Medicina e ricerca

Ebola, allarme rosso dai Cdc di Atlanta: misure massicce o contagio a ritmi esponenziali

di Barbara Gobbi

Se non si interverrà mettendo immediatamente in atto il piano d'intervento varato nei giorni scorsi dall'Onu e se non si potenzierà in modo massiccio la dotazione di "Ebola units", così da poter ospitare e trattare adeguatamente almeno il 70% degli infetti, il contagio si estenderà in modo esponenziale fino a raggiungere entro il prossimo gennaio in Africa la cifra di 1,4 milioni di persone in Africa occidentale. A lanciare l'allarme, ben più drammatico rispetto alle previsioni fatte dall'Oms, sono i Centers for disease control and prevention (Cdc) di Atlanta. Che in uno studio pubblicato oggi a cura dei maggiori specialisti virologi del mondo, lanciano un forte appello a moltiplicare gli sforzi contro la malattia. La guerra, insomma, si può vincere ma a patto che ci si attrezzi adeguatamente. «Tra 550mila e 1,4 milioni di persone potrebbero essere contagiate in Africa occidentale entro il 20 gennaio 2015», si legge nel rapporto del Cdc. Al confronto, sono briciole i casi di contagio attualmente registrati dall'Oms (5.864) sono sottostimati.

Liberia e Sierra Leone - da cui oggi è arrivata la notizia di un altro volontario del Fatebenefratelli infettato dalla malattia - sono i Paesi più martoriati e quelli su cui si basano le proiezioni degli esperti. E sempre in Africa occidentale dovrebbero partire a novembre le prime sperimentazioni del prototipo per la cura della malattia, stando a quanto annunciato da Wellcome Trust, organizzazione umanitaria britannica di ricercatori biomedici, che sta finanziano il progetto con 5,2 milioni di dollari. L'organizzazione ha aggiunto che alcuni esperimenti sono stati già condotti, «ma nessuno è stato ancora testato per la sua efficacia e sicurezza negli umani ammalati di Ebola». Secondo David Heymann, professore di epidemiologia infettiva presso la London School of Hygiene & Tropical Medicine, il processo di plasmaferesi, che consente di estrarre dai sopravvissuti al virus i loro anticorpi per trasferirli nel sangue di altri pazienti, potrebbe rappresentare uno strumento utile nella battaglia per contenere l'epidemia, anche se «non è ancora stato testato dal punto di vista clinico, ma solo usato ad hoc molte volte».

Certo è che, in attesa di farmaci e di un vaccino efficaci, molto si può fare sul piano dell'assistenza e della possibilità per le persone potenzialmente o effettivamente colpite di accedere alle cure. Per questo Medici senza frontiere al compimento dei sei mesi dall'acutizzarsi del virus ha lanciato la campagna "Aiutaci a salvare vite umane" con una raccolta fondi straordinaria tramite il numero 45507 che si protrarrà fino al 4 ottobre per sostenere l'azione in Liberia e Sierra Leone. «A sei mesi dall'inizio della peggiore epidemia di Ebola della storia, la risposta internazionale è ancora inadeguata, stiamo perdendo troppe vite e le nostre equipe sono al limite delle loro capacità. Occorre agire ora per fermare l'epidemia», è l'appello lanciato dall'organizzazione medico umanitaria. «In Africa occidentale la situazione è drammatica, decine di persone si ammalano ogni giorno, bussano alle porte dei nostri centri ma siamo costretti a rimandarle a casa perché non abbiamo abbastanza letti per accoglierle» spiega il presidente Msf Loris De Filippi. «La diffusione dell'epidemia procede molto più rapidamente degli sforzi internazionali per contenerla. Intanto le nostre équipe, oltre 2.300 operatori tra cui molti italiani, lavorano giorno e notte per salvare più vite possibili. Le nostre forze sono al limite. Oggi chiediamo l'aiuto di tutti per sostenere la nostra azione: il tempo stringe, l'Ebola uccide, dobbiamo agire ora per fermare l'epidemia».