Medicina e ricerca

Radiomica e radiogenomica, la frontiera della diagnostica per immagini

di Andrea Laghi (professore ordinario di Radiologia La Sapienza Università di Roma, nuovo Direttore Uoc Radiologia, Aou Sant'Andrea di Roma)

“Radiomica” e “radiogenomica” sono due termini che ricorrono sempre più nel linguaggio degli addetti ai lavori nel campo della diagnostica per immagini: radiologi, medici nucleari e fisici medici. In particolare, vengono messi in relazione con la diagnostica in campo oncologico, e spesso, purtroppo, sono anche usati in modo non appropriato.

Cosa s’intende per radiomica?
Per comprendere il significato del termine radiomica, bisogna partire da una premessa fondamentale, anche se non cosi ovvia: le immagini radiologiche sono molto più che delle semplici figure anatomiche. Le nuove tecnologie di diagnostica, infatti, producono oltre alle classiche immagini, ormai familiari anche a molti ‘non addetti' ai lavori, un enorme patrimonio di dati numerici che la semplice osservazione visiva, la cosiddetta analisi qualitativa, non riesce a elaborare. In pratica, delle informazioni contenute in una immagine medica digitale, l'analisi visiva riesce a estrarne solo circa il 10%. Se, invece, queste immagini sono analizzate in dettaglio da potenti computer attraverso complessi algoritmi matematici, è possibile ottenere dati quantitativi oggettivi, in grado di fornire informazioni sui sottostanti fenomeni pato-fisiologici, inaccessibili alla semplice analisi visiva.

A che serve la radiomica?
In campo oncologico, con un esame di Tomografia Computerizzata (TAC) siamo in grado, ormai da molti anni, di rilevare la presenza di un tumore, di definirne, qualitativamente, cioè mediante la semplice analisi visiva, le caratteristiche morfologiche, i margini, la precisa localizzazione anatomica, l'estensione in strutture circostanti. Ma non possiamo prevedere in alcun modo se, ad esempio, quel tumore risponderà alla terapia oncologica. La radiomica, cioè l'analisi quantitativa, attraverso dei software di analisi della tessitura dell'immagine, è in grado con buona accuratezza, per ora solo in alcuni casi specifici, di differenziare a priori i pazienti che risponderanno alla terapia rispetto a quelli nei quali la malattia andrà in progressione. Come si può intuire, ciò significa inviare subito i Pazienti che non risponderebbero alla terapia a un trattamento diverso da quello pianificato, senza aspettare di osservare in vivo la mancata risposta, risparmiando ai Pazienti stessi una terapia tossica e al sistema sanitario una spesa inutile.

Frontiera radiogenomica
La radiogenomica è il passo successivo alla radiomica. La radiogenomica mette in relazione i dati quantitativi ottenuti con la radiomica con i dati genomici del tumore. Per fare un esempio, è noto a molti come alcuni tumori abbiano delle specifiche mutazioni geniche. Per sapere se la mutazione sia presente o meno, è indispensabile prelevare una piccola quota di tessuto tumorale attraverso una procedura invasiva (biopsia) e analizzare il prelievo in laboratorio. Nel prossimo futuro, una semplice analisi radiomica non invasiva potrà essere in grado di informarci se un tumore abbia una certa mutazione. Questa informazione ha, in molti casi, un notevole impatto sulla terapia cui sottoporre il tumore, in particolare oggi dove le terapie oncologiche sono sempre più personalizzate.

Il nostro gruppo di lavoro è attivo in questo ambito della ricerca. Abbiamo già pubblicato dei dati relativi alla possibilità di predire la risposta alla terapia nel carcinoma del retto, grazie a un bando dell'Associazione per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e una prima esperienza nella radiogenomica dell'adenocarcinoma del polmone. Attualmente, stiamo terminando un'altra esperienza di radiogenomica, ove l'espressione dei microRNA nel tumore del rene a cellule chiare è correlata con i dati quantitativi ottenuti con la TAC. Infine, siamo in corsa per un bando europeo, insieme con l'Institute of Cancer Research d Londra e con l'Università La Fé di Valencia, con un progetto denominato Violin, volto a esplorare le potenzialità della radiogenomica nei tumori del colon-retto, della mammella e della prostata.


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