Medicina e ricerca

Alzheimer: create cellule malate in provetta. Efficacia superiore ai test su topi

La via per una terapia o un vaccino contro l'Alzheimer fino a questo momento è stata lastricata di fallimenti, ma l'esperimento descritto da Rudolph Tanzi su Nature potrebbe invertire questa tendenza. Il ricercatore del Massachussets General Hospital di Boston è riuscito infatti a riprodurre per la prima volta gli effetti della malattia sui neuroni in laboratorio, creando un modello umano che permetterà di testare i farmaci senza le limitazioni di quelli animali.

Stop ai test sugli animali.
I neuroni utilizzati da Tanzi sono stati ottenuti a partire da cellule staminali embrionali. Una volta ottenuti sono stati modificati per inserire un gene responsabile della metà dei casidi Alzheimer, e quindi sono stati fatti crescere in laboratorio in un gel. Dopo sei settimane il loro comportamento era quello tipico dei neuroni di un paziente, con le placche e gli ammassì di proteine tipici della malattia. L'esperimento, ha spiegato Tanzi al New York Times, proseguirà con test su oltre 1.200 farmaci già conosciuti e usati per altre malattie e su 5mila molecole sperimentali cercando di trovare quelle in grado di fermare la patologia. La speranza è di trovare qualche farmaco di cui sia già stata provata la non tossicità per l'uomo, in modo da accelerare la sperimentazione. «Questo non sarebbe possibile con i modelli animali usati ora - afferma Tanzi - anche solo per il fatto che ogni molecola richiederebbe un anno per essere testata».
Oltre ad allungare i tempi, infatti, il modello di topo usato finora ha delle gravi controindicazioni. «L'Alzheimer si manifesta secondo tre tratti biologici, la deposizione di proteine amiloidi, la neurodegenerazione associata alla proteina tau e poi i sintomi clinici che conosciamo - spiega Giovanni Frisoni, direttore del Centro Nazionale Alzheimer di Brescia e uno dei partecipanti italiani allo Human Brain Project europeo - i modelli di topo che abbiamo hanno solo la prima, o ne hanno due ma che si manifestano in modo diverso rispetto all'uomo. In particolare la neurodegenerazione, che è il fenomeno che ci interessa di più, non viene riprodotta nei topi. Questo è easattamente il modello necessario per testare i farmaci antiamiloide che speriamo rallentino la neurodegenerazione e ritardino o impediscano la comparsa dei sintomi».

Confermato il ruolo dell'accumulo di proteine amiloidi
Lo studio, sottolinea Antonella Prisco del Cnr di Napoli che sta lavorando a un vaccino contro la malattia, è importante anche per un altro motivo. «L'esperimento ha confermato il ruolo dell'accumulo di proteine amiloidi, che ancora è oggetto di studio, riuscendo a vedere il processo nelle cellule - spiega l'esperta -. Un modello come questo non riproduce la complessità di un organismo vivente, ma è importantissimo per accelerare sia la ricerca di base che i test sui farmaci».