Medicina e ricerca

Trapianti, ricette per crescere: ecco le strategie d'avanguardia del Centro nazionale

di Barbara Gobbi

La novità è che il trapianto resta la terapia d'elezione, ma non è più l'unica. E - dove e quando possibile - può essere utilmente rimpiazzato da alternative, frutto del restyling organizzativo e delle innovazioni tecnologiche, che stanno rivoluzionando il pianeta gestito dal Cnt.
«Tutto il mondo e con esso l'Italia sta cambiando - spiega infatti il direttore del Centro nazionale trapianti in un servizio pubblicato su Il Sole-24OreSanità n. 21/2014 - Alessandro Nanni Costa -: stiamo mettendo in campo le possibili soluzioni per aggirare il limite oggettivo del numero dei donatori cadavere e il risultato più visibile è il sostanziale equilibrio delle liste d'attesa. Che, se non calano, di certo non aumentano». Merito del lavoro svolto sulle gravi insufficienze d'organo, che scongiura quando possibile la soluzione trapianto; e merito anche, una volta che in lista il paziente sia entrato, del maggiore imput impresso, rispetto a pochi anni fa, a soluzioni come il trapianto da vivente, che pure va ancora sviluppato.
«A chi parla di un sistema in stand-by - tiene quindi a precisare Nanni Costa - rispondo che ad aprile registriamo un dato parziale di +6% di interventi rispetto all'anno prima e che in ogni caso non si può guardare ai meri numeri ma al dinamismo dell'organizzazione italiana. Che in questi ultimi 12 mesi è stato massimo».
Da una parte si è avuto l'insediamento presso l'Iss, il 1° novembre scorso, del Cnt operativo che ha preso in carico l'attività prima svolta dai centri interregionali. Dall'altro c'è l'innovazione, di cui diamo conto in queste pagine insieme con i report su progetti di formazione e di incentivazione all'espressione di esprimere la volontà di donare.

A guardare le novità, spicca per cuore e polmoni la tecnica di riperfusione, che consente di migliorare le condizioni dell'organo tra il prelievo e il trapianto. Grazie al "rescue" i trapianti di polmone aumentano del 50% in due anni: da 100 siamo arrivati a circa 150.
L'assistenza ventricolare meccanica (Vad), nata come tecnica-ponte, si sta profilando sempre più come possibile alternativa all'impianto di un cuore nuovo. «Se il Vad non è ancora diventato scelta d'elezione - spiega Nanni Costa - è perché non disponiamo dei risultati a 20 anni e perché questo dispositivo incontra il limite concreto di non disporre di una sorgente d'energia trasportabile. Nel frattempo però, da tecnica "bridge" la Vad è diventata un'alternativa al trapianto valida nel tempo e potrebbe rivelarsi una "destination therapy"».
Quanto al rene, il trattamento di desensibilizzazione dà ottimi risultati: in un anno - stando ai dati Cnt - siamo passati da 185 trapianti da vivente del 2012 a 228 nel 2013. «Il che si traduce - sottolinea Nanni Costa - in un +15% e in 4 trapianti di rene da vivente pmp. Un dato più vicino, rispetto a qualche anno fa quando eravamo fermi a 2 pmp, al traguardo minimo 6 pmp che ci siamo dati». Ma il Cnt pensa anche di utilizzare su scala nazionale (e di aprirsi allo scambio con altri Paesi) le tecniche a crossover già impiegate in Spagna e praticate abitualmente negli Usa, a partire dalle esperienze-pilota realizzate a Pisa e a Siena.
Il fegato, ancora: oggi grazie anche all'impiego delle tecniche di split in cui l'Italia è tra i leader mondiali, si riescono a coprire le urgenze nel 90% dei casi. Quattro pazienti su 5 escono dalla lista in seguito a trapianto, e la permanenza in attesa prima dell'intervento - grazie alle migliori cure prestate all'organo - arriva a due anni, mentre prima il paziente moriva a soli sei mesi dall'accesso.

Certo non mancano le criticità. Dopo l'esordio a Padova l'Italia è ancora indietro sul "cuore fermo" e solo ora si sta lavorando per costruire un programma policentrico. L'opzione trapianto da vivente non è ancora sfruttata adeguatamente, mentre il dato di avere i donatori più anziani d'Europa è un problema, rispetto al quale l'Italia deve continuamente misurarsi.