Aziende e Regioni

Osservasalute 2012: italiani (ancora) in salute, ma stili di vita pessimi, divario Nord-Sud sempre maggiore e Ssn a rischio tenuta

Lo stato di salute è ancora buono. Ma peggiorano gli stili di vita, dal sovrappeso alla sedentarietà. E sprechi e cattiva gestione sono sempre lì, inossidabili, o quasi. Risultato: l'Italia delle cure è più che mai spaccata in due. E' il paradosso della sanità italiana ai tempi della grande crisi e di un federalismo zoppo e malsano. Al punto che in questi anni il gap Nord-Sud tra le Regioni "canaglia" e quelle "virtuose", si è addirittura pericolosamente accentuato: quasi quattro anni di aspettativa di vita separano le Regioni con i conti in regola da quelle in superdeficit. Come se negli ultimi dieci anni fossimo «tornati al secondo dopoguerra». La Campania (77 anni) in coda, Bolzano in testa (81 anni).

E' un quadro a dir poco preoccupante quello che emerge dal rapporto Osservasalute 2012 presentato questa mattina dalla Cattolica di Roma.

Con il rischio per il Ssn che all'aumento dell'efficienza non corrisponda un
aumento di efficacia delle cure e quindi un miglioramento dei loro esiti: «Non solo la popolazione è a rischio, il pericolo ormai investe anche la tenuta dello stesso Ssn. Infatti, per quanto il Ssn stia lentamente migliorando la sua efficienza economica, anche in risposta alle sempre più pressanti richieste di razionalizzazione, la ricerca di efficienza attuata con tagli all'offerta, in prospettiva potrebbe comportare dei rischi per quanto riguarda l'accessibilità alle cure e di conseguenza l'efficacia del
sistema nel produrre salute: i tagli linerai non aiutano», ha affermato il direttore di Osservasalute Walter Ricciardi.

Sul piano della salute secondo il rapporto il quadro è in netta regressione: gli stili di vita delle generazioni più giovani peggiorano vistosamente e tutti i principali comportamenti a rischio, responsabili di quasi l'80% delle patologie di cui si ammalano gli italiani, sono negli ultimi anni in aumento e fanno correre il rischio di una «inversione di tendenza che potrebbe portarci per la prima volta nella storia del Paese ad avere un'aspettativa di vita che non aumenta o che, addirittura, decresce». Ma, soprattutto, le prospettive sono negative per il Ssn, anzi per i 21 Ssr regionali e provinciali autonomi «che sono anch'essi vittime dello stallo politico generale e della crisi finanziaria, che ormai fa dell'Italia un Paese in rapido, speriamo non irreversibile declino».

Il messaggio al Governo e alla neo ministra Lorenzin
Arriva in stretta coincidenza col voto di fiducia che oggi attende il nuovo Governo e la neo ministra Lorenzin il rapporto-messaggio della Cattolica. Quasi un menu delle cose da fare. E da raddrizzare con urgenza. Il rapporto Osservasalute, giunto alla sua decima edizione e presentato questa mattina al Policlinico Gemelli di Roma, è il risultato del lavoro di un pool di 184 esperti del settore. Novità assoluta ll'analisi delle performance delle Regioni sulla base di alcuni parametri di efficienza (offerta di servizi con la spesa minima possibile), efficacia (esito delle prestazioni erogate), appropriatezza, che valuta gli atti medici in relazione ai costi, alle risorse disponibili e ai risultati auspicabili, qualità per il cittadino (cioè accessibilità e soddisfazione, che il sistema sanitario assicura alla popolazione).
E ancora una volta dalla valutazione emerge il divario tra Nord e Sud, anche se con alcune eccezioni. A esempio le spinte verso l'efficienza della spesa spesso hanno conseguenze poco desiderabili sugli out come (risultati), sia in termini di esiti di salute che di appropriatezza, accessibilità e soddisfazione da parte dei cittadini.

