Aziende e Regioni

Assistenza primaria, le misure di performancediffuse ma poco usate nei processi gestionali. L'indagine del CeRiSMaS

Nelle Asl italiane il 92% dell'assistenza medica primaria adotta misure di performance dei servizi, con indicatori sia a preventivo sia a consuntivo. Buona diffusione anche nella farmaceutica territoriale (90%), nell'assistenza domiciliare (90%), nella specialistica ambulatoriale (85%) e nell'assistenza residenziale e semiresidenziale (85%). Eppure, il loro utilizzo resta ancora limitato nei processi gestionali. È quanto emerge dall'indagine su "La diffusione e l'utilizzo delle misure di performance del primary healthcare in Italia" condotta, mediante una survey cui hanno aderito 59 aziende sanitarie locali, da Antonella Cifalinò, ricercatrice in Economia aziendale alla facoltà di Economia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e vice direttore del Centro di Ricerche e Studi in Management Sanitario (CeRiSMaS).


I risultati della ricerca sono stati presentati oggi nel corso del workshop intitolato: "I sistemi di misurazione delle performance per il governo del primary healthcare in Italia: stato dell'arte e prospettive", che si è tenuto nell'Aula Pio XI dell'Ateneo di largo Gemelli.

La ricerca si è fondata su una concezione complessiva di primary healthcare, assumendo come ambito di indagine non solo l'assistenza medica primaria - medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e continuità assistenziale -, ma anche la farmaceutica territoriale, la specialistica ambulatoriale, la protesica e integrativa, l'assistenza domiciliare, l'assistenza residenziale e semiresidenziale, l'assistenza consultoriale e l'assistenza pediatrica di comunità.

Da uno sguardo più dettagliato dei risultati emerge che il livello di diffusione delle misure è piuttosto variegato, con riferimento sia alle tipologie di misure, sia alla loro scomposizione per aree di attività. Per esempio, nell'articolazione delle misure per setting assistenziale risulta che le misure più diffuse sono quelle relative alle attività (78%) e al controllo dei costi (78%). Invece, nella scomposizione per singolo paziente le percentuali sono rispettivamente del 17 e del 19 per cento. Infine, l'utilizzo delle misure con finalità gestionali resta limitato: in una scala da 1 a 4 (1 valore minimo e 4 valore massimo) le uniche medie che riportano un valore superiore a 3 riguardano il monitoraggio a consuntivo dell'utilizzo delle risorse allocate ai servizi di primary healthcare e il controllo del raggiungimento degli obiettivi di attività che ne conseguono. Viceversa, risulta limitato l'utilizzo delle misure a preventivo in sede di programmazione delle attività e di allocazione delle risorse. Significativamente limitato anche l'utilizzo delle misure con finalità di gestione dei processi di corresponsabilità che coinvolgono i titolari dei centri di responsabilità territoriali, governance degli esiti e collegamento con i sistemi premianti.


«I risultati della ricerca confermano, a livello nazionale, quanto affermato da numerosi studi internazionali – spiega la curatrice dell'indagine Antonella Cifalinò –. Il passaggio dal performance measurement al performance management, ovvero dalla rilevazione all'utilizzo delle misure di performance nei processi manageriali, non è immediato. Se i processi di accountability, promossi anche da vari interventi normativi nazionali e regionali, hanno stimolato l'attivazione di processi di rilevazione delle performance non solo in ospedale, ma anche nel territorio, a livello aziendale occorre ora valorizzare l'analisi e l'interpretazione delle misure di performance disponibili al fine di supportare le sempre più complesse decisioni aventi per oggetto l'organizzazione e la gestione dei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali».