo sforzo di tutti, cittadini compresi, chiamati all'integrazione nella scuola, nel lavoro e nel quotidiano. La ricerca, soprattutto, dalla rete non può prescindere. «Ricerca e hi tech hanno ormai cambiato gli scenari di cura, anche per le patologie rare - afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria -. Sono infatti 129 i medicinali per le malattie rare che hanno ottenuto l'autorizzazione per l'immissione in commercio in Europa e 209 le designazioni di farmaci orfani nel 2016, quasi triplicate nell'arco di dieci anni (erano 80 nel 2006). E in Italia 1 sperimentazione su 4, autorizzate nel 2015, è nelle malattie rare. Risultati che dimostrano l'impegno nella R&S dell'industria farmaceutica. C'è ancora tanto da fare. Ecco perché è necessario unire sempre più le forze. Siamo tutti coinvolti e in prima linea per far sì che i malati rari si sentano sempre meno invisibili. Anche perché è la malattia ad essere rara, non la persona che ne soffre. Non si può perdere questa occasione».

Un’alleanza che su un altro fronte può includere anche la Chiesa. A sopperire ai bisogni dei malati e alla mancanza dell'assistenza è molto spesso, infatti, la famiglia, anch'essa bisognosa di sostegno anche psicologico e di orientamento soprattutto nella crescita dei figli e nell'integrazione scolastica oltre che nei percorsi di inclusione sociale. Ed è per affrontare questo aspetto che il Centro per la Pastorale Familiare del Vicariato ha avviato, con il Centro Nazionale Malattie Rare dell'ISS, una collaborazione con i consultori familiari della Diocesi di Roma per il sostegno e l'orientamento ai malati e alle famiglie: «Nei prossimi mesi verranno formati dall'Istituto Superiore di Sanità una trentina di operatori professionali presenti nei nostri consultori familiari per supportare i pazienti e le loro famiglie, per, in collaborazione con il Telefono Verde Malattie Rare, verso i centri di diagnosi e terapia, per ascoltarli e sostenerli anche psicologicamente qualora ce ne fosse necessità – spiega Monsignor Andrea Manto, Direttore dell'Ufficio pastorale familiare del Vicariato –. È un primo passo per spezzare il cerchio di isolamento che sperimentano le famiglie quando incontrano la malattia e per promuovere – conclude Mons. Manto –una rete di accoglienza e ospitalità per chi viene da fuori regione».


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