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Dolore cronico: colpisce 12 mln di italiani, ma c'è ancora molta disinformazione

In Italia le persone che soffrono di dolore cronico sono stimate in 12 milioni, circa il 20% della popolazione. «Una tragedia nascosta e troppo spesso trascurata», che causa la perdita di oltre un miliardo di ore lavorative e una spesa di circa 2 mld di euro per prestazioni e farmaci, eppure permane un deficit informativo, visto che «il 40% dei cittadini non sa a chi rivolgersi. Numeri e scenari evidenziati durante la presentazione della quarta giornata, promossa dalla fondazione Fisal, "Cento città contro il dolore", che si svolgerà il 27 settembre in 100 comuni di tutta Italia e in 12 Paesi di cinque continenti, dove medici e volontari spiegheranno come e dove è possibile curare il dolore cronico.

Trovare nuove soluzioni al dolore cronico. «Con questa campagna - ha affermato il presidente Fisal William Raffaeli - vogliamo rompere il muro dell'indifferenza e chiedere alle Istituzioni nazionali e internazionali di finanziare la ricerca scientifica per trovare una terapia anche a quei dolori difficilmente trattabili (dolore idiopatico, cioè senza causa apparente, il dolore oncologico grave, la fibromalgia, l'endometriosi e il dolore da lesione del sistema nervoso)». Ma il problema non è solo di risorse. Nonostante il dolore cronico sia molto diffuso, il 40% delle persone che ne soffre non sanno che ci sono centri specialistici. Solo il 32% è stato informato dal proprio medico, il 22% da amici e parenti e il 14% su internet. Inoltre, solo il 35% sa che in Italia c'è una legge sul tema (legge 38/2010).

Richiesta d'attenzione da parte di chi soffre. Secondo i risultati di un questionario della Fisal, il 44% degli intervistati ha dichiarato di essere affetto da dolore cronico da più di 3 anni, il 15% da più di un anno, il 14% da sei mesi a un anno. Chi ne soffre è però mediamente poco soddisfatto delle cure ricevute dai professionisti sanitari e vorrebbe avere terapie adeguate (35%) ma anche più attenzione e ascolto (24%). «C'è ancora troppa confusione sui percorsi di cura - sottolinea Raffaeli - in molti fanno dei veri e propri pellegrinaggi nella rete o tra gli amici prima di arrivare nello studio di un terapista del dolore».