Aziende e Regioni

ESCLUSIVO I manager e l'optional trasparenza: solo il 56% pubblica lo stipendio sul sito

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

Fatta la trasparenza, scoperto l'inganno. Forse perché afflitti da una vita tutta spesa sull'orlo del burrone dei conti in bilico delle asl e degli ospedali che con alterni successi dirigono, troppi manager della sanità pubblica hanno dimenticato di rispettare un piccolo-grande obbligo comune a tutti i vertici della burocrazia e a politici nazionali e locali: la pubblicazione sui siti aziendali del reddito percepito e del curriculum. Ben 101 su 232 sono fuori regola. Quasi la metà, il 44% di tutti i direttori generali delle aziende sanitarie. Una inadempienza che impera soprattutto al Sud. Alla Campania il record degli "assenteisti": solo 3 manager su 16 tengono fede alla legge sulla trasparenza. In un fai-da-te delle buste paga: dai 211mila euro lordi annui della generosa Bolzano si va ai 103mila della parsimoniosa asl di Feltre (Veneto), con la Lombardia (156mila euro) che paga in media gli stipendi più alti.

Una vera e propria carica dei 101 (inadempienti). Che è augurabile si mettano presto in riga, ma che fino a giovedì scorso, 18 luglio, ultima verifica compiuta sui siti di asl e ospedali di tutta Italia nell'applicazione della legge (Dlgs 33/2013), sono risultati fuori regola in seguito a un'inchiesta realizzata dal settimanale «Il Sole-24 Ore Sanità», con tanto di nomi e situazioni azienda per azienda. E di classifiche regionali.
La verifica dei siti aziendali, che per legge dovrebbero ospitare tutti i dati da rendere di dominio pubblico, ha dato nel complesso risultati sconfortanti. Anche se le stelle della trasparenza non mancano. Navigare nei «www» di asl e ospedali è infatti spesso un'impresa che neanche Soldini saprebbe compiere. I siti sembrano anzi spesso costruiti apposta per non essere "navigati". Notizie nascoste quasi accuratamente, linguaggi e modalità di informazione differenti in una sorta di federalismo della (scarsa) informazione. Quando le informazioni ci sono, s'intende. In una sorta di dedalo dell'incompetenza informatica che lascia di stucco, in barba ai doveri nei confronti dei cittadini. E della legge.

Può così capitare che si trovano i dati del manager precedentemente in carica. O che le cifre non siano aggiornate. O che per riuscire a scovarle può non bastare essere degli investigatori informatici provetti. Talvolta manca addirittura il nome del direttore-generale manager. O ancora può capitare che rendere pubblico il curriculum sia quasi un optional. O magari, come in Piemonte, ci si limita (ma non nei siti di tutte le asl) a pubblicare un documento (ma trovarlo è un'impresa) del governatore Cota che, lui sì, ha reso noti i compensi dei suoi manager. Peccato che non basti. E peccato che a cadere sulla trasparenza siano spesso anche le altre due figure della triade di vertice delle aziende sanitarie, il direttore sanitario e quello amministrativo. Mentre i dati dei medici primari sono praticamente sempre esposti in bella evidenza. Una vendetta verso i camici bianchi?

Non dappertutto va male, sia chiaro. Liguria ed Emilia Romagna, per dire, sono le due perle rare: tutti i dati dei loro dg sono on line. Con medie di 152mila euro a testa per per i 15 dg in Emilia, in un range che va dai 196mila di Piacenza ai 113mila della manager di origine greca dell'ospedale universitario di Modena; mentre in Liguria (media di 138mila euro) si passa dai 159mila a Chiavari ai 117mila di Imperia. Bene va in Friuli (dati pubblicati per 8 manager su 9) o in Toscana (12 su 16 sono a posto).

Meno bene nelle due Regioni a trazione leghista: in Lombardia si conoscono dai siti le retribuzioni di 26 manager su 44, con un range di stipendi dichiarati da 114 a 184mila euro, in Veneto mancano all'appello 10 manager su 23 e gli stipendi (127mila) sono però in media più bassi rispetto a tutta Italia. Poi viene il Sud, dove nelle Regioni commissariate la trasparenza proprio non vuole decollare. Della Campania s'è detto. Ma il Molise nulla dice del manager della sua unica azienda. E in Calabria c'è una cortina di silenzio per 7 manager su 9. Per il momento.

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