Aziende e Regioni

Un milione di accessi impropri in meno al pronto soccorso nel 2012: ricerca Agenas

Si riduce nel 2012 il numero degli accessi al Pronto soccorso che, stando ai dati trasmessi dalle Regioni al sistema informativo Emur del ministero della salute per il 2012, registra 1 milione di accessi in meno rispetto al 2011 (si è passati dai 14.479.595 del 2011 ai 13.433.427 del 2012).

Sembra, quindi, che qualcosa stia cambiando nella cultura degli italiani, che qualche prima crepa inizi a scalfire una visione della sanità troppo "ospedalocentrica", ma la strada è ancora tutta in salita, in Italia come all'estero. Esce oggi il nuovo Quaderno di Monitor, la collana di supplementi della rivista dell'Agenas che propone approfondimenti sui temi di maggiore attualità nel campo delle politiche sanitarie, dal titolo: Assistenza H24 e riduzione degli accessi impropri al Pronto soccorso. Evidenze e indirizzi.

Nell'editoriale, a firma di Giovanni Bissoni, Presidente dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali si sottoliena che il tema è complesso e non è affrontabile senza una visione sistemica delle trasformazioni in atto. Se, infatti, dal lato del cittadino si assiste all'aumento della domanda di prestazioni e alla diversificazione dei bisogni, dal lato del sistema dei servizi si riducono drasticamente i posti letto di degenza e l'ospedale si concentra sulla gestione dell'acuzie. Al contempo, il Pronto soccorso si configura sempre più come un servizio in grado di offrire una gamma di prestazioni diagnostiche e specialistiche sempre più vasta e in tempo reale.

Questa trasformazione, in atto da tempo, è oggi accelerata dalla contrazione delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale e, più recentemente, dalle disposizioni della legge 135/ 2012 sulla spending review. Anche la recente riforma legislativa, avviata con la legge 189/2012 - che prevede tra l'altro lo sviluppo di forme organizzative complesse della medicina generale di tipo funzionale (Aggregazioni funzionali territoriali) - e strutturale (Unità complesse delle cure primarie) - fornisce in tal senso alcuni principi di riferimento, investendo l'Assistenza primaria di nuovi e maggiori compiti.

Con questa visione di sistema e nell'ambito di una convenzione con il Ministero della salute, Agenas ha assunto il compito di monitorare alcuni progetti regionali riguardanti le Cure primarie/ Assistenza H24, la riduzione degli accessi impropri al Pronto soccorso e il miglioramento della rete assistenziale. Il nuovo Quaderno di Monitor, oltre ai contributi di alcuni esperti in materia e ad approfondimenti sulla programmazione nazionale sul tema, contiene i principali risultati dei lavori realizzati nell'ambito di questa convenzione. Sono stati monitorati i progetti presentati da 12 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto) I progetti analizzati riguardano principalmente la sperimentazione di modelli territoriali di diversa tipologia e diversa denominazione (Presidi Territoriali di Assistenza, Assistenza Territoriale Integrata, ambulatorio di Nucleo di Cure Primarie, Casa della Salute), ma anche alcuni modelli ospedalieri (ad esempio, Ambulatorio codici bianchi; Ambulatori codici di minor gravità gestiti dai MMG presso i P.S.). Nell'ambito dello studio, sono stati indagati i determinanti organizzativi e professionali dei progetti regionali volti al miglioramento dell'assistenza fornita sul territorio e a promuovere la riduzione degli accessi impropri al PS; dall'indagine si evince che la risposta al bisogno di salute del paziente che non presenti effettive condizioni di urgenza viene affrontata attraverso prospettive organizzative differenti.

La modalità organizzativa preferita, per rispondere all'esigenza di continuità dell'assistenza, risulta essere il servizio a gestione territoriale (92,8% casi), con un'accessibilità che nel 42,8% dei casi si articola su 7 giorni su 7 ed un'apertura h24 del servizio nel circa il 30% dei casi; tutte le linee progettuali prevedono un'accessibilità non inferiore alle 12h giornaliere. Dal monitoraggio effettuato emerge come sia riconosciuto un ruolo centrale, nel contenimento degli accessi impropri al PS, ai medici del territorio, siano essi il Medico di Continuità Assistenziale MCA o Guardia medica, o il Medico di Medicina Generale-MMG. Queste figure professionali vengono coinvolte nel 92,9% dei casi, seppur con diverse modalità collaborative: il 92,8% delle linee progettuali coinvolge il Medico di Continuità Assistenziale, il 71,4% vede il coinvolgimento del Medico di Medicina Generale e, nel 64,4% dei casi, sono presenti insieme. Il Quaderno contiene, inoltre, i risultati di un approfondimento su quattro casi studio in Calabria; Toscana, Veneto; Emilia-Romagna.

La ricerca ha confermato che il fenomeno degli accessi impropri al Pronto Soccorso rappresenta una "punta dell'iceberg" rispetto alla necessità di un riequilibrio di sistema e della riorganizzazione dell'Assistenza Primaria.

I risultati di questo primo monitoraggio, infatti, confermano le premesse iniziali: il riordino dell'assistenza primaria ha obiettivi specifici e complessi e solo secondariamente può essere letta come strumento per la riduzione degli accessi impropri al PS. Va rilevato che la maggior parte delle esperienze studiate non ha consentito di svolgere un'analisi di impatto, sia perché ancora in corso, sia perché non dotate di sistemi informativi adeguati a tali tipo di rilevazione. Per quattro casi studio è stato possibile effettuare un'analisi statistica avanzata, in quanto dotati della banca dati sufficiente per effettuare una rigorosa analisi quantitativa dell'impatto dei modelli sulla riduzione degli accessi impropri al PS. In due dei quattro casi esaminati, gli effetti prodotti dai casi studio analizzati sono risultati ampiamente positivi in termini di riduzione degli accessi impropri in pronto soccorso, anche nel poco tempo trascorso dalla loro attivazione. Negli altri due casi, i risultati non sono significativi nei primi anni di attività in quanto non sembrano aver ancora modificato in modo incisivo i comportamenti degli assistiti. Tuttavia, ad oggi, non è ancora possibile formulare una valutazione conclusiva dell'impatto prodotto da queste esperienze, in quanto ciò richiede un periodo più lungo di quello considerato nello studio. Queste conclusioni non implicano che le esperienze abbiano avuto un impatto di forte positività su altri aspetti, quali la maggiore accessibilità e riconoscibilità dei servizi da parte dei cittadini, la presa in carico, l'integrazione tra i diversi attori; tutti aspetti che non sono stati esaminati specificamente.

Per raggiungere questi obiettivi è, quindi, necessaria una chiara e sistemica strategia organizzativa di tipo regionale che, nel rispetto dei principi di un sistema universalistico pubblico, riesca a definire in maniera sostenibile priorità di intervento su bisogni di salute adeguatamente misurati, presentare una offerta di servizi non frammentata e in una logica prestazionale ed in grado di monitorare e guidare i processi di assistenza con tempi e strumenti adeguati.