Migliori e peggiori, le classifiche
Dal confronto tra i livelli di efficienza e di efficacia registrati nelle Regioni emerge che Bolzano e Abruzzo, a fronte di bilanci di spesa positivi, fanno registrare livelli bassi e medio-bassi di efficacia. Si tratta, quindi, di casi in cui una buona gestione della spesa non concorda con altrettanti buoni risultati in termini di salute. Al contrario, Regioni con i conti in rosso come Liguria e Basilicata, possono vantare livelli medio-alti di efficacia del sistema sanitario. La piccola Valle d'Aosta si dimostra un'eccellenza perché riesce a coniugare conti in ordine e alta efficacia. Ma è più facile, è piccolissima. All'estremo opposto ci sono Calabria e Sardegna, negative sia in termini di efficienza che di efficacia. Per quanto riguarda il rapporto tra efficienza e grado di soddisfazione e di facilità di accesso alle cure dei cittadini, emerge invece come la Regione meno virtuosa è l'Umbria, perché pur risultando capace di controllare la spesa, non riesce a fornire ai propri residenti un alto livello di accessibilità e soddisfazione. Sul versante opposto Marche, Liguria, Molise e Sardegna hanno scarsa capacità nel tenere i conti in ordine, ma possono vantare livelli di accessibilità e soddisfazione medio-alti.

I dati sulla salute
La crisi non intacca, per il momento, la salute degli italiani, che per molti aspetti migliora. Nonostante i cattivi stili di vita come sedentarietà e consumo smodato di alcolici.

Rischio di morte. Continua la diminuzione del rischio di morte per le malattie circolatorie (2007-2009: la diminuzione maggiore si riscontra per entrambi i generi nella classe di età 19-64 anni, -4,65% per gli uomini e -8,46% per le donne), tumori (2007-2009: la classe di età dove la riduzione è maggiore è 65-74anni, -6,97% per gli uomini e -8,71% per le donne), apparato digerente (2007-2009: la riduzione maggiore si riscontra per entrambi i generi nella classe di età 19-64 anni con -4,03% per gli uomini e -8,62% per le donne) e respiratorio (2007-2009: la diminuzione maggiore tra gli uomini si riscontra nella classe di età 65-74 anni e nelle donne nella classe di età over-75 anni con valori, rispettivamente, di -3,55% e -0,55%). E continua a ridursi il numero di ricoveri per disturbi psichici, che nel 2010 è arrivato a 41,45 (per 10.000) tra gli uomini e 40,24 (per 10.000) tra le donne. Nel 2003, questi valori erano più alti, rispettivamente, del 14,4% e del 12,7%.

Malattie cardiovascolari. In particolare, per quanto riguarda le malattie cardiovascolari (prima causa di morte, con il 38% di tutti i decessi), si riduce la mortalità, anche se gli uomini muoiono il doppio delle donne. Gli stessi tassi di ospedalizzazione negli uomini continuano a essere, nel 2010, come negli anni precedenti, più del doppio di quelli delle donne (362,7 per 100.000 uomini vs 144,6 per 100.000 donne).

Speranza di vita. Migliora la speranza di vita. Al 2011, stando ai dati provvisori, la speranza di vita alla nascita è pari a 84,5 anni per le donne e a 79,4 anni per gli uomini. Procede, quindi, l'andamento più favorevole per gli uomini negli ultimi anni. Si continua a erodere il vantaggio delle donne rispetto agli uomini: nel 2006 il vantaggio femminile alla nascita era di 5,6 anni, si riduce a 5,1 anni nel 2011 continuando una tendenza che si è instaurata dal 1979, quando il vantaggio di sopravvivenza delle donne raggiunse il suo massimo, 6,8 anni in più rispetto agli uomini. Ma tra le Regioni "virtuose" e quelle in deficit ci sono anche quattro anni di differenza, come a esempio tra Bolzano e Campania.

