Medicina e Ricerca

Staminali: levata di scudi del mondo scientifico contro il via libera alle cure per la piccola Sofia. «Nessuna prova di efficacia, violata ogni regola»

«Come medici e ricercatori, abbiamo seguito con grande sconcerto la notizia e le prese di posizione relative alla possibilità di trattare pazienti affetti da gravi malattie del sistema nervoso con cellule staminali, al di fuori di ogni evidenza scientifica e con una prassi al di fuori delle regole nazionali e internazionali». Nove scienziati, a nome di sei società scientifiche e gruppi di lavoro, levano gli scudi contro il "sì" accordato dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, alla ripresa delle cure con il metodo Stamina per la piccola Sofia, la bimba fiorentina di tre anni e mezzo malata di leucodistrofia metacromatica cui un giudice aveva negato di poter continuare il trattamento e i cui genitori si erano rivolti alle Iene per lanciare un appello al ministro.

La lettera aperta al ministro della Salute, Renato Balduzzi, firmata da nove scienziati a nome di sei società scientifiche e gruppi di lavoro, arriva a un giorno di distanza da un'altra lettera sottoscritta da 13 super esperti (tra cui Elena Cattaneo, Paolo Bianco, Giulio Cossu, Silvio Garattini e Giuseppe Remuzzi) in cui si legge: «La libertà di ogni cittadino di curarsi o non curarsi come vuole non implica l'obbligo del Governo di autorizzare come appropriate sul piano medico le proposte di terapie presunte da parte di chiunque».

Identico il tenore delle missive e anche la premessa: autorizzando la ripresa delle terapie agli Spedali Civili di Brescia con il metodo messo a punto dalla Stamina Foundation di Davide Vannoni non si è tutelato in realtà l'interesse dei pazienti e si sono violate tutte le regole.

La posizione degli scienziati. La lettera di oggi ricorda sei punti: la premessa (punto 1) è che «le terapie cellulari, incluse quelle con cellule staminali, costituiscono una frontiera per la ricerca medica in tutto il mondo e una speranza per i pazienti», e che «in questo settore sono stati fatti grandi progressi» anche «con contributi importanti del nostro Paese». Tuttavia (punto 2), «a salvaguardia dei pazienti le terapie cellulari richiedono la preparazione delle cellule in strutture (cell factory) altamente qualificate e certificate». Sempre a salvaguardia dei pazienti (punto 3), «le terapie innovative devono essere condotte su una solida base scientifica, secondo i parametri della ricerca medica internazionale, e attentamente valutate, ancora secondo i parametri della ricerca medica internazionale».
I rappresentanti delle sei società scientifiche evidenziano inoltre (punto 4) che «una alta qualificazione medica e scientifica specifica delle persone che si dedicano a questo tema costituisce la prima salvaguardia dei pazienti e della affidabilità delle preparazioni cellulari e delle sperimentazioni cliniche». Ma la questione è che (punto 5) «il rispetto delle regole costituisce un elemento di salvaguardia e di rispetto dei pazienti», quindi «non si vede come si possano adottare standard di qualità (certificazione delle strutture, qualificazione del personale, basi mediche e scientifiche) diversi. L'uso di "due pesi e due misure" non trova
giustificazione, primariamente soprattutto nell'ottica della protezione dei pazienti». La conclusione (punto 6) è che, «in un tempo in cui sempre meno risorse sono disponibili per terapie efficaci, è motivo di grave preoccupazione il loro uso al di fuori dei criteri di cui sopra». A firmare la lettera nove ricercatori capitanati da Alberto Mantovani a nome del Gruppo 2003 che si batte per il rilancio della ricerca in Italia. Siglano inoltre la Società italiana di immunologia e immunologia clinica e allergologia, l'Associazione italiana ematologia e oncologia pediatrica, il Gruppo italiano trapianto midollo osseo, la Società europea di terapia genica e cellulare e la Società italiana di ematologia.

