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L'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) torna a sollevare alcune perplessità sui farmaci biosimilari, farmaci simili ma non uguali agli originali biotech. E lo fa illustrando i dati emersi da un sondaggio svolto fra 508 medici associati. Secondo la società scientifica, c'è ancora incertezza normativa e una consapevolezza insufficiente. Per questo l'Aiom darà il via ad aprile a un tour in 9 Regioni per sensibilizzare gli specialisti sull'uso di questi prodotti.

Dall'indagine emerge che il 92% degli oncologi italiani utilizza farmaci biotecnologici per i propri pazienti, ma solo il 24% dà una definizione corretta dei biosimilari. "L'arrivo nei prossimi anni dei biosimilari di anticorpi monoclonali (mAb) utilizzati in oncologia- si legge nella nota dell'Aiom - può porre interrogativi sulla loro efficacia e sicurezza per i pazienti". Per l'84% dei clinici la decisione sulla sostituibilità tra biologico e biosimilare deve essere di esclusiva competenza dell'oncologo. Sempre molto sentito il tema dei tagli alla spesa sanitaria, che per otto specialisti su 10 pesano sulla capacità di curare al meglio i pazienti. Il 52% degli oncologi ritiene che i biosimilari possano favorire il contenimento dei costi, anche se per il 39% è più utile cercare i margini di risparmio in altre voci di spesa.

"Abbiamo voluto verificare il livello di consapevolezza degli oncologi sui biosimilari - spiega Stefano Cascinu, presidente AIOM -. Promuovere informazione e cultura rappresenta l'azione più importante che una società scientifica come l'Aiom deve intraprendere su un tema così delicato, come sottolineato dall'81% degli intervistati. L'Aiom avvierà, dal prossimo 19 aprile, un vero e proprio tour di sensibilizzazione su questi temi, con nove seminari in altrettante regioni. Vogliamo fare informazione con l'obiettivo di fornire ai clinici gli strumenti adatti per aiutarli nella pratica quotidiana. Infatti i biosimilari di anticorpi monoclonali sono prodotti molto più complessi rispetto a quelli attualmente disponibili, come le eritropoietine e gli ormoni della crescita".

Anche l'attenzione al problema della sicurezza è molto alta, infatti il 65% ritiene che i biosimilari di anticorpi monoclonali siano più complessi di quelli attualmente disponibili, richiedano processi di vigilanza più accurati e appositi registri e studi clinici con endpoint validati. "Anche per questi prodotti – continua Cascinu - deve essere previsto un uso appropriato e attento dello strumento della notifica di eventuali reazioni avverse e gli oncologi sono pronti a fare la loro parte". Resta il problema, sottolinea la nota Aiom, della mancanza di una legge che regoli la materia.

Una frenata arriva anche dalla Favo, Federazione Italiana delle associazioni di volontariato in oncologia. "Le associazioni dei pazienti – afferma Francesco De Lorenzo, presidente Favo – hanno sondato i malati con questionari da cui è emerso che il loro livello di conoscenza sui biosimilari è ancora basso. L'informazione assume dunque un ruolo chiave. Favo è impegnata a rivendicare il diritto alla continuità del trattamento con il farmaco originario. La sostituibilità secondaria può essere accettata solo con il consenso informato del paziente e non per motivazioni di carattere economico. Il principio alla base di ogni scelta deve essere l'appropriatezza terapeutica. I malati pretendono norme chiare dalle Istituzioni e sorveglianza da parte dei clinici per avere sempre farmaci efficaci, sicuri e, se possibile, con un costo più contenuto".