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Carceri: a Cassino i detenuti mettono in scena il Caligola di Camus

Chi meglio di un detenuto può mettere in scena l'assurdità del potere, la follia della crudeltà? Domani alle 15 alla casa circondariale di Cassino va in scena il Caligola di Albert Camus: sul palco loro, i detenuti, a fare i conti con la solitudine dell'imperatore più violento ed eccessivo che il teatro ricordi.

La performance "Variazioni - Il potere di non potere" è il frutto di un laboratorio teatrale curato in carcere da Elisa Menon e Paola Iacobone grazie alla disponibilità della direzione, in particolare della direttrice Irma Civitareale, degli operatori dell'area educativa e del personale di polizia penitenziaria. Il laboratorio teatrale TeatraLab si inserisce all'interno delle attività dell'associazione culturale Muses, che lavora professionalmente nel campo dell'ambiente, della cultura e del sociale da dieci anni collaborando continuativamente con ArteStudio e diversi enti e amministrazioni tra cui la Provincia di Roma, il Comune e l'Università di Roma, la Regione Lazio, l'Unione europea, i ministeri della Cultura e della Giustizia.

Come è stato il lavoro con i detenuti? Da marzo a maggio di quest'anno, ogni settimana, sono stati coinvolti in giochi ed esercizi di gruppo e sono stati avvicinati sia a tecniche di rilassamento e di concentrazione, come lo yoga e il controllo della respirazione, sia a tecniche di recitazione classica, quali esercizi di improvvisazione ed esercizi fisici e vocali. I detenuti sono stati inoltre i principali ideatori di ogni fase del processo creativo della performance finale (drammatizzazione, regia e messa in scena).

«Il progetto TeatraLab ha voluto essere un'esperienza focalizzata sul processo e non sul prodotto, sulla pratica teatrale come momento laboratoriale di scoperta di sé e dell'altro in una forma e in un luogo diversi dalla realtà quotidiana, nel mondo altro del teatro», spiega Iacobone, laurea alla Sapienza di Roma, un master in applied theatre conseguito alla Central Schoolf of Speech and Drama di Londra. «Il laboratorio teatrale ha rappresentato uno spazio protetto, con regole nuove e in cui sperimentare e giocare con la propria identità scoprendo la possibilità di indossare maschere diverse, rispetto a quelle nelle quali normalmente ci identifichiamo e nelle quali gli altri ci riconoscono».

Un modo per smontare le gabbie dei pregiudizi e, metaforicamente, quelle della prigione, in Italia rese ancora più opprimenti dal sovraffollamento, dai tagli all'assistenza sanitaria, dall'abbandono, dalla negazione dei diritti. Tanto che la ministra della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha appena promesso che «le nostre carceri non saranno più motivo di vergogna per l'Italia».

«La scelta di utilizzare come contenitore per la nostra esercitazione scenica il Caligola (1937) di Albert Camus - continua Iacobone - è dipesa dalla volontà di indagare le molteplici tematiche dell'opera: l'assurdo, la solitudine e la follia sono diventati i temi centrali delle nostre sessioni. Inizialmente approcciati attraverso il proprio corpo, utilizzando esercizi teatrali come l'image theatre, in cui si ha la possibilità di vivere e sperimentare senza mediazioni intellettuali la verità e l'essenza di un oggetto vivo, quale il testo teatrale. Sono poi iniziate le improvvisazioni sui testi e a circa metà del nostro percorso abbiamo avuto un incontro in cui l'opera è stata letta e commentata, così come la figura complessa di Camus come autore e uomo di teatro».

Caligola è stato, in altre parole, il contenitore in cui le variazioni scaturite dal lavoro del laboratorio hanno trovato senso e forma. Il viaggio è soltanto all'inizio, assicurano Menon e Iacobone. È una traccia per i detenuti. Domani, finalmente, il palco sarà tutto per loro.

INFO: polda@autistiche.org associazionemuses@libero.it