Aziende e regioni

Crollano nelle aziende gli investimenti in Ict: -11% nel 2013. La digitalizzazione senza la regia regionale non risparmia e non basta più. Ricerca del Politecnico di Milano

Le aziende spendono sempre meno in Ict e investono solo nela cartella clinica elettronica e i servizi amministrativi. Ma se seguissero la "centralizzazione" dei servizi a livello regionale potrebbero risparmiare fino a 150 milioni l'anno.

Se l'e-health può essere la soluzione a molti mali (anche economici) del Ssn, le aziende sanitarie non sembrano recepirlo in pieno. O almeno, tranne che per i servizi "obbligatori", non danno cenni di sviluppo del settore: nel 2013 crollano gli investimenti per la digitalizzazione in sanità e la spesa per la tecnologia è in calo dell'11% nelle strutture sanitarie; si investe soprattutto nella cartella clinica elettronica (presto d'obbligo ovunque), nei sistemi di front-end e nella gestione amministrativa e c'è paradossalmente più attenzione all'assistenza ospedaliera che a quella territoriale. Eppure, se ad esempio fossero implementati i servizi sanitari erogati centralmente dalle Regioni (o da centri servizi consortili o centralizzati) e forniti alle diverse strutture sanitarie in modo condiviso, si potrebbero risparmiare complessivamente oltre 150 milioni di euro a livello nazionale.

Sono questi alcuni risultati della ricerca 2014 dell'Osservatorio Ict in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net ), presentati questa mattina al convegno «Innovazione digitale in sanità: l'Ict non basta!» svolto nell'Aula De Carli del Politecnico di Milano. La ricerca è basata su un'analisi empirica che, attraverso survey e studi di caso, ha coinvolto circa 300 attori tra Cio (Chief information officer, i manager che si occupano dell'Ict), direttori generali, direttori amministrativi, direttori sanitari, direttori sociali, medici specialisti, referenti regionali e, in collaborazione con Doxapharma e Fimmg, 703 medici di medicina generale e 1001 cittadini rappresentativi della popolazione italiana.

Secondo la ricerca, l'innovazione digitale in sanità oggi è una soluzione obbligata, l'unica in grado di modernizzare il sistema e permettergli di reggere l'impatto della crescita della domanda, fermando il decadimento in atto di qualità ed efficienza. Ma la spesa complessiva per la digitalizzazione nel 2013 si è ridotta del 5%, dopo il calo già registrato lo scorso anno, raggiungendo quota 1,17 miliardi di euro, appena l'1,1% della spesa sanitaria pubblica, pari a 19,72 euro per abitante. Una contrazione che riguarda in particolare le strutture sanitarie, dove la spesa tecnologica è crollata dell'11% in un anno. Di questi 800 milioni (in calo dell'11%) li hanno spesi le aziende, 295 (+5,4%) le Regioni, 60 (+11%) i medici di medicina generale e 19 il ministero della Salute.

L'Ict non basta più
«Investendo in Ict il minimo indispensabile, solo per automatizzare l'esistente, si sta accompagnando il declino del sistema – afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio Ict in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano -. L'investimento in nuove tecnologie invece andrebbe concepito nel quadro del passaggio a un nuovo modello integrato e intelligente, uno "Smart care System", in grado di prendersi carico dei pazienti nelle fasi acute e a livello spedaliero così come nell'assistenza domiciliare e sociale, con una governance condivisa dell'innovazione in cui l'Ict abiliti la collaborazione tra i diversi attori».

«Alla Sanità italiana oggi serve un percorso di innovazione digitale, che però non può essere ricondotto alla sola tecnologia – prosegue Corso - È necessaria una riforma del modello di cura e assistenza, in cui le tecnologie digitali mettano in rete il sistema, spostando i servizi dalle strutture residenziali verso il territorio e la gestione domiciliare, superando quella separazione tra prestazioni sanitarie e servizi socio-assistenziali, che è oggi causa di disottimizzazione e di atteggiamenti da scarica barile a danno della finanza pubblica e, soprattutto, dei cittadini più deboli. Per rilevanza sociale e peso sui conti pubblici questa revisione dovrebbe essere una priorità del Governo, il vero cuore dell'Agenda digitale italiana. Ma così non è: la spesa Ict risulta ancora bassa e frammentata tra Regioni, aziende sanitarie e Comuni, nel Governo non c'è una regia unica per le politiche sanitarie e sociali, l'Agenzia per l'Italia Digitale non ha identificato la sanità elettronica come priorità e la roadmap per l'implementazione del fascicolo sanitario elettronico, che rappresenta il cuore dell'azione del Governo sull'eHealth, appare di difficile realizzazione».

