Aziende e regioni

Il Cnr: attenzione a non smantellare la sanità pubblica

«Di manovra in manovra», la sanità ha già dato tanto in questi anni al risanamento dei conti pubblici. Anzi, forse ha dato troppo. Tanto che i livelli essenziali di assistenza (Lea) rischiano seriamente di essere messi in discussione e per gli italiani stanno velocemente peggiorando le condizioni «di accesso fisico ed economico ai servizi». Un pericolo tanto più grande perché sotto la tormenta della crisi crescono i bisogni e lo stress sociale. E gli italiani, impoveriti, possono sempre meno pagare di tasca propria le spese per la salute che il Servizio sanitario non riesce a garantire. A mettere in guardia una volta di più sui rischi di tenuta del sistema (più o meno) universalistico del Ssn è il Cnr che nel rapporto «Issirfa Cnr 2013» sulle regioni, edito da «Il Sole 24-Ore» e presentato oggi, traccia limiti e prospettive della nostra sanità pubblica.

Secondo il Rapporto (ANTICIPATO SU QUESTO SITO E SU IL SOLE-24 ORE SANITA':VEDI ) «Le politiche socio-assistenziali risentono, forse più ancora, della crisi economica. La materia rappresenta circa il 10% della produzione normativa regionale ma i contenuti sono cambiati sensibilmente: ferma la spinta alla crescita, ci si orienta a garantire l'esistente», ha spiegato il direttore dell'Issirfa-Cnr, Stelio Mangiameli. Il 2012 è stato un anno di grande difficoltà: la legge di stabilità ha stanziato per il Fondo nazionale politiche sociali solo 70 milioni di euro, di cui appena 10,7 destinati alle Regioni, molte delle quali continuano comunque a sostenere famiglie a basso reddito, numerose, con anziani e/o disabili, ad esempio Lombardia, Sicilia, Umbria, Bolzano, Campania, e a intervenire nell'ambito dei servizi per l'infanