Medicina e Ricerca

"Nature" contro Stamina: è un plagio ed è inefficace. Vannoni: «Rasenta il patetico». Ma la ministra Lorenzin lo incalza: «Consegni il protocollo senza fare trattative»

di Manuela Perrone

Ieri l'affondo di "Nature": il metodo Stamina utilizza immagini da studi precedenti non citati né allegati. Un plagio, insomma, alla base di un trattamento «senza documentata evidenza di efficacia». Oggi la replica del presidente di Stamina Foundation, affidata a Facebook («Nature rasenta il patetico») e accompagnata dal nuovo diktat sulle condizioni alle quali far partire la sperimentazione. Ma la comunità scientifica ne approfitta per richiedere lo stop del test. E la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, incalza: «Vannoni consegni il protocollo senza fare trattative».

Il dato inconfutabile è che la sperimentazione arranca: secondo la legge Balduzzi avrebbe dovuto partire dal 1° luglio ma il tira e molla sui protocolli da presentare alla commissione di esperti che deve coordinare lo studio non accenna a fermarsi.

I dubbi di "Nature". L'articolo firmato da Alison Abbott dimostra come le immagini contenute nella richiesta di brevetto inviato all'ufficio Usa nel 2010 (e rifiutato per vaghezza, scarsa precisione e non innovatività) «sono duplicate da precedenti studi, non correlati». Quali? La figura 3 è identica alla figura 2b di uno studio pubblicato nel 2003 da un team russo e ucraino. Tra i firmatari c'è proprio quella Elena Schegelskaya che nel 2007, insieme a Vyacheslav Klymenko, iniziò a lavorare in Italia con Vannoni fondando la Re-Gene Srl, società di ricerca sulle biotecnologie. Sono loro gli «esperti russi» di cui «lo psicologo diventato impreditore medico» (la definizione è di Nature) parla frequentemente come gli ispiratori del suo progetto. E sono loro ad averlo abbandonato nel 2009, tornando in patria. Ma "Nature" sembra ignorare questa relazione pregressa, di cui Vannoni non ha mai fatto mistero, perché nell'articolo non ce n'è traccia.

Eppure Schegelskaya, biologa molecolatre alla Kharkov National Medical University, contattata da "Nature", ha confermato la "maternità" dell'immagine. La microfotografia scattata dal suo team raffigura cellule nervose che sembrano differenziate dalle cellule stromali del midollo osseo. Ma, mentre nella richiesta di brevetto di Vannoni si sostiene che la trasformazione si otteneva incubando per due ore in una soluzione a 18 micromolari di acido retinoico dissolto in etanolo la coltura di cellule di midollo osseo, lo studio di Schegelskaya impiegava soluzione di acido retinoico con appena un decimo di quella concentrazione e metteva in incubazione le cellule per diversi giorni. Quindi - si legge nell'articolo - «immagini identiche rappresentano due differenti condizioni sperimentali».

Non è tutto. Schegelskaya sottolinea anche che la figura 4, una micrografia in bianco e nero, è identica a un'immagine a colori da lei pubblicata nel 2006 sull'Ukrainian Neurosurgical Journal. Senza nulla aggiungere sulla sua collaborazione con Vannoni.

La replica di Stamina. Davide Vannoni ha affidato a uno status su Facebook la sua replica, puntando proprio sulla "antica" conoscenza con i ricercatori ucraini. L'articolo - dice - «si rifà alle solite domande di brevetto per dire che due foto su 5 sono state prese dagli articoli dei russi che hanno collaborato con noi e da cui nasce la radice della metodica Stamina». E ancora: «In 7 anni Stamina ha migliorato e reso più efficace ed efficiente la metodica originale che, si dimentica, la sig.ra Abbott, nell'articolo citato dei nostri biologi russi, viene descritta sia in relazione ad uno studio pre-clinico, sia ad applicazioni cliniche su alcune patologie neurodegenerative».

Vannoni respinge l'accusa di plagio, affermando che la giornalista di Nature non ha letto la bibliografia della domanda di brevetto in cui, a suo avviso, sarebbe citato «l'articolo della nostra collaboratrice russa Elena Shegelskaya da cui sono state tratte le due immagini». In realtà, come si può agevolmente verificare , lo studio e l'articolo da cui sono tratte le immagini non compaiono nella bibliografia.

Poi il presidente di Stamina Foundation parte con gli strali. Nature sta «scadendo e facendo solo politica di basso livello, cercando di dare manforte a due "grandi scienziati italiani" (Paolo Bianco ed Elena Cattaneo, intervistati nell'articolo da Alison Abbott, ndr) che non avendo nulla da sperimentare e, non avendo mai curato nessuno con le staminali, preferiscono che nessun altro lo faccia». Abbott «non ha neanche capito che differenza ci sia tra le concentrazioni della soluzione madre e quelle della soluzione di differenziazione, sbagliando i calcoli, ma questo basta per occupare pagine con falsi scoop da giornaletto parrocchiale». Gli ha scritto, è vero, per raccogliere anche la sua voce «ma sinceramente - scrive Vannoni - non ho avuto tempo di rispondere soprattutto a chi mi ha già fatto perdere ore per spiegare che cosa fosse successo a Brescia per poi non riportare nulla di quanto le avevo detto». Infine se la prende con il direttore generale di Aifa, Luca Pani, che aveva denunciato il «disordine» del laboratorio di Brescia.

Sperimentazione al palo. Il fatto è che il protocollo più volte sollecitato da Iss e Aifa, indispensabile per far partire la sperimentazione del metodo, ancora non si è visto. Oggi Vannoni ha ventilato l'ipotesi che possa essere consegnato a partire da lunedì prossimo, 8 luglio. Ma nello stesso post su Fb ha di nuovo dettato condizioni, chiedendo alla ministra Lorenzin «garanzie maggiori di obiettività» del test e altre cinque rassicurazioni: che la standardizzazione della metodica «non venga in alcun modo modificata»; che spetti a Stamina la scelta delle tre patologie su cui fare la sperimentazione (suggeriamo Sla, paresi cerebrale infantile e una malattia degenerativa non neurologica); che venga individuato un solo laboratorio per la produzione cellulare in cui i nostri biologi possano controllare la produzione; che vengano indivudati al massimo due centri per le applicazioni cliniche e che le valutazioni siano in prossimità del centro di produzione; che venga nominata una Cro (organismo di controllo internazionale super partes) che certifichi tutti i dati ottenuti e l'applicazione della buona pratica clinica.

Mentre i ricercatori - Bianco e Cattaneo, seguiti da Michele De Luca, Silvio Garattini, Umberto Galderisi e gli altri 200 ricercatori di Stem Cell Research Italy - sono tornati alla carica per chiedere di non avviare la sperimentazione, la ministra Lorenzin è stata chiara: «La denuncia di Nature è grave e desta grande preoccupazione, ma a questo punto Vannoni ha una strada che è quella tracciata dal Parlamento». Il percorso è quello di «consegnare il protocollo, senza fare trattative».
«Diktat arroganti e inaccettabili», secondo Vannoni: «A questo punto dica se vuole la sperimentazione o no». Ma la strategia del rinvio non fa che alimentare i sospetti sull'effettiva efficacia del metodo.