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Lazio, il monito dell'Antitrust: rivedere il sistema di smaltimento rifiuti

Il sistema laziale di smaltimento dei rifiuti, di fatto, incentiva il conferimento in discarica invece di far privilegiare raccolta differenziata e inceneritori. Le regoli, poi, favoriscono «distorsioni concorrenziali». L'esortazione a cambiare rotta arriva dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha indirizzato una segnalazione alla Regione guidata da Nicola Zingaretti, al ministro dell'Ambiente, al Sindaco e al Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio di Roma e Provincia.

Secondo l'Antitrust l'attuale assetto regolatorio ha di fatto favorito lo smaltimento in discarica, che, anche dal punto di vista della concorrenza, rappresenta il modello di gestione di rifiuti meno auspicabile: non consente alcun tipo di valorizzazione economica del rifiuto e costituisce dunque un costo sociale sia sotto il profilo ambientale sia sotto quello economico. Al contrario la raccolta differenziata è in grado di attivare numerose filiere a valle, consentendo l'espansione di altrettanti mercati e l'ingresso di operatori che altrimenti rimarrebbero esclusi. Anche il recupero di energia, che attiva un'unica filiera, quella appunto della produzione di energia (e/o calore), può avere un effetto positivo su quel mercato.

L'attuale regolamentazione ha invece portato, nel Lazio, a un ricorso eccessivo allo smaltimento in discarica, destinazione finale del 71% dei rifiuti urbani (secondo dati Ispra). La raccolta differenziata non è stata adeguatamente promossa, ed è stato al contrario avallato un assetto impiantistico caratterizzato da una grande capacità di lavorazione di rifiuti indifferenziati (impianti di trattamento meccanico biologico). Al tempo stesso, il sistema di autorizzazioni dei termovalorizzatori, che non consente di bruciare direttamente i rifiuti indifferenziati, non ha permesso a tali impianti di svolgere nel Lazio il ruolo di vincolo concorrenziale all'attività di smaltimento in discarica , come è avvenuto in altre Regioni italiane. Non solo: sia gli impianti in grado di trasformare i rifiuti indifferenziati in combustibile da rifiuto sia gli stessi impianti di termovalorizzazione vengono utilizzati a tassi ridotti, favorendo ulteriormente lo smaltimento in discarica dei rifiuti indifferenziati.

Sotto accusa il sistema nel suo complesso: lo smaltimento in discarica dell'indifferenziato e l'invio dei rifiuti negli impianti di trattamento meccanico-biologico avviene dietro pagamento, da parte dei Comuni conferitori, di una tariffa definita dalla Regione, sulla base della dichiarazione dei costi (a preventivo e a consuntivo) presentata dalla società che gestisce l'impianto. Una regolamentazione che non convince. Ad esempio, denuncia l'Antitrust, non esistono determinazioni tariffarie regionali relative agli impianti di trattamento meccanico-biologico di proprietà di Ama, con possibili conseguenze negative, quantomeno in termini di carenza di controlli, sui costi di trattamento e successivo smaltimento, che Ama ribalta sui cittadini.

Insomma: il Lazio non ha costruito «un assetto integrato di gestione dei rifiuti urbani efficiente», ostacolando la possibile concorrenza tra le diverse modalità di gestione. Una delle conseguenze ricade sulle spalle dei cittadini di Roma: la tariffa a loro carico è tra le più alte di Italia e seconda, fra le grandi città, solo a quella di Napoli.