Medicina e ricerca

Oncologia pediatrica, il debutto in Italia del «passaporto del guarito»

di Barbara Gobbi

Si chiama passaporto del lungo-sopravvivente o, per semplificare, “passaporto del guarito”, e in Italia ha debuttato, come un segnale di buon auspicio, alla vigilia della Giornata mondiale contro il cancro infantile, celebrata il 15 febbraio con il lancio simbolico, tra l’altro, di 15mila palloncini dorati (biodegradabili), da parte di migliaia di persone che in 40 città e piccole province federate Fiagop (Federazione italiana delle associazioni di genitori Onco-ematologia pediatrica) hanno voluto riaccendere i riflettori sullo «tsunami che colpisce i piccoli pazienti e le loro famiglie», come ricorda Angelo Ricci, presidente Fiagop Onlus . Che non si stanca di elencare le priorità d’intervento, vere e proprie emergenze: diagnosi precoce da valorizzare; accesso alle cure più avanzate indipendentemente dal luogo dove il bambino è nato; nuove terapie mirate, a partire dal dato secondo cui oltre il 50% dei farmaci somministrati in Oncologia pediatrica sono stati testati solo sugli adulti; trattamenti meno tossici, in modo che i guariti abbiano meno effetti collaterali tardivi; potenziamento delle cure palliatve, quando una terapia non è, o non è più, possibile; protezione sociale per i guariti, compresa la possibilità di accedere a coperture assicurative.

Almeno una parte di questi temi ha molto a che fare con il passaporto del lungo-sopravvivente, inaugurato ufficialmente a Bologna nel corso di un convegno affollatissimo. Nata da un progetto europeo coordinato da Riccardo Haupt, direttore del Servizio di Epidemiologia e responsabile dell’ambulatorio dei “fuori-terapia” dell’Irccs Istituto Giannina Gaslini di Genova, l’iniziativa del “passaporto” è partita nel 2012 ad opera della Società europea di oncologia pediatrica, che puntava ad armonizzare tutto il pianeta della presa in carico dei tumori infantili, con un focus specifico sui lungo-sopravviventi da tumori (“Quality of survivorship”). All’interno del quale si è deciso di sviluppare, appunto, il “passaporto”. «Non abbiamo usato la parola “guarito” - spiega Haupt - perché sappiamo che - anche se quasi l’80% dei bambini che oggi si ammala di tumore guarisce - la definizione di “guarigione” in medicina è essere vivi a cinque anni dalla diagnosi. Ma sappiamo dalla letteratura che una percentuale significativa di “guariti”, superiore ai loro pari di sesso e di età, sviluppa patologie croniche di vario genere, come problemi di accrescimento, di udito, di sterilità o di secondo tumori. Sono una popolazione a rischio, da monitorare attentamente».

L’importanza di ricevere il passaporto è che queste persone, superata l’infanzia, tenderanno a perdere il contatto con il centro pediatrico. Oggi si stima che in Italia ci siano circa 30-40 mila persone guarite dal tumore in età pediatrica, con età media di circa 25-29 anni. E proprio perché la popolazione è parzialmente rara, i medici dell’adulto non sono sempre a conoscenza delle potenziali problematiche di questa popolazione.

Il “passaporto”, traducibile in tutte le lingue europee, raccoglie in modo semplice tutte le informazioni, in formato sia cartaceo che digitale: tipo di malattia, caratteristiche biologiche considerate importanti per caratterizzare la malattia; la terapia applicata, anche chirurgica; eventuali complicazioni o sacrificio di organi.

«Come Associazione italiana oncologia pediatrica (Aieop), all’interno di un network europeo di medici, guariti, famiglie, epidemiologi, che cerca di tenere alta la sensibilità della società e dei guariti sui problemi dei lungo-sopravviventi, abbiamo elaborato anche indicazioni sugli screening opportuni per la persona, identificando gli organi a rischio e le possibili patologie che possono svilupparsi per quel dato paziente. Così come diamo indicazione sugli esami di laboratorio cui sottoporsi o se ad un certo punto vadano sospesi», afferma Haupt.

Fino al debutto ufficiale il Italia, per cui l’Aieop propone la più ampia adozione, il passaporto è stato diffuso solo dall’ospedale Gaslini: già ne sono stati consegnati circa 300, con successivo questionario di customer satisfaction consegnato dopo tre mesi al paziente, per capire se e come il documento avesse inciso sulla sua vita. Importante l’eventuale condivisione con i familiari e il Mmg, ma anche l’elemento di eventuale accrescimento delle ansie rispetto agli sviluppi futuri di patologie o a un eccesso di “sintesi” rispetto al tempo di cura dedicato alla relazione medico-paziente.

E ora? La rete di Oncologia pediatrica dell’Aieop adotterà il passaporto nei suoi circa 50 centri diffusi in tutta Italia. L’Italia è il primo Paese a partire con questa modalità aperta a tutte le strutture oncologiche, a differenza di quanto avviene in Europa dove sono interessati solo singoli ospedali e non l’intera nazione.

Le prossime tappe? Confezionare a livello mondiale ulteriori raccomandazioni, oltre alle cinque già contenute nel passaporto. «Un gruppo di lavoro internazionale, l’“Internation guidelines armonization Group, riunisce esperti di tutto il mondo - afferma Haupt. Fino a oggi le linee guida riguardano cardiomiopatia, secondo tumore al seno, insufficienza ovarica nelle donne e testicolare nei maschi e secondo tumore tiroide. Stiamo lavorando su insufficienza tiroidea, insufficienza ipofisaria, secondi tumori cerebrali, problemi di salute dello scheletro». Un progetto a lungo termine, su cui il gruppo italiano è profondamente impegnato. Secondo traguardo è inserire nel passaporto una scheda di follow-up: chi ha fatto che cosa e quali risultati sono stati ottenuti. Un elemento fondamentale in più per tutelare i pazienti.


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