Medicina e Ricerca

Malattie rare: neuropatia tra le cattive cure

Mal diagnosticata, spesso confusa con la gravissima e incurabile Sla, troppo spesso trattata in modo inappropriato. È il profilo della Neuropatia motoria multifocale (Nmm), malattia rara che origina da una improvvisa disregolazione del sistema immunitario e interessa circa una persona ogni 100mila, per lo più uomini tra i 20 e i 50 anni, manifestandosi con una strana debolezza alle mani che progredisce rendendo difficili le azioni che richiedono precisione nelle dita: dall'allacciare i bottoni della camicia al girare le chiavi nella serratura o pettinarsi. Una volta approdati dal neurologo, la diagnosi corretta arriva spesso solo dopo 2 o 3 anni di trattamenti inappropriati o talvolta dannosi.

Il focus sulla malattia è stato tracciato venerdì scorso nel corso del convegno "Le malattie disimmuni del sistema nervoso", organizzato a Roma dall'Osservatorio nazionale delle malattie rare O.Ma.R, con il contributo educazionale di Baxter. Individuata per la prima volta intorno agli anni '80 la Nmm, a differenza della Sla, ha un andamento decisamente più benigno anche se può essere estremamente disabilitante: «La patologia, ha spiegato Eduardo Nobile-Orazio (Irccs Humanitas, Rozzano), non risponde alla terapia con steroidi o plasmaferesi ma unicamente alla somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa, terapia che agisce sugli anticorpi IgM anti Gm1 migliorando la vita dei pazienti, va ripetuta con una frequenza variabile (solitamente mensile) ed è efficace nell'80% dei casi».

Sebbene il farmaco per la terapia della Mmn sia disponibile da oltre un anno con indicazione specifica per questa rara malattia, dal dibattito è emerso che ancora troppi pazienti sono esclusi dal gold standard dei trattamenti.

«L'immunoglobulina specifica endovena, che va somministrata per lunghi periodi, è l'unico farmaco attualmente specifico per il trattamento di questa neuropatia - ha spiegato Gabriele Siciliano (Università di Pisa) -. Il trattamento ha un certo costo, ma le alternative economiche, rappresentate a esempio da antinfiammatori, per la Mmn non solo non funzionano, ma rischiano di peggiorare la situazione. Non è dunque il caso di risparmiare sulla terapia che può garantire ai pazienti l'autonomia. E le chiare indicazioni dell'ente regolatorio del farmaco dovrebbero eliminare ogni ulteriore perplessità».