Medicina e ricerca

Malattie reumatologiche, l’infiammazione potenzialmente letale e le nuove prospettive di cura

di Fabrizio De Benedetti (responsabile Uoc di Reumatologia e Laboratorio di Immuno-reumatologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù)

Con la parola “infiammazione” viene identificato, nel linguaggio comune, un sintomo (la gola infiammata o le articolazioni infiammate), sintomo che va curato. Nel linguaggio tecnico, il termine infiammazione (o flogosi) identifica un meccanismo di difesa indotto dall'azione dannosa di agenti fisici, chimici o biologici, il cui obiettivo finale è l'eliminazione della causa del danno (per esempio un microbo) e l'avvio del processo di guarigione.
L'infiammazione è negli ultimi anni studiata con molto interesse.

L’eccessiva infiammazione può causare infatti danno a molti tessuti e numerosi dati dimostrano che l'infiammazione è coinvolta in una serie di malattie, anche apparentemente molto diverse fra loro. La sindrome da attivazione macrofagica è una forma di infiammazione esagerata e incontrollata caratterizzata da un esordio acuto, anche esplosivo, che si presenta come una grave complicanza delle malattie infiammatorie croniche, soprattutto del bambino, quali l'artrite idiopatica giovanile sistemica. È per fortuna rara, ma mortale se non riconosciuta e se non trattata prontamente. È caratterizzata da febbre, molto elevata e persistente, e dolori diffusi. L'infiammazione della sindrome da attivazione macrofagica danneggia tipicamente il fegato e le cellule del sangue, ma può interessare tutti gli organi e sistemi, incluso per esempio il cervello. La mortalità della sindrome di attivazione macrofagica è ancora elevata (fra il 10 e il 25%), nonostante il trattamento con alte dosi di cortisonici e immunosoppressori.
Come accennato prima, i mediatori dell'infiammazione sono oggetto di intensi studi. Si tratta delle cosiddette citochine, le parole dell'infiammazione, cioè molecole che le cellule del sistema immunitario utilizzano per trasmettere segnali, per comunicare. Non tutte le infiammazioni sono uguali. L’identificazione delle citochine e del loro ruolo in specifiche malattie infiammatorie ha permesso di sviluppare nuovi farmaci, i cosiddetti farmaci biologici. Questi farmaci colpiscono in maniera precisa ed efficace un singola citochina. Quando questa citochina è il direttore d'orchestra di uno specifico tipo di infiammazione, o di una specifica malattia, il farmaco biologico a target diventa molto efficace, poiché è in grado di spegnere l'interruttore portando ad una rapida scomparsa dei segni della malattia.

Gli studi svolti dalla Unità di Reumatologia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù mostrano che la esagerata produzione di interferone-gamma è la caratteristica principale della infiammazione nella sindrome da attivazione macrofagica. Alti livelli di interferone-gamma presenti nei tessuti, quali per esempio il fegato, orchestrano la attivazione incontrollata dei macrofagi, cellule dell'infiammazione che, attivate in maniera esagerata, provocano danno ai tessuti. Gli elevati livelli di interferone-gamma inducono anche la produzione di altre due piccole citochine, chiamate cxcl9 e cxcl10, che dai tessuti, sede della infiammazione, filtrano nel sangue, dove, a differenza dell'interferone-gamma, possono essere misurate facilmente. Studi nel sangue dei pazienti con sindrome di attivazione macrofagica, coordinati da Claudia Bracaglia, pubblicati pochi mesi fa su Annals of Rheumatic Diseases, mostrano che i livelli di cxcl9 e cxcl10 sono degli ottimi marcatori per la diagnosi e per il monitoraggio della malattia. Gli studi nei topolini, coordinati da Giusi Prencipe, appena pubblicati sul Journal of Allergy and Clinical Immunology, mostrano che negli animali, in cui è stata sperimentalmente indotta una sindrome da attivazione macrofagica, la eliminazione degli effetti dell'interferone-gamma porta ad un netto miglioramento della sopravvivenza e dei segni clinici e di laboratorio della malattia.
I risultati ottenuti nei topolini aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche. L'emapalumab, un nuovo anticorpo monoclonale, blocca in maniera specifica l'interferone gamma impedendogli di esercitare gli effetti dannosi. Il suo uso rappresenta quindi una prospettiva terapeutica molto promettente per il trattamento dei pazienti con sindrome da attivazione macrofagica. Per poter dimostrare la efficacia di questo nuovo approccio terapeutico, abbiamo iniziato un trial clinico con questa nuova molecola. Il trial clinico è coordinato dalla unità di Reumatologia del Bambino Gesù e verrà realizzato in collaborazione con altri quattro grandi ospedali pediatrici d'Europa:
- Gaslini di Genova
- Great Ormond Street di Londra
- San Jonan de Deu di Barcellona
- Wihlelmina di Utrecht.


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