Meno fumatori, più obesi. In Italia si fuma di meno. Si tratta di un calo stimato in percentuali contenute, ma in ogni caso è una piccola inversione di tendenza che sommata a quella del calo del consumo di alcolici segna un punto a favore per gli stili di vita degli italiani. Le pessime abitudini, invece, si annidano nei numeri sull'obesità e sul sovrappeso: qui le note si fanno assai dolenti. Ma andiamo per ordine. Secondo Osservasalute continua a crescere, anche se di poco, la percentuale di italiani che ha un cattivo rapporto con la bilancia: nel 2011, oltre un terzo della popolazione adulta (35,8%, mentre era il 35,6% nel 2010) è in sovrappeso, mentre una persona su dieci (10%) è obesa: complessivamente - spiega il dossier - il 45,8% dei soggetti in età adulta (dai 18 anni in su) è in eccesso ponderale (era il 45,4% nel 2009 e il 45,9 nel 2010). In Italia, nel periodo 2001-2011, è aumentata sia la percentuale di coloro che sono in sovrappeso (33,9% vs 35,8%) sia quella degli obesi (8,5% vs 10%).

E anche se permangono le differenze tra Settentrione e Mezzogiorno con una quota schiacciante al Sud del numero degli obesi, si assiste per la prima volta al boom del Nord: se infatti le Regioni meridionali presentano la prevalenza più alta di persone obese (Basilicata 13,1% e Molise 13,5%) e in sovrappeso (Campania 40,1% e Puglia 40,4%) rispetto alle Regioni settentrionali (obese: Pa Trento 6,4%; sovrappeso: Veneto 31,4%), accorpando i numeri per macroregioni e confrontando i dati con quelli passati si osserva che dal 2001 nel Nord-Ovest si è registrato il maggior aumento (2,4 punti percentuali) di persone con eccesso ponderale (2,4%), mentre nel Nord-Est è cresciuta notevolmente la prevalenza di persone obese.

Movimento fisico. Tra i parametri degli stili di vita anche la scarsa propensione, in peggioramento, al movimento fisico. Rispetto alla precedente edizione del Rapporto, diminuiscono anche se di poco gli sportivi: nel 2010 il 22,8% della popolazione italiana con età al di sopra dei 3 anni praticava con continuità, nel tempo libero, uno o più sport (nel 2009 era il 21,5%, nel 2008 era il 21,6%, nel 2007 il 20,6%). Nel 2011 si scende al 21,9% della popolazione. I sedentari sono pari al 39,8% e la quota maggiore si trova anche questa volta al Sud (57% in Sicilia, 57,2% in Puglia).

Il consumo di alcol. Diminuiscono i consumatori di alcol ma aumentano i comportamenti a rischio, come il "binge drinking" (ovvero l'assunzione di 5 o più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve): si è passati dal 9,5% del 2009 al 10,5% del 2011. La prevalenza dei non consumatori, che corrispondono agli astemi e ai sobri degli ultimi 12 mesi, è pari, nel 2010, al 32,7%, dato in aumento rispetto agli ultimi anni. L'aumento rispetto all'anno 2008 è statisticamente significativo sia a livello nazionale (+3,3 punti percentuali) sia in molte realtà locali grazie all'aumento degli astinenti degli ultimi 12 mesi (+2,8%). In calo anche i fumatori: nel 2010 fumava il 22,8% degli over 14, nel 2011 è il 22,3%. Notevoli sono le differenze di genere: gli uomini fumatori sono il 28,4%, mentre le donne il 16,6%. Il vizio del fumo è più diffuso nei giovani adulti, in particolare, tra i 25-34 anni, fascia di età in cui si concentra circa un terzo del campione (30,6%).

Il Servizio sanitario nazionale
Il giro di vite alla spesa per la sanità ha funzionato, ma aumenta lo squilibrio Nord-Sud.

La strada per controllare le risorse è, secondo Osservasalute, chiarire quali Lea il Ssn potrà continuare a garantire a tutti e attivare risorse aggiuntive, a esempio con lo sviluppo dell'attività a pagamento e dei fondi integrativi (salvaguardando i princìpi ispiratori del Ssn) e ricercare un'integrazione più forte con l'assistenza socio-sanitaria, in termini di governance, di canali di finanziamento, di erogatori e di servizi erogati.

