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Pediatria: la scelta del vaccino agli under 12 previene aggravamento, rischio-stress ed effetti del long-Covid

di Alessandra Ferretti

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Il vaccino anti-Covid nei bambini nella fascia 5-11 anni li protegge da malattia grave e dagli effetti del long Covid e negli adolescenti preserva conseguenze di tipo psichiatrico causate dallo stress da pandemia. Ne è sicura Susanna Esposito, pediatra e infettivologa, professore ordinario di Pediatria all’Università di Parma e Direttore della Clinica Pediatrica all’Ospedale Pietro Barilla dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Parma.
Secondo i report degli ospedali sentinella della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), nella settimana dal 21 al 28 dicembre i pazienti Covid sotto i 18 anni sono aumentati del 46% nei quattro ospedali pediatrici (da 45 a 66 unità di cui 3 in terapia intensiva), con un'età media ponderata di 4,3 anni (rilevazione 4-11 gennaio). Nessuno dei minori sopra i 5 anni aveva ricevuto ciclo vaccinale completo.

“La nuova variante Omicron – spiega Esposito - ha determinato una forte crescita dei casi. Il numero dei piccoli pazienti ospedalizzati è ancora contenuto, ma per contro abbiamo molti bambini positivi a domicilio, con un conseguente aumento della complessità nella gestione familiare. Vale a dire, il bambino piccolo non sta in casa o in camera da solo, né mangia da solo, quindi il problema del contagio in ambito familiare è particolarmente rilevante. E le infezioni asintomatiche acquisite in famiglia vengono poi inconsapevolmente diffuse nella comunità”.

E lo dimostrano i dati di due studi pubblicati su JAMA Network Open. Nel primo, di J. Zachary et al., Household Transmission of SARS-CoV-2 (14 dicembre 2020), è stato stimato come la trasmissione da individui asintomatici rappresenti più della metà di tutte le trasmissioni. Nel secondo, di Michael A. Johansson et al., SARS-CoV-2 Transmission From People Without COVID-19 Symptoms (7 gennaio 2021), è emerso come, poiché gli individui con infezioni sospette o confermate vengono isolati a casa, le famiglie continuino ad essere un luogo significativo per la trasmissione del SARS-CoV-2.

Sebbene i sintomi di questa variante nei vaccinati sembrino meno rilevanti, tuttavia va considerato che in Italia il 25% dei bambini presenta una patologia cronica. “Ma tra i cronici e soprattutto tra quelli gravi che rappresentano il 10% di questi malati – prosegue Esposito -, non tutti hanno ancora recepito che la vaccinazione contro il Covid va a maggior ragione fatta. Sarebbe necessaria una comunicazione personalizzata nei confronti dei soggetti più fragili, che solo con il vaccino possono essere protetti, magari favorendo l’accesso alla vaccinazione nei Centri di riferimento ospedalieri nel caso i genitori continuassero a nutrire dei dubbi. Per quanto riguarda i sanitari che seguono questi pazienti, invece, deve essere chiaro il ruolo del medico nella comunicazione sulle vaccinazioni, anche considerando la firma di un eventuale dissenso informato laddove i genitori del paziente minore non fossero d’accordo, in previsione di un possibile contagio da Covid che poi potrebbe presentare complicanze se la vaccinazione non fosse stata eseguita. Ma non è una campagna facile e sui più piccoli bisogna ancora lavorare parecchio”.

Il long Covid pediatrico
“Gli studi di long Covid mostrano una prevalenza in età pediatrica molto ampia, che varia dal 3% al 70%. Ciò significa che servono ulteriori ricerche sull’argomento perché attualmente vi è una sottostima in alcuni studi e una sovrastima in altri”, precisa Esposito. “Ciò che sappiamo con certezza è che sono state identificate due complicanze importanti del Covid-19 pediatrico: la sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C) in fase acuta e il long Covid a distanza. Quest’ultimo comprende tutte le manifestazioni cliniche persistenti o nuove evidenziate in soggetti precedentemente infettati da SARS-CoV-2 oltre il periodo dell'infezione acuta e che non possono essere spiegate da una diagnosi alternativa”.Per la Società Italiana di Pediatria, la professoressa Esposito ha appena coordinato un documento di Consenso in corso di pubblicazione del Tavolo Tecnico Malattie Infettive e Vaccinazioni, che ha coinvolto la Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI), la Società Italiana di Malattie Infettive Pediatriche (SITIP), la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP), la Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) e la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS). Sono stati analizzati tutti gli articoli pubblicati sul database PubMed fino al 15 novembre 2021 relativi al long Covid nei bambini e negli adolescenti e ne è emerso un quadro piuttosto chiaro. Come spiega l’esperta, “il long Covid nei bambini e negli adolescenti deve essere sospettato in presenza di cefalea e affaticamento persistenti, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, dolore addominale, mialgia o artralgia. Ancora, dolore toracico persistente, mal di stomaco, diarrea, palpitazioni cardiache e lesioni cutanee dovrebbero essere considerati come possibili sintomi”.

