Medicina e Ricerca

Percorso nascita, attese lunghe per un esame quanto una gravidanza

Attese lunghe fino a 9 mesi per un'ecografia ostetrica. E quindi, ricorso massiccio all'intramoenia.

Il dato emerge dall'indagine «Percorso nascita, indagine civica sulle prestazioni sanitarie. Focus sugli screening neonatali», presentata oggi a Roma dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, e condotta in 51 strutture italiane differenti per numero di parti annui, da quelle con meno di 500 all'anno a quelle con più di 2.500.

Nell'indagine sono state considerate alcune visite specialistiche ed esami diagnostici che il Ssn eroga gratuitamente per la tutela della salute della donna nel periodo della maternità: prima visita ginecologica, visite di controllo, ecografia ostetrica entro la tredicesima settimana, ecografia morfologica entro la diciannovesima e la ventesima settimana. Per quanto riguarda ad esempio l'ecografia ostetrica, vi sono centri che riescono a garantirla nel canale istituzionale in tempi congrui (10, 15 giorni, ecc.), altre strutture che raggiungono punte massime di attesa di 90 e addirittura 265 giorni.

In intramoenia invece le strutture riescono ad erogarla in una arco di tempo che va da 1 o 2 giorni a 10, 15 giorni.

Per l'ecografia morfologica, (esame da effettuarsi tra la 19esima e la 23esima settimana) nel pubblico il tempo minimo può variare da 8 a 30 giorni (come previsto dai piani nazionali di contenimento delle liste d'attesa), fino a un massimo di 78, 90 con punte di 104 giorni (nelle strutture più grandi). L'indagine ha preso in esame anche alcune prestazioni in ambito pediatrico:
- ecografia per displasia delle anche, ecografia cerebrale pediatrica,
- ecografia testicolare, visita cardiologia pediatrica.

«In questa area - spiega il Tdm - emerge una maggiore difficoltà di accesso, e si fa notare che nessuna delle prestazioni afferenti all'ambito pediatrico è stata mai inserita tra quelle per le quali è necessario rispettare i tempi massimi (generalmente 30 e 60 giorni) all'interno piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa. Ciò evidenzia quanta poca tutela ci sia nei confronti del diritto di accesso per i minori».

In generale dall'infagine emerge che le strutture in cui si effettuano più di 2.500 parti l'anno offrono maggiore attenzione e possibilità alle partorienti, in termini di servizi offerti. Un esempio viene dalla Carta dei servizi dedicata al percorso nascita. «Nonostante sia passato più di un anno e mezzo dall'accordo Stato-Regioni sul tema - spiega il Tdm - le strutture più grandi (più di 2500/anno e tra 800 e 999 parti/anno) in due casi su tre dichiarano di averne una, mentre fanalino di coda sono le strutture in cui si effettuano meno di 500 parti annui».

Dall'indagine emerge anche che la maggioranza dei reparti monitorati (84%) è ormai dotata di rooming-in. Solo il 12% non è organizzato allo stesso modo. Anche qui le strutture con più di 2500 parti annui, a cui si aggiungono quelle con parti annui compresi tra gli 800 e i 999, sono dotate di rooming-in (100%). Non superano la soglia dell'81% le altre classi.

Rispetto agli screening metabolici neonatali, i dati dell'indagine rilevano che il 96% delle strutture monitorate effettua gli screening obbligatori per legge (fenilchetonuria, fibrosi cistica, ipotiroidismo congenito), il 4% non risponde alla domanda. Per lo screening metabolico allargato, invece, non essendoci una legge nazionale che orienti in merito, sono le Regioni a decidere di garantire, attraverso propri atti normativi, programmi di screening alla popolazione.

Tra le Regioni, Toscana, Liguria, Umbria, Sardegna e Trento hanno programmi di screening regionali. Il Lazio, pur avendo un programma di screening regionale, non ha una totale copertura. Tra le strutture monitorate, in Lombardia e in Sicilia si esegue lo screening allargato in alcuni centri di Milano, di Pavia e di Catania e Palermo; nelle altre strutture monitorate in Abruzzo, Campania, Calabria, Campania e Puglia non risulta invece l'erogazione dello screening metabolico allargato.

Rispetto al totale delle strutture esaminate , lo screening neonatale metabolico allargato viene eseguito dal 44% di questi centri. Il 48% non effettua screening, l'8% non risponde. In particolare lo screening allargato, sempre nelle strutture oggetto di indagine, si effettua nel 33% dei centri con numero di parti annui superiore a 2500; nel 42% dei centri con parti annui tra 1000 e 2499; nel 50% dei centri con parti annui tra 800 e 999, e nel 60% in quelli con parti annui tra 500 e 799. I centri più piccoli, invece, eseguono lo screening nel 40% dei casi ma si segnala un alto numero di non risposte pari al 20%.

«E' necessario - sottolinea Giuseppe Scaramuzza, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva - un ulteriore sforzo per garantire un servizio qualitativamente migliore che offra più attenzione alla persona, specie in quei punti nascita che effettuano tra i 1000 ed i 2500 parti l'anno. Maggiore impegno si richiede infatti per queste strutture che dovranno accogliere un bacino di utenza sempre più ampio nel tempo quando, gradualmente, verranno chiusi e riconvertiti i punti nascita con numero di parti all'anno inferiori ai 1000, come contempla il piano diriordino sui punti nascita. Il rooming-in e l'allattamento al seno - aggiunge - dovrebbero ormai essere garantiti da tutte le strutture, poiché è passato molto più di un decennio dal varo delle linee guida dell'Unicef».