La spesa. Il Rapporto mostra che la spesa sanitaria pro capite è cresciuta dell'1,09% tra 2010 e 2011 passando da 1.831 euro a 1.851 euro. La spesa è aumentata del 12,59% rispetto al 2005, ma l'incremento tra il 2011 e il 2010 include la contabilizzazione dal 2011 degli ammortamenti non sterilizzati. E anche quest'anno le Regioni del Nord mettono a disposizione più risorse rispetto a quelle del Sud.

Al contrario scendono i disavanzi. Nel 2011 quello nazionale era di circa 1,779 miliardi, in diminuzione rispetto al 2010 (2,206 miliardi), a conferma del trend di riduzione avviato dopo il picco (5,790 miliardi) raggiunto nel 2004. Anche a livello pro capite il disavanzo 2011 (29 euro) è il più basso degli anni 2002-2011.

Le misure di contenimento della spesa funzionano e le aziende sanitarie che fino a qualche anno fa le rifiutavano, le condividono e le mettono in pratica con risultati positivi. Almeno nel Centro-Nord, visto che solo in questa area si registrano risultati economici consolidati positivi (tranne la Liguria), mentre sono negativi in tutte le Regioni del Centro-Sud (tranne l'Abruzzo), con Lazio e Campania che, anche nel 2011, hanno generato da sole il 63% del disavanzo nazionale.

Stop ai tagli. «Gli ulteriori sacrifici richiesti alla Sanità Pubblica dalla Spending Review - spiega una nota di commento al Rapporto - non si possono giustificare con una presunta dispendiosità del Ssn, bensì da un lato, con l'elevato livello del debito pubblico e della correlata spesa per interessi (quest'ultima è pari a circa i 2/3 dell'intero fabbisogno sanitario nazionale), dall'altro con l'incapacità del sistema economico di crescere adeguatamente (tanto che l'aumento della spesa sanitaria pubblica, seppur spesso molto contenuto, è stato negli ultimi 20 anni quasi sempre superiore a quello del Pil)».

Il rischio è che questi ulteriori sacrifici aggravino il divario tra le risorse disponibili e quelle necessarie per rispondere in modo adeguato alle attese, intaccando ulteriormente una copertura pubblica già incompleta: secondo le stime tra il 2013 e il 2015 il contenimento della spesa drenerà fino a 11 miliardi di euro.

Le pagelle dei servizi
La novità di quest'anno è rappresentata dal monitoraggio delle performance sanitarie che «testimoniano - dicono Walter Ricciardi, e Alessandro Solipaca, segreterio scientifico di Osservasalute - come spesso le Regioni che mostrano i "conti in ordine" hanno risultati, sia in termini di efficacia che di accessibilità alle cure e di soddisfazione dei cittadini per i servizi sanitari ricevuti che spesso peggiorano». Come dire che le politiche di risparmio, viste a sé stanti, non costituiscono un valore assoluto. «Per quanto il Ssn stia lentamente migliorando la sua efficienza economica - è il monito di Ricciardi - anche in risposta alle sempre più pressanti richieste di razionalizzazione e più di recente di spending review la ricerca di efficienza effettuata con tagli all'offerta in prospettiva potrebbe comportare dei rischi per quanto riguarda l'accessibilità alle cure e di conseguenza l'efficacia del sistema nel produrre salute».

La mortalità evitabile. Uno scenario che si innesta in un'Italia già storicamente gravata dal divario Nord-Sud, con il Sud e le fasce di popolazione economicamente più svantaggiate che registrano da sempre evidenti svantaggi, sia in termini di salute che di accessibilità alle cure mediche. Basta guardare da vicino, per tutti, il quadro della mortalità evitabile: se tra 2006 e 2009, ricorda ancora il Rapporto, si è assistito a una lieve riduzione del tasso di mortalità riconducibile ai servizi sanitari (dal 63,86 al 61,69 per 100.000 abitanti), le Regioni che presentano le peggiori performance in tutti gli anni considerati sono Calabria, Campania e Sicilia. E ormai, si legge ancora, il divario tra i cittadini delle Regioni più virtuose e quelle in difficoltà è «impressionante: quasi quattro anni separano gli uni dagli altri ed è come se negli ultimi dieci anni alcuni fossero tornati al secondo dopoguerra in termini di guadagno di aspettativa di vita».