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Ilva, messa in mora aggiuntiva dall'Ue: «Suolo e acque pesantemente inquinate con rischi per la salute»

Il siderurgico di Taranto ancora nel mirino di Bruxelles, che ha inviato all'Italia, su proposta del Commissario all'Ambiente Yanez Potocnik una nuova lettera «aggiuntiva», oltre alla messa in mora già recapitata a fine settembre scorso. I livelli di inquinamento intorno al sito dell'Ilva, ha spiegato il portavoce del commissario Ue, "sono elevati e non è stato fatto nulla per prevenire e fermare questa situazione" da parte delle autorità italiane, con cui l'esecutivo di Bruxelles "rimarra' in contatto nei prossimi mesi" per cercare una soluzione.



"La nostra analisi, basata sulle informazioni ricevute dal governo italiano e dalla Ong Peacelink - ha detto il portavoce, Isaac Valero Ladron - mostra che il suolo e le acque sono pesantemente inquinate, con potenziali sirchi per la salute umana" nell'area di Taranto.


La decisione presa oggi dalla Commissione comporta una richiesta di spiegazioni che il governo dovrà fornire entro due mesi su ben quattro nuove possibili infrazioni alla normativa comunitaria.


A fine settembre, Bruxelles aveva avvertito l'Italia su alcune possibili infrazioni alla Direttiva Ippc ("Industrial Pollution Prevention and Control") e alla Direttiva sulla Responsabilità ambientale, che attua il principio "chi inquina paga".

Inquinamento significativo che continua. Fra le quattro nuove decisioni di oggi, la prima mantiene e conferma i rilievi della messa in mora di settembre relativi alla Direttiva Ippc, aggiornandoli alla luce della nuova Direttiva sulle emissioni industriali (Artt. 8.1 e 11.c) che nel frattempo l'ha sostituita. Tali rilievi riguardavano le condizioni previste dall'autorizzazione per la propria attività che l'Ilva si era impegnata a rispettare, e che, a quanto risulta a Bruxelles, non ha attuato pienamente, tanto che l'impianto ha causato e sta ancora causando un "inquinamento significativo" dell'area circostante.


Incognita rifiuti. La seconda decisione, del tutto nuova, è basata sempre sulla Direttiva Emissioni industriali (Artt. 11 e 14) e riguarda altre tre possibili violazioni delle norme riguardanti l'autorizzazione ad operare concessa all'Ilva. La Commissione nota che nell'autorizzazione non vi sono tutti i necessari requisiti né per quanto concerne le discariche sul sito industriale di Taranto, né per la gestione dei sottoprodotti, né per la gestione dei rifiuti e delle acque reflue.

Emissioni pericolose per la salute. La terza decisione, ancora relativa alla Direttiva Emissioni industriali (Art. 8.2, secondo paragrafo) riguarda la mancata sospensione delle attività dell'Ilva che comportano un "pericolo immediato per la salute umana" e che "minacciano di causare un effetto avverso rilevante sull'ambiente". Secondo la Commissione, in base a quest'articolo l'Italia era obbligata a "sospendere l'attività dell'impianto o delle sue parti pertinenti". Ma siccome, in base all'informazione disponibile, a Bruxelles non risulta che l'Italia abbia sospeso le attività dell'Ilva, l'Esecutivo comunitario propende per una violazione della Direttiva.


Il gap sulla sicurezza degli impianti. La quarta decisione, infine, riguarda l'infrazione a un obbligo imposto dalla Direttiva Seveso (96/82/CE) sulla prevenzione dei grandi incidenti industriali che comportano rilascio di sostanze pericolose: secondo la Direttiva, gli Stati membri dovrebbero pubblicare e aggiornare ogni cinque anni dei "rapporti di sicurezza" su ciascun impianto rientrante nel campo di
applicazione della Direttiva. Ma per l'Ilva di Taranto, l'ultimo rapporto è stato pubblicato nel 2008, e a tutt'oggi non è ancora stato completata una nuova versione aggiornata, che è in corso di elaborazione.


Il nodo delle responsabilità. C'è, infine, una quinta decisione, l'unica favorevole all'Italia: per ora, la Commissione ha accettato le motivazioni addotte dal governo riguardo al rischio di infrazione alla Direttiva sulla Responsabilità ambientale, e fatto cadere i rilievi che aveva sollevato su questo punto con la lettera di messa in mora di fine settembre. Le autorità italiane hanno infatti spiegato a Bruxelles che sono stati avviati diversi procedimenti giudiziari volti a stabilire la responsabilità dell'Ilva per i danni ambientali causati dall'acciaieria di Taranto.


Sembra che non basti più, insomma, a tranquillizzare Bruxelles il fatto che il governo abbia commissariato l'Ilva, prorogando le scadenze che l'azienda non ha rispettato per mettersi in regola con le prescrizioni obbligatorie dell'Aia (l'autorizzazioneambientale integrata). Anche perché alla Commissione continuano ad arrivare le denunce di Peacelink, l'Ong ambientalista molto attiva nella lotta all'inquinamento della città di Taranto da parte dell'acciaieria più grande d'Europa.


La messa in mora "complementare" decisa oggi dalla Commissione non è ancora il "parere motivato", ovvero il passaggio al secondo stadio della procedura d'infrazione. Il parere motivato, che prelude al ricorso in Corte di Giustizia, partirà nel caso che dall'Italia non pervenga a Bruxelles, entro due mesi una risposta soddisfacente.