Aziende e Regioni

Ospedale Santo Spirito di Roma, medici in allarme: «Pronto soccorso a rischio»

di Flavia Landolfi

Salvare il Pronto Soccorso dell'unico ospedale pubblico del centro di Roma, che assiste oltre i residenti, anche le migliaia di turisti che visitano la nostra città nonché l'emergenza dei numerosi eventi legati alla vicinanza alla basilica di San Pietro e al centro storico. E' questo l'appello lanciato dai medici del ponto soccorso dell'ospedale S. Spirito di Roma dopo che il 29 marzo scorso la direzione generale dell'Asl Roma E nella cui area agisce l'istituto ha dato mandato al direttore del Dea di rendere operativa, probabilmente dal 2 maggio, una riorganizzazione del Pronto Soccorso dell'ospedale che prevede la trasformazione da servizio attivo a consulenza di alcuni medici nel PS, quali il chirurgo e l'ortopedico, in modo che «possano occuparsi anche di altre linee di attività inerenti alla loro specialità». In altre parole, a riorganizzazione avviata, in Ps sarà presente attivamente solo la figura dell'internista mentre oggi vi lavorano almeno 1 internista, 1 chirurgo e 1 ortopedico in guardia attiva.

I medici del presidio romano sono in allarme e oggi hanno preso carta e penna per sollecitare l'intervento dell'Ordine dei medici di Roma. «Tutto ciò - scrivono - dovrebbe avvenire in violazione delle norme regionali sui requisiti minimi delle strutture sanitarie che per i Dea di I livello prevedono che l'equipe di pronto soccorso sia composta da un internista, un chirurgo e un ortopedico. Senza dimenticare che i medici in servizio presso il Dea sono internisti e non medici di medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza».

I numeri sono questi: gli specialisti coninvolti, nel ruolo di medici in guardia attiva al PS, hanno oggi un carico di lavoro di circa 16.000 pazienti l'anno, pari al 43% dei pazienti che annualmente afferiscono al S. Spirito. Con la organizzazione il PS ha garantito finora un livello di assistenza standard riconosciuto di buon livello, con tempi di attesa (codici gialli 16 minuti, verdi 37 minuti, bianchi 85 minuti) inferiori agli standard richiesti, con percentuale di ricovero inferiore al 16 %. Parallelamente la medicina d'urgenza ha assistito 1.659 pazienti nel 2012, di cui il 65% dimesso direttamente con degenza media di 3,1 giorni e un peso medio del Drg di 1.10 (tra ni più performanti della Regione).

Ma nel corso degli ultimi mesi la "crisi" e le esigenze di tirare la cinghia hanno copito anche il Ps del nosocomio romano. E così l'organico della Uoc PS-Breve Osservazione si è ridotto dalle 18 unità presenti nel giugno 2010 alle attuali 12; per mantenere i livelli assistenziali sono state abolite tutte le attività non essenziali (ecografia cardiovascolare, ambulatorio codici bianchi, ambulatorio dedicato alle dimissioni protette, attività di medicina respiratoria) che oltre ad accelerare i percorsi diagnostici interni e contribuire a ridurre la degenza media erano aperti anche al territorio, nell'intento di abbassare i tempi di attesa di alcune prestazioni ambulatoriali.

La riorganizzazione è contenuta in una determina del 29 marzo scorso della direzione generale della Asl Roma E in cui «anche in base a quanto richiesto dalla Regione» in materia di riorganizzazione dell'azienda «di procedere nel caso specifico alla trasformazione di alcuni medici di Ps quali il chirurgo, l'ortopedico in medici specialisti "a consulenza"». Secondo la direzione della Asl «tale nuova organizzazione se da una parte non riduce in termini di sicurezza il livello delle prestazioni assistenziali assocurate, dall'altra permette di realizzare una evidente razionalizzazione delle risorse specialistiche disponibili, che, pur continuando ad assicurare le prestazioni chiururgiche e/o ortopediche nelle stesse modalità con cui le assicuravano con "presenza fissa al PS", possono occuparsi "nei tempi di attesa" di altre linee di attività inerenti alla loro specialità e afferenti alla Uoc di appartenenza». Una analisi che non convince però i medici che lavorano nella struttura: la soluzione prospettata - dicono - aumenta il carico di lavoro degli internisti in guardia attiva in PS, chiamati a visitare tutti i pazienti che afferiscono al PS. «Appare quindi inevitabile - è la denuncia dei medici - un aumento considerevole, specialmente a carico dei codici meno gravi, dei tempi di attesa, con ovvie ripercussioni sull'utenza, nonché la rinuncia, così come invece sarebbe richiesto, di fornire all'utenza stessa il servizio qualitativamente migliore possibile».

E con l'allarme sono anche sottolineate alcune perplessità di natura medico legale e di copertura assicurativa sulle prestazioni che verranno in tale maniera fornite, ad esempio a pazienti traumatologici. «Si ritiene quindi opportuno - è la richiesta - soprassedere a modifiche gestionali che influenzerebbero negativamente la qualità del servizio fornito, in attesa che una riorganizzazione della rete assistenziale consenta di reperire le unità che possano garantire i requisiti minimi organizzativi».