Medicina e ricerca

Epilessia farmacoresistente, le opportunità della terapia chirurgica

di Domenico d‘Avella (direttore dell'Unità Operativa di Neurochirurgia Pediatrica dell'Università di Padova e presidente di EANS 2017, il Congresso Europeo delle Società di Neurochirurgia)

Sono circa 30 mila all'anno le nuove diagnosi di epilessia in Italia, una ogni 17 minuti, e nel 60% dei casi si tratta di bambini e adolescenti che si aggiungono ai 500 mila italiani a cui è già stata diagnosticata questa malattia neurologica caratterizzata da crisi con perdita di coscienza, fenomeni motori e sensoriali, caduta o stato di assenza. In questo quadro, solo apparentemente omogeneo, le differenze sono molteplici. Quel che non cambia è lo stigma sociale che dall'antichità a oggi accompagna chi ne è affetto.
Eppure di epilessia si può guarire. E l'opzione farmacologica non è l'unica.
Uno dei problemi più comuni, che colpisce circa un paziente su tre, è, infatti, la farmacoresistenza. Quando i farmaci non sono efficaci, entra in gioco la terapia chirurgica, che può essere un'opzione da valutare per guarire definitivamente dalla malattia (chirurgia resettiva) o per ridurne in misura considerevole i sintomi (chirurgia palliativa).
Si parla di epilessia farmacoresistente quando un paziente continua a presentare crisi dopo aver assunto almeno due farmaci antiepilettici diversi in monoterapia o in associazione, senza importanti effetti collaterali. In circa il 60% dei casi il paziente è affetto da epilessia focale, che è la forma candidabile all'intervento di chirurgia resettiva, a condizione che sia individuata con certezza la zona epilettogena, ovvero il punto della corteccia cerebrale da cui partono le crisi, e che questa possa essere rimossa o disconnessa senza creare nuovi significativi deficit neurologici, cognitivi e neuropsicologici.
Valutazione che deve essere effettuata caso per caso, anche e soprattutto quando si ha a che fare con i più piccoli, seguiti, nell'Azienda Ospedaliera-Università di Padova, dalla Neurologia Pediatrica guidata dal dottor Stefano Sartori. Più precoce è l'operazione, migliore sarà il risultato dal punto di vista neuropsicologico e della qualità della vita, specie nei bambini in cui il ricorrere di crisi non controllate interferisce gravemente con il normale sviluppo cognitivo.
La valutazione pre-chirurgica dovrebbe essere eseguita in tutti i pazienti con epilessia focale farmacoresistente per valutare l'idoneità a un intervento curativo e proporre, in alternativa, la chirurgia palliativa, che può comunque garantire una significativa riduzione delle crisi. In generale, nel 55-70% degli interventi eseguiti, la chirurgia resettiva porta il paziente alla guarigione completa ma i migliori risultati si ottengo nelle epilessie focali farmacoresistenti le cui crisi nascono dal lobo temporale. Per quanto riguarda la chirurgia palliativa, invece, la stimolazione del nervo vago, che avviene mediante un generatore di impulsi impiantato sottocute nella regione sottoclavicolare, è in grado di ridurre di almeno il 50% la frequenza delle crisi epilettiche nel 21%-75% dei soggetti. E il beneficio può persistere a 10 anni.

Eppure sono pochi, pochissimi, i centri in Italia in cui può essere eseguita la chirurgia dell'epilessia e le resistenze sono ancora molte, non solo da parte delle famiglie ma anche dell'ambiente medico in generale, soprattutto quando si tratta di minori. La ragione è sostanzialmente una: un deficit informativo e formativo grave che coinvolge pazienti, associazioni e in molti casi anche pediatri, neuropsichiatri infantili e neurologi, che non propongono nemmeno l'approccio chirurgico a causa dei danni permanenti che potrebbe comportare. Così la chirurgia dell'epilessia viene riservata erroneamente solo ai casi giudicati senza speranza. Mentre le sofferenze e i costi sociali legati alla cronicità e disabilità che l'epilessia farmacoresistente può determinare, continuano a crescere.
Federazione Italiana Epilessie e Associazione Italiana Contro l'Epilessia sezione Veneto, in occasione di “Neurochirurgia Familiare” (l’incontro dedicato al dialogo tra esperti mondiali di patologie neurochirurgiche pediatriche, famiglie e associazioni, a Padova il 30 settembre), lancerà un appello in vista di una maggiore chiarezza alla comunità scientifica e più investimenti alle regioni per ridurre la migrazione sanitaria di troppi giovani, costretti ancora a spostarsi per accedere alla chirurgia dell'epilessia.


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