Medicina e ricerca

Settimana mondiale della tiroide/ «Vi racconto la mia esperienza: da paziente a volontaria...»

di Chiara Barbieri *

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24 Esclusivo per Sanità24

La settimana mondiale della tiroide, ogni anno, viene celebrata nel mese di maggio… Lo sappiamo, no? Non ne ero a conoscenza io, però, quando il 6 maggio di quattro anni fa mi accingevo ad entrare in una sala operatoria consapevole che ne sarai uscita diversa… E ancora non sapevo quanto. Carcinoma papillare, variante follicolare. Ma «stai tranquilla, questi sono tumori con un altissimo tasso di sopravvivenza - dicevano i medici - una volta tolta la ghiandola, fai la terapia radiometabolica - proseguivano - e poi ti dovrai sottoporre ai controlli annuali per confermare che non ci siano recidive-terminavano».

«Sopravvivenza»?? Parlate di me? Io veramente vorrei vivere... non pensare alla percentuale di possibilità che ho di sopravvivere. E poi, cos’è quella terapia radioattiva che mi volete somministrare? O no! Ma perché mi è successo questo? Morirò? Se sopravvivrò, come sarà la mia vita? Ansia totale.
Ricordo bene quei giorni, quei mesi tra diagnosi, intervento e terapia. Trascorrevo le giornate in rete, cercando esperienze di altri. Per capire, per sapere che ce l’avrei fatta. Sembrava giusto cercare in Internet risposte alla moltitudine di domande che affollavano la mia mente. Tante persone trovavo nelle chat, nei gruppi Facebook, dietro quei monitor. Quando ricevevo un commento favorevole alla buona prognosi ero felicissima, quando leggevo lamentele, problematiche, “difficoltà estreme”, cadevo in profonda angoscia. il tutto ovviamente nel giro di pochi minuti. Eh già, perché in Internet trovavo tutto ed il contrario di tutto, ovviamente ingigantito e condito da opinioni di chiunque… Con un semplice click.
Momenti bui.
In realtà, anche se non avrei mai pensato allora, mi sono poi spesso trovata in questi anni a ringraziare la malattia. Intendiamoci, non voglio certo far credere che sceglierei di avere un problema di salute, se potessi! Nemmeno per sbaglio! Dico che, visto che mi è toccata, ho deciso di cercare dentro a quella situazione qualcosa di buono. Lentamente. Concedendomi del tempo per metabolizzare. E ripartire… Ho quindi iniziato a cambiare un po’ la mia vita, soprattutto dedicando molto più tempo alle cose che mi facevano sentire bene. Questo chiaramente ha comportato anche dei sacrifici: ho ridotto il mio orario di lavoro e, di conseguenza, lo stipendio. Credetemi: il tempo ora ha un valore davvero maggiore per me.
Ed è stato proprio nel momento in cui ho ritrovato la mia serenità che ho sentito forte l’esigenza di fare, nel mio piccolo, qualcosa per qualcun altro.
Sì, non vi ho ancora raccontato la parte migliore.
L’esperienza diretta della malattia mi ha permesso di conoscere una realtà che ignoravo e che, ho scoperto, può davvero sostenere la persona che versa in questa condizione di sofferenza emotiva oltre che fisica: le associazioni di pazienti.

Infatti, anche se tardivamente (erano già passati due anni dalla diagnosi), ho avuto la grande fortuna di entrare in contatto con Aibat (associazione italiana basedowiani e tiroidei), per la quale oggi ho però come volontaria. Ovviamente l’associazione non si sostituisce all’équipe di professionisti che seguono il paziente, ma affianca queste figure dando disponibilità di tempo e di ascolto. Con Aibat per esempio organizziamo un incontro al mese (nel reparto di endocrinologia dell’Arcispedale di S. Maria Nuova di Reggio Emilia diretto da Andrea Frasoldati) e accogliamo chiunque voglia venire a confrontarsi con “chi ci è già passato” e,
Proprio perché il web è una vera e propria jungla di informazioni anche potenzialmente molto dannose, ci impegnamo tramite la nostra pagina Facebook ed incoraggiando gli utenti alla interazione, a raggiungere le persone ovunque esse si trovino, in modo che, anche chi è lontano geograficamente, abbia la possibilità di “partecipare” virtualmente a questi incontri durante i quali facciamo anche dirette online. È importante sottolineare che durante questi incontri sono presenti almeno un medico ed un paio di infermiere che sono disponibili a chiarire tutti i punti che riguardano il loro compito e la loro figura professionale.

La forte motivazione per cui personalmente mi dedico a questa attività in maniera volontaria è che non voglio che altre persone “ammalate” si trovino ad affrontare le paure che ho affrontato io. Il mio obiettivo , ed in questo mi confortano tanti esperti professionisti nazionali sottolineando la sempre più viva esigenza di trovare un punto di unione e supporto tra medici e pazienti, è mettere a disposizione del “popolo del web” informazioni utili e corrette, anche e soprattutto in formato video, in modo tale che siano “erogate” da professionisti riconosciuti, autorevoli, e che siano il più possibile esaustive e rassicuranti.
Proprio in questi giorni sto stendendo un progetto che per ora è un grande sogno è che richiederà un grande impiego di energie e molta collaborazione da parte di tutti ma, se riuscirò a realizzarlo, potrà cambiare davvero l’approccio all’informazione su web in ambito medico.

*Volontaria Aibat.

L’ Associazione pazienti Aibat è una realtà fondata 22 anni fa da Emma Bernini. Aibat è associata al C.A.P.E., ente a carattere nazionale fondato nel 2011 e costituito, ad oggi, da 14 associazioni di pazienti dislocate sull’intero territorio italiano, tutte senza scopo di lucro e costituite da pazienti volontari


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