La raccomandazione che ne esce è che il pediatra visiti “tutti i soggetti con una diagnosi sospetta o provata di infezione da SARS-CoV-2 dopo 4 settimane per verificare la presenza di sintomi di una malattia precedentemente sconosciuta. In ogni caso, a 3 mesi dalla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, dovrebbe essere programmato un ulteriore controllo da parte del pediatra di base per confermare la normalità o per affrontare problemi emergenti. I soggetti che presentino sintomi di qualsiasi problematica organica devono sottoporsi ad un’approfondita valutazione della stessa, con eventuale richiesta di approfondimenti clinici, di laboratorio e/o radiologici in caso di necessità. I bambini e gli adolescenti con evidenti sintomi di stress mentale dovranno essere seguiti dai servizi locali esistenti per problemi di questo tipo”.

Lo stress da pandemia su bambini e adolescenti
Il Covid-19 sui bambini può avere anche un forte impatto su patologie psichiatriche preesistenti o nuove che dall’inizio della pandemia si stanno manifestando con ideazioni suicidarie, autolesioni, anoressie e bullismo/baby gang in adolescenti dai 14 ai 17 anni. “Se emerge questo disagio sociale – commenta la professoressa - significa che manca un tessuto in cui la scuola e la comunità si interfacciano per garantire una presa in carico della popolazione giovanile e un’identificazione del disagio prima che si estrinsechi in maniera così marcata. E con la DAD il disagio peggiora per l’isolamento dei ragazzi, senza che vi siano adulti diversi dai genitori che possano riscontrare segni precoci di malessere. Ecco perché la vaccinazione riveste un ruolo fondamentale nel prevenire i casi gravi, il long covid e i disturbi mentali, favorendo la frequenza scolastica e le attività extrascolastiche, entrambe importantissime per la crescita della persona. Anche in questo caso serve una modalità di comunicazione personalizzata che integri e crei delle squadre multidisciplinari con team che lavorino insieme”.

Sull’aumento delle autolesioni hanno scritto A. Cousien et al., Temporal Trends in Suicide Attempts Among Children in the Decade Before and During the COVID-19 Pandemic in Paris, France, in JAMA Netw Open 1 ottobre 2021, e H. Agostino et al., in JAMA Netw Open. 2021 1 dicembre 2021, Trends in the Incidence of New-Onset Anorexia Nervosa and Atypical Anorexia Nervosa Among Youth During the COVID-19 Pandemic in Canada. “Si riportano casi e contesti a Parigi e in Canada, che sono i medesimi che vediamo qui in Italia”, conclude Esposito, che a sua volta ha pubblicato, come primo autore e insieme ad altri esperti, COVID-19 Management in the Pediatric Age: Consensus Document of the COVID-19 Working Group in Paediatrics of the Emilia-Romagna Region (RE-CO-Ped), Italy, in Int J Environ Res Public Health, 8 aprile 2021, e Development of Psychological Problems Among Adolescents During School Closures Because of the COVID-19 Lockdown Phase in Italy: A Cross-Sectional Survey, in Front Pediatr. 22 gennaio 2021.

La vaccinazione anti-Covid nelle donne in gravidanza
L'infezione da sindrome respiratoria acuta grave da SARS-CoV-2 in gravidanza è associata a un rischio più elevato di morbilità e mortalità gravi rispetto all'infezione nelle donne non gravide in età fertile. E un numero crescente di paesi, Italia inclusa, raccomanda l'immunizzazione contro SARS-CoV-2 nelle donne in gravidanza.

Esposito è ultimo autore dell’ampio articolo uscito da poco Global Perspectives on Immunization Against SARS-CoV-2 During Pregnancy and Priorities for Future Research: An International Consensus Paper From the World Association of Infectious Diseases and Immunological Disorders, Front. Immunol., 23 dicembre 2021. In riferimento ad esso spiega: “Studi recenti forniscono prove preliminari e di supporto sulla sicurezza, sull'immunogenicità e sull'efficacia dei vaccini contro la malattia del Covid-19 nelle donne in gravidanza. Sebbene permangano alcune lacune conoscitive che giustificano ulteriori studi, la ricerca, fornendo una revisione della letteratura attuale sui vaccini anti-Covid-19 nelle donne in gravidanza, delinea le priorità per ottimizzare la protezione contro Sars-CoV-2 nelle donne in gravidanza e nei loro figli”.


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