L'esperienza negativa del Burlo Garofolo. L'Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uidm) ha ricordato la Lettera all'editore pubblicata lo scorso novembre dalla rivista scientifica Neuromuscular Disorders: l'articolo raccontava la storia della sperimentazione del metodo Stamina all'Irccs Burlo Garofolo di Trieste dove «a causa di un'assenza di efficacia, d'accordo con il Comitato etico, nel dicembre 2011 le terapie furono interrotte.
«Nella Lettera i ricercatori Marco Carrozzi, Alessandro Amaddeo, Andrea Biondi, Caterina Zanus, Fabrizio Monti e Alessandro Ventura hanno voluto portare all'attenzione della comunità scientifica internazionale la propria esperienza sull'uso delle cellule staminali mesenchimali intratecali sui bambini con Sma 1», sottolinea il presidente nazionale Uildm, Alberto Fontana. Il trattamento è stato iniziato su cinque bambini malati, con l'accordo che l'Ospedale avrebbe avuto diritto di interromperlo in presenza di effetti collaterali o qualora, dopo sei mesi, non avesse fatto
osservare effetti evidenti. Quali i risultati? Due bimbi sono morti a 18 mesi e a un anno prima di completare le cure per insufficienza respiratoria. Gli altri tre hanno visto comunque progressivamente declinare le funzioni motorie con nessuna evidenza clinica di miglioramento e nessun cambiamento nemmeno nella concentrazione di proteine nel liquido cerebro-spinale. A questo punto l'ospedale si è rivolto a un comitato scientifico esterno, che comprendeva anche esperti di cellule staminali e di Sma, per una revisione comune dei risultati. E a dicembre 2011 ha deciso di sospendere il reclutamento dei piccoli pazienti.

Gli Spedali Civili: «Noi abbiamo responsabilità morale». Mentre l'Associazione Luca Coscioni chiede un decreto del ministero che imponga a Stamina di fornire tutta la documentazione relativa al metodo («Sostenere la speranza di chi è malato è un dovere di tutti, ministro compreso, ma è un dovere di tutti anche evitare di alimentare le illusioni», dice la segretaria Filomena Gallo), gli Spedali Civili di Brescia confermano con una nota che l'«impegno dell'azienda è limitato al caso di Sofia ed esclusivamente alla seconda infusione, avendo l'autorità giudiziaria stabilito anche per Sofia di rivolgersi presso una cell factory». Una scelta che, precisano, «non potrà riguardare altri casi in mancanza di precise e formali decisioni delle Autorità sanitarie e/o giudiziarie, che autorizzino o impongano la somministrazione della terapia con cellule non prodotte presso le cell factories autorizzate».

Dopo la comunicazione del ministero, gli Spedali Civili si erano «immediatamente attivati presso la cell factory dell'Ospedale Maggiore di Milano e la Stamina Foundation, nella persona del prof. Vannoni, affinché le stesse provvedessero a collaborare, per quanto di competenza, con le modalità indicate nei "comunicati" del Ministro». «Non essendo risultati i tempi per così procedere utili a garantire la tempestività richiesta dalle condizioni di salute della paziente, come da necessità e urgenza segnalata del medico prescrittore - precisa ancora la nota - l'azienda ha ritenuto di doversi far carico prioritariamente della salute della paziente, assumendosi la responsabilità morale di procedere direttamente alla seconda infusione, fermo restando che la somministrazione avverrà sotto la responsabilità clinica del medico prescrittore e che ogni altra responsabilità, giuridica e amministrativa, è stata esplicitamente assunta da parte dei genitori di Sofia».

Biasimo dall'estero. «È inconcepibile che un tribunale debba ordinare ai medici di somministrare trattamenti sperimentali, soprattutto a una popolazione vulnerabile come quella dei bambini malati di atrofia muscolare spinale», scrive il neurologo Richard Finkel, dell'ospedale pediatrico Nemours di Orlando, sulla rivista Neuromuscular Disorders, la stessa che ha pubblicato i dati del Burlo Garofolo. Finkel si dice poi totalmente d'accordo con le affermazioni dei medici del Burlo Garofolo, circa la necessità di studi preclinici e di studi clinici di fase uno, volte a dare risposte sulla sicurezza, prima di imbarcarsi nella somministrazione delle cellule nei pazienti.

La vicenda desta «numerose preoccupazioni» anche per Ronald Cohn, dell'ospedale pediatrico di Toronto. Per Eugenio Mercuri, neurologo pediatra dell'Università Cattolica di Roma, è forte «la preoccupazione per come siamo percepiti all'estero: stiamo perdendo credibilità. A questo punto non è così scontato che entrino in Italia i prossimi studi internazionali per la sperimentazione di farmaci contro l'atrofia muscolare spinale». Sarebbe grave perdere queste opportunità, considerando che la necessità di seguire le regole della sperimentazione anche nel caso delle staminali mesenchimali «è condivisa - ha affermato - in modo trasversale
da genitori e medici».