La spesa per la digitalizzazione
La spesa complessiva per la digitalizzazione della Sanità italiana nel 2013, rispetto ai livelli già preoccupanti del 2012, ha subito un'ulteriore contrazione del 5% raggiungendo quota 1,17 miliardi di euro, appena l'1,1% della spesa sanitaria pubblica, pari a 19,72 euro per abitante. Una riduzione che interessa in particolare le strutture sanitarie. Nel dettaglio, la spesa Ict è così ripartita tra i diversi attori del Sistema Sanitario Nazionale:

- 800 milioni di euro sono spesi dalle strutture sanitarie, con una riduzione dell'11% rispetto alla spesa 2012 (895 milioni di euro), che era già in calo rispetto a quella del periodo precedente (oltre 900 milioni di euro)

- 295 milioni di euro sono spesi direttamente dalle Regioni, con un aumento del 5,4% rispetto alla spesa del 2012 (pari a 280 milioni di euro);

- 60 milioni di euro sono spesi dagli oltre 47.000 Medici di Medicina Generale (pari a 1.276 euro per medico), con un aumento del 11% rispetto al 2012, quando la spesa era di 54 milioni di euro (pari a 1.146 euro per medico);

- 19 milioni di euro è la spesa Ict del Ministero della Salute.

«A discapito dell'interesse più volte manifestato per una rapida modernizzazione del settore Salute attraverso investimenti in innovazione digitale, i propositi non sono stati rispettati – rileva Mariano Corso -. Anzi, oggi si assiste a un'ulteriore contrazione della spesa Ict complessiva, che riguarda soprattutto le strutture sanitarie. E la situazione non è destinata a migliorare nel prossimo futuro, in quanto oltre la metà delle aziende coinvolte nella ricerca prevede un taglio generalizzato sia di spese sia di investimenti, a seguito della spending review».

Gli ambiti di innovazione
La cartella clinica elettronica, con una spesa complessiva di circa 58 milioni di euro, rappresenta il principale ambito su cui le aziende sanitarie hanno allocato risorse economiche, con una crescita prevista per il 2014 superiore all'8%. Oltre il 70% delle aziende ha investito sulla Cce, a dimostrazione di come tale ambito rappresenti ancora il punto di ttenzione per gran parte degli attori del Ssn. Il livello di utilizzo delle funzionalità però è ancora parziale, così come la loro diffusione a livello di intera struttura.

Il secondo ambito più rilevante per entità di spesa riguarda i Sistemi di front-end, su cui nel 2013 l'81% delle aziende ha effettuato una spesa per un valore complessivo di circa 38 milioni di euro, confermato anche per il 2014.

Il terzo è rappresentato dalle soluzioni Ict per la gestione amministrativa e delle risorse umane, per cui l'82% delle strutture sanitarie ha speso complessivamente circa 38 milioni di euro, con una riduzione prevista per il 2014 pari al 4%.

Seguono gli investimenti in Business continuity e Disaster recovery (36 milioni di euro), in soluzioni per la gestione informatizzata dei farmaci (30 milioni di euro) e per l'interscambio di documenti e informazioni con sistemi regionali o nazionali del fascicolo sanitario elettronico, Fse (21 milioni di euro).

Tra gli ambiti più marginali per entità di spesa, si trovano secondo il Politecnico le soluzioni di Mobile health (il 51% delle aziende ha speso nel 2013 circa 7 milioni di euro) e le soluzioni per l'assistenza domiciliare e la medicina sul territorio (il 36% delle aziende ha dedicato 10 milioni di euro), mentre nelle soluzioni Ict per l'assistenza sociale e in quelle di Cartella sociale elettronica l'85% delle aziende socio-sanitarie ha dedicato un budget complessivo di circa 7 milioni di euro nei due ambiti.

«I dati confermano come, anche per quanto riguarda l'Ict, la propensione dei decisori sia orientata maggiormente verso lo sviluppo di soluzioni destinate all'assistenza ospedaliera, mentre alle componenti territoriale e sociale sono dedicate solo poche risorse – commenta Mariano Corso -. Questa visione, incapace di guardare in modo aggregato ai bisogni dei pazienti, rende ancora più difficile la realizzazione del necessario cambiamento del sistema complessivo».

Le opportunità degli Shared services (servizi sanitari erogati centralmente) regionali
Nell'ipotesi di una totale adesione da parte delle strutture sanitarie italiane agli Shared services, ovvero i servizi sanitari erogati centralmente dalle Regioni (o da centri servizi consortili o centralizzati) e forniti alle diverse strutture sanitarie in modo condiviso, si potrebbero risparmiare complessivamente oltre 150 milioni di euro a livello nazionale. È la stima dell'indagine dell'Osservatorio Ict in Sanità che rivela come questa modalità di erogazione, al momento poco sviluppata, potrebbe garantire importanti risparmi di costo per effetto delle economie di scala, grazie a miglioramenti sull'efficienza delle infrastrutture e dei processi, e benefici organizzativi, grazie alla razionalizzazione e riallocazione delle risorse verso attività condivise nei vari centri di servizio ed aree a maggior valore aggiunto.
Tra i servizi più diffusi già erogati in modalità condivisa, ci sono le iniziative per l'erogazione di servizi al cittadino e al territorio come Cup e piattaforme di Tele-assistenza (31%), seguite dai servizi di connettività per e tra gli Enti (22%). I Cio si attendono però di disporre di una maggiore offerta regionale, soprattutto in ambiti come la gestione documentale e la conservazione sostitutiva, lo sviluppo di Data center, la centralizzazione degli acquisti di beni e servizi e i sistemi a supporto della gestione amministrativa e delle risorse umane.

La forte attenzione dei Cio sul tema "Shared services" può essere motivata dal fatto che alcune Regioni (come ad esempio: Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Friuli Venezia Giulia) si stanno già muovendo a ragionare in un'ottica di servizi condivisi e che i benefici potenzialmente raggiungibili sono estremamente interessanti.

Il mobile per la medicina generale
Insieme a farmaci e ricette, i medici di medicina generale oggi mettono in valigetta smarthone e tablet. È il mobile la nuova frontiera tecnologica a supporto delle attività professionali anche al di fuori dello medici utilizza un Pc portatile per svolgere la propria professione al di fuori dello studio, il 51% uno smartphone e il 35% un tablet. Se il livello generale di utilizzo di dispositivi mobili è già molto elevato, lo strumento verso cui c'è maggiore attenzione è però il tablet (per il 38% degli intervistati) grazie alle dimensioni superiori rispetto allo smartphone e il peso più contenuto dei Pc portatili.
Ma quali attività si compiono con questi strumenti? Innanzitutto l'invio di certificati di malattia online, come avviene già per il 28% dei medici di medicina generale. Seguono la gestione della scheda individuale del paziente (15%) e i sistemi a supporto delle visite a domicilio su smartphone e tablet (15%). Tra gli altri servizi che i medici vorrebbero utilizzare su dispositivi mobili (a fronte di un utilizzo ancora limitato, pari al 2%) ci sono i sistemi di Tele-consulto con altri medici o specialisti di strutture sanitarie (68%). La possibilità di fruire di servizi Ict in mobilità al di fuori dello studio medico spesso è resa possibile da soluzioni Cloud che consentono ai medici di accedere a informazioni sempre aggiornate e di inserire e modificare i dati sul paziente durante le visite a domicilio, utilizzando il dispositivo mobile che meglio si adatta alle proprie esigenze.

I servizi digitali dei cittadini
Il 42% dei cittadini ha fruito di almeno un servizio digitale in ambito sanitario nell'ultimo anno, con un incremento del 7% rispetto al 2013. I servizi più usati sono le app su salute e benessere (il 16% li ha utilizzati almeno una volta nell'ultimo anno), il download dei referti medici (14%), l'accesso via mobile a informazioni sui servizi di un azienda sanitaria (12%) e lo scambio di mail con il proprio medico di medicina generale (12%). Risulta basso invece il livello di utilizzo legato a strumenti di telemonitoraggio (5%).
Lo rileva l'indagine realizzata dall'Osservatorio ICT in Sanità in collaborazione con Doxa sull'opinione di un campione statisticamente significativo di 1001 cittadini in merito all'utilizzo di internet e dei servizi digitali in ambito sanitario, che a livello generale mette in luce come i servizi digitali siano maggiormente utilizzati dai cittadini del Nord Italia, laureati e sotto i 45 anni di età. Inoltre, secondo la ricerca, il 70% dei cittadini reputa che internet sia uno strumento rilevante o molto rilevante per trovare informazioni sulle strutture sanitarie e sui medici e il 69% lo ritiene utile a prevenire malattie attraverso la ricerca di informazioni che consentono di adottare uno stile di vita più sano. Tuttavia, gli italiani lo ritengono meno affidabile nel caso in cui vogliano ottenere punti di vista differenti rispetto a quelli offerti dal medico o per conoscere l'opinione di altre persone, partecipando a discussioni online.

«L'indagine indica come le informazioni reperite online, per quanto ritenute rilevanti, siano giudicate dai cittadini meno affidabili di quanto riferito dal personale medico – afferma Mariano Corso –. Per quanto riguarda i servizi più utilizzati, inoltre, l'ampia diffusione di app in ambito sanitario e la consultazione delle informazioni sanitarie tramite dispositivi mobili indicano come il mondo del mobile stia prendendo piede come importante canale comunicativo, soprattutto per gli strati più giovani della
popolazione».