Aziende e Regioni

ANTEPRIMA Non autosufficienza, la gestione fai-da-te rischia lo sbando senza una regia nazionale. Ecco il rapporto NNA

di Barbara Gobbi e Rosanna Magnano

Trentotto modelli di Rsa in sole 10 Regioni. Cinque modelli e un accesso iniquo all'assistenza domiciliare integrata. Rette variabili e risorse sempre più al lumicino. Sullo sfondo, la latitanza dei governi centrali negli ultimi cinque anni, caratterizzati da tagli drastici ai Fondi nazionali e da una generale disattenzione al tema delle fragilità. Mentre è proprio questo uno dei banchi di prova su cui si giocherà la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.

E' a tinte fosche il quadro dell'assistenza agli anziani fragili tracciato dal IV Rapporto 2012-2013 - anticipato sul numero 42/2013 de Il Sole-24Ore Sanità - curato dal Network non autosufficienza (NNA). Promosso dall'Irccs Inrca per il Network nazionale per l'invecchiamento (Maggioli editore, www.maggioli.it/rna), il Report "L'assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Tra crisi e ripartenza" non si limita a fare il punto sull'organizzazione attuale dei servizi nei Comuni e nelle Regioni, ma propone anche soluzioni possibili, a patto che siano attuate senza perdere altro tempo. La posta in gioco è alta, sottolineano gli autori: «Siamo arrivati a un punto di rottura nell'organizzazione dei servizi per le fragilità; sul tema si va facendo molta retorica, molti interessi sono in movimento, ma pochi i fatti».

Le proposte in campo. Se oggi la spesa per prestazioni residenziali e domiciliari assorbe meno del 6% del Fondo sanitario nazionale, recuperare gli 1,8 miliardi che si stima possano derivare dalla stretta sugli ospedali «consentirebbe un aumento del 33% dei servizi resi». Per la destinazione dei fondi, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Questa la proposta, su quattro direttrici: reinvestire 700 milioni nell'offerta nelle Regioni carenti, creando 300mila posti letto in cinque anni; arrivare con 500 milioni a una copertura dei livelli assistenziali e all'adeguamento degli standard di servizio in tutte le Regioni; dedicare altri 500 milioni allo sviluppo dei servizi domiciliari specialistici e di alto livello e stanziare gli ultimi 100 milioni per telemedicina, informatizzazione, formazione e verifica.

«Su una prospettiva di questo tipo, costruita con standard di servizio e obiettivi vincolanti per le Regioni, può essere giocata nei prossimi anni la possibilità che il nostro Ssn sopravviva alla crisi e soprattutto organizzi una concreta risposta ai non autosufficienti», spiegano gli autori.
Serve tuttavia una bussola che riorganizzi il pur lodevole fai-da-te regionale e le scelte spontaneistiche: da qui la scelta di proporre un "decalogo possibile" al quale dovrebbero sempre attenersi, al riparo dei venti mutevoli della politica, quanti guidano e gestiscono i servizi per la non autosufficienza.

Questo il decalogo "possibile" proposto da NNA:

I REQUISITI DEL SERVIZIO:
1 Deve sempre disporre di operatori preparati sul piano tecnico-professionale e adeguati sul piano delle capacità relazionali ai difficili compiti di un'assistenza che spesso non presenta compensi proporzionati all'impegno profuso
2 Deve essere valutato per la sua qualità e i risultati raggiunti, allentando almeno in parte la morsa burocratica che oggi appesantisce operatori e amministratori
3 Deve dichiarare i risultati che si prefigge, indicando le modalità per rilevarli. Questi devono essere legati alla vita dei fruitori; sono quindi spesso anche di valore soggettivo, indipendentemente dalla loro dimensione oggettiva
4 Deve garantire una cura delle malattie attraverso la presenza di operatori che sappiano agire con atteggiamento proattivo e quindi - in particolare - attenti alla prevenzione di ulteriori perdite di autonomia funzionale
5 Deve essere impostato in modo da non provocare danni alla salute del cittadino (l'ambito è molto ampio e va dall'evitare atti quali i maltrattamenti, le contenzioni, la formazioni di piaghe, fino all'attenzione al tono dell'umore, all'alimentazione ecc.)
6 Deve evitare al massimo le transizioni incontrollate tra servizi diversi; attenzione particolare deve essere riservata al ricovero ospedaliero di persone a carico dell'Adi od ospiti di una residenza; troppo spesso il trasferimento è la spia di un'inadeguata nell'assistito, oltre che oggettivi danni alla sua salute (nonché un lavoro "non gradito" da parte degli operatori del pronto soccorso)
7 Deve essere calibrato sulle condizioni del fruitore e quindi offrire modelli assistenziali adeguati, dalle fasi iniziali di perdita dell'autosufficienza fino alle fasi più avanzate, prestando - se opportuno - assistenza palliativa nelle fasi terminali di malattia
8 Deve essere organizzato in modo elastico, così da potersi adattare alle richieste, senza una continua revisione di comportamenti e procedure
9 Deve porre al centro dei suoi atteggiamenti operativi il rispetto della volontà del cittadino che chiede una risposta adeguata sul piano tecnico, la quale a sua volta deve tener conto di attese, speranze, timori
10 Non può essere neutrale rispetto all'uso del tempo da parte di chi ne fruisce. La solitudine e l'abbandono peggiorano gravemente la qualità della vita e costituiscono ostacoli pesanti all'espletamento di cure adeguate, sia sul piano dell'organizzazione della giornata, sia psicologico. Si prospetta l'esigenza di un'organizzazione che si faccia carico del bisogno di accompagnamento del cittadino nel tempo lungo della
sofferenza e del disagio; è quindi ovvio che la presa in carico è irrinunciabile e con essa la scelta strategica di offrire servizi al posto di supporti economici