Aziende e Regioni

Ricerca Agenas-Ca' Foscari: cure primarie, quali modelli

di Rosanna Magnano

Agli estremi della geografia sanitaria italiana troviamo da un lato le Province autonome di Trento e di Bolzano, i modelli a più alto grado di presenza pubblica (sia nella regolazione, che nel finanziamento e nella governance) e dall'altro la Regione Lombardia, dove predomina il mix degli attori e della regolazione.

Una mappa variegata e in continua trasformazione, sulla quale si possono seguire le differenti rotte tracciate dall'organizzazione territoriale delle cure primarie, in particolare dalle forme più evolute, spesso rafforzate da innovazioni tecnologiche a supporto dei processi di cura (Ict, e-care). A fare il punto su questi processi, la ricerca «Verso quale sistema sanitario», presentata oggi a Venezia nel corso di un convegno su «Sistema di assistenza primaria, le innovazioni in Sanità» (VEDI L'ANNUNCIO) . Il progetto, finanziato dal ministero della Salute nell'ambito del Programma di ricerca corrente 2010, è stato realizzato grazie alla collaborazione tra Agenas e Università Ca' Foscari, con il coinvolgimento delle Regioni.

«La ricerca - spiega il direttore generale di Agenas Fulvio Moirano - si è articolata in due parti principali: il tentativo di verificare l'omogeneità dei sistemi sanitari che si sono sviluppati nelle Regioni, in una variabile sintonia con i sistemi di welfare; e l'analisi della territorializzazione del processo di cura e della presa in carico, ossia delle cure primarie».

«Ricette» che potrebbero mostrare i loro punti deboli nel corso dei cambiamenti in atto nei sistemi sanitari. In particolare, in quelli come il Ssn, basati sul finanziamento pubblico. «Per questo tipo di sistemi - spiega<CF3> Giovanni Bertin</CF>, docente di Sociologia all'Università Ca' Foscari di Venezia e coordinatore della ricerca - si assiste a una riduzione della quota di finanziamento pubblico e anche l'erogazione dei servizi vede una maggiore presenza di soggetti privati. Anche i processi di regolazione si stanno modificando. Alle dinamiche proprie della regolazione gerarchica dello Stato si stanno affiancando processi di tipo concorrenziale innescati dalla diversificazione del sistema degli attori».
</CS></CW>L'analisi dei modelli di cure primarie ha posto sotto la lente cinque casi regionali (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Puglia). Tra le esperienze più innovative, le «Unità complesse cure primarie», fondate sull'integrazione multi-professionale del personale medico e non, attivate in particolare nelle Case della salute presenti in Emilia Romagna e Toscana.
</CW><CW-40>Èquipe multidisciplinare, responsabilizzazione dei medici sui costi connessi alle decisioni cliniche, variabilità della remunerazione legata al raggiungimento di obiettivi, infrastruttura informatica avanzata sono tra gli elementi che fanno la differenza nell'efficacia delle varie forme dell'associazionismo medico. Tra i problemi emersi, oltre a quello delle risorse, l'estrema differenziazione dei modelli adottati, anche all'interno delle stesse Regioni. Una disomogeneità che secondo i ricercatori rischia di «minare le basi dell'uguale trattamento dei cittadini».
</CW><CW-48>Il vero banco di prova è rappresentato dalla presa in carico dei pazienti affetti da malattie cronico-degenerative, oggetto di sperimentazioni in tutte le Regioni indagate, spesso non in maniera uniforme e condivisa, ma solo in alcune Ausl o entro alcuni distretti. «Tra le sperimentazioni innovative - sottolinea la ricerca - merita una sottolineatura il caso della Regione Lombardia, con l'attivazione dei Chronic Related Group».


Il cittadino si misura con il Fse
L'Ict è un supporto fondamentale per la gestione e regolazione della complessa rete delle cure primarie territoriali. Dalla ricerca è emerso che quattro Regioni sembrano avere attivato un processo hard di implementazione dei sistema informativo, con significative ricadute sulla dimensione della medicina territoriale: Lombardia, Emilia, Veneto e Toscana. Capitolo fondamentale, il Fascicolo sanitario elettronico, che va di pari passo con il progressivo empowerment del paziente, secondo livelli differenziati.

Secondo la ricerca Agenas-Ca' Foscari, lo studio dell'implementazione del Fse ha consentito di costruire tre modelli di «cittadino» cui tale servizio è destinato, dal cittadino-utente nel modello lombardo, in cui il servizio è costruito intorno al cittadino, ma non con il cittadino al modello emiliano, che presuppone l'esistenza di un cittadino informato che gestisca un controllo sul suo Fse agendo una deliberazione consapevole, fino al modello toscano, nel quale si chiede la piena partecipazione del cittadino, presupponendo quindi alti livelli di competenza rispetto allo strumento e un alto senso di responsabilità nel cittadino rispetto alla sua salute.