Medicina e ricerca

Medicina e malattie di genere, quando la salute va declinata

di Andrea Lenzi (professore ordinario di Endocrinologia, Università Sapienza di Roma; Presidente Società Italiana di Endocrinologia)

Il termine “Genere” implica un particolare riferimento sociale di comportamenti, attività e attributi che una società considera specifici per gli uomini e per le donne e che va oltre la semplice distinzione del sesso maschile o femminile. L'essere uomo o donna può condizionare in maniera specifica l'insorgenza e il decorso delle malattie, l'aspetto diagnostico, il trattamento, la cura e la riabilitazione. Infatti, gli uomini e le donne, pur essendo soggetti alle medesime patologie presentano sintomi, progressione di malattia e risposta ai trattamenti diverse tra loro.

Sulla base di queste informazioni la ‘medicina di genere' e le malattie di genere non devono essere interpretate come la ‘medicina delle donne' o malattie delle donne, ma come una medicina che consideri nel suo approccio olistico all'individuo il “genere” come fattore significativo per la distinzione delle patologie, con un criterio genere-dipendente che tenga conto delle suddette differenze. Tra le patologie che riportano differenze di genere nelle loro manifestazioni cliniche, vi sono, tra le numerose altre, la patologia cardiovascolare, l'osteoporosi, l'obesità.

La bilancia degli ormoni sessuali nell’infarto
In particolare, nell'ambito della cardiopatia su base ischemica (l'infarto) sono evidenti differenze importanti in termini di presentazione clinica e di prognosi della malattia nei due generi. La patologia ischemica è sempre stata considerata una patologia specifica dell'uomo, ritenendo la donna protetta dai suoi ormoni sessuali, gli estrogeni, durante l'età riproduttiva. Tuttavia, dati epidemiologici confermano come le malattie cardiovascolari rappresentino la principale causa di morte per entrambi i sessi. Inoltre sono sempre più numerosi i casi di donne giovani che manifestano la patologia con esito spesso fatale.

La donna, anche se meno affetta dalla patologia cardiaca ischemica, quando ne viene colpita, presenta generalmente un andamento clinico e una prognosi peggiore rispetto all'uomo. Ciò è riconducibile ai differenti meccanismi all'origine di questa condizione patologica. Tipicamente, le donne presentano meno frequentemente una ostruzione dei grossi vasi cardiaci, le coronarie, che portano sangue al muscolo cardiaco: la riduzione del flusso sanguigno, cui consegue il danno del tessuto miocardico, interessa prevalentemente i piccoli vasi coronarici. Al contrario, nell'uomo è più frequente riscontrare la presenza di una placca aterosclerotica che determina una ostruzione a livello dei vasi coronarici di ampio calibro. L'identificazione e la caratterizzazione della malattia cardiaca ischemica rispetto al sesso (maschile o femminile) e al genere (ovvero l'insieme dei fattori socio-economici, culturali e legati allo stile di vita dell'individuo) apre scenari di terapia rivoluzionari in termini di medicina personalizzata. La bilancia degli ormoni sessuali, in questo contesto, potrebbe giocare un ruolo chiave nel determinare lo sviluppo della patologia e, quindi, la differente risposta ai trattamenti che non devono essere standard, ma personalizzati.

Il fattore di rischio obesità
Altro fattore di rischio importante per le patologie cardiovascolari è l'obesità. Anche se l'incidenza dell'obesità non vede una prevalenza di genere, essendo presente in ambedue i sessi in maniera sovrapponibile, tuttavia possono essere riscontrate delle differenze significative nei due generi nella distribuzione del tessuto adiposo corporeo ed in alcune caratteristiche peculiari. I soggetti di sesso femminile hanno fisiologicamente un contenuto di grasso corporeo complessivamente superiore rispetto ai soggetti di sesso maschile.

Inoltre, anche la distribuzione del tessuto adiposo corporeo differisce nei due generi: soggetti di sesso maschile tendono ad accumulare maggiori quantità di tessuto adiposo viscerale (addominale), fortemente correlato ad un aumentato rischio cardiovascolare; mentre i soggetti di genere femminile, prima della menopausa, accumulano maggiori quantità di tessuto adiposo a livello sottocutaneo.

Osteoporosi patologia di genere?
Altra patologia considerata di genere è l'osteoporosi, da sempre considerata patologia del genere femminile. In realtà tale patologia colpisce drammaticamente anche gli uomini, anche se in misura minore in termini di soggetti affetti. L'osteoporosi, cioè un'alterazione della resistenza scheletrica che incrementa il rischio di sviluppare fratture spontanee o indotte da minimi traumi colpisce tipicamente i soggetti di genere femminile negli anni dopo la menopausa, in conseguenza del drastico calo degli estrogeni circolanti in questo periodo della vita della donna. La patologia è subdola perché quasi asintomatica e va ribadito che anche gli uomini ne sono affetti con l'avanzare dell'età e il calo fisiologico del testosterone e nei soggetti di genere maschile, nelle decadi più avanzate, le fratture sono più frequenti e possono causare conseguenze drammatiche.

Un approccio terapeutico ottimale deve pertanto tener conto della diversa modalità con cui le patologie si esprimono negli uomini e nelle donne e come queste siano condizionate in modo consistente da fattori, non solo clinici ma anche socio-economici e culturali tipici della differenza di genere.

La realizzazione di una rete di assistenza adeguata alla “medicina di genere” e l'attuazione di efficaci interventi di prevenzione, sono spesso ostacolati da sistemi socio-economici e culturali che risultano in conflitto con l'attuazione di una medicina che tenga conto delle suddette differenze: obiettivo prioritario deve essere quello di modulare l'intervento terapeutico in funzione del miglioramento dell'aspettativa e della qualità di vita in maniera paritaria. Sulla base di questi principi la Comunità Europea ha evidenziato la necessità di sviluppare una politica sanitaria che rispetti le differenze di genere e in quest'ottica, la Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia ha avviato lo scorso anno un progetto pilota inerente l'insegnamento della “medicina orientata al genere” per gli studenti di Medicina delle Università italiane.


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