Medicina e ricerca

Tumore al colon: qualità di vita buona nel 42% di pazienti ma fa acqua la riabilitazione. Ricerca Censis

In Italia vivono circa 297 mila persone con diagnosi di tumore al colon-retto. Sono per lo più uomini (56,4%), in prevalenza longevi (il 40% ha tra i 60 e i 69 anni, il 30% oltre 70), fuori dal mondo lavorativo (il 46% è pensionato) e con un livello d'istruzione medio basso (61%). La qualità di vita è buona per più del 42%, percentuale di diversi punti superiore a quella degli altri pazienti (37%) e delle donne con tumore alla mammella (38,6%). Il 45% la giudica sufficiente, l'11,4% insufficiente (contro il 13% circa degli altri pazienti).

Come rileva l'indagine Censis, contenuta nel VI Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici presentato oggi al Senato, il peso sanitario e umano della patologia sulla persona e i familiari viene moltiplicato dal costo economico. Il costo sociale complessivo annuo relativo ai malati di tumore al colon-retto e ai caregiver è pari a 5,7 miliardi di euro, mentre il costo medio procapite annuo in capo a paziente e caregiver è di 41,6 mila euro, di contro a 34,2 mila euro annui in media per i malati di patologie tumorali, con un alto rischio di burn out per chi più è esposto nella famiglia.

Le maggiori problematiche, emerse nella ricerca, sono relative alla dimensione psicologica, come evidenziato dal 34% dei malati di tumore al colon-retto intervistati. Il 27% richiama i problemi insorti con i propri familiari, il 16,5% i rapporti sociali con le altre persone. Ci sono poi difficoltà legate alla vita quotidiana: la ripresa delle attività quotidiane per un malato di tumore al colon-retto avviene in media in 7 mesi; oltre il 29% è costretto da disturbi sia fisici che psicologici ad interrompere di nuovo le attività ordinarie a causa di un peggioramento della malattia. Del 20% dei pazienti con tumore al colon che ha svolto la riabilitazione, il 9,2% è soddisfatto e dichiara di aver avuto un impatto positivo (dato di gran lunga inferiore a quello medio del campione generale, pari al 21,5%); mentre il 5,8% ha avuto un impatto negativo (rispetto al 4,2%) e il 5% dichiara di non aver avuto alcun impatto (rispetto a quasi il 7% degli altri pazienti).

Tra le persone con tumore al colon che invece non hanno svolto attività riabilitativa, il 17,5% dichiara che ne avrebbe avuto bisogno, quota più alta rispetto al resto del campione (13,9%). I pazienti con tumore del colon si affidano di più ai servizi sanitari del proprio territorio rifuggendo, più degli altri, dalle migrazioni in altre Regioni. Infatti solo il 7,6% si è rivolto ad un servizio sanitario di un'altra Regione, sottoponendosi ad un sovraccarico di stress legato ai trasferimenti (vs il 12% dei malati con altre forme di cancro). Il 41% si è rivolto a servizi nella propria provincia di residenza, più degli altri malati di tumore. Dai dati traspare una soggettività ferita, sofferente, che molto si affida ai familiari, in particolare madri, figlie e parenti donne; quasi il 92% dei malati ha un caregiver e nel 42% dei casi si tratta della moglie o della convivente. Sul piano sanitario, essenziale l'oncologo di fiducia, con l'82,6% di pazienti che dichiara di averlo ed il 62,5% che non lo ha mai cambiato. Reagire (32,2%) è la risposta prevalente alla diagnosi, seguono la reazione di paura (28%), l'incredulità (21,7%) la rabbia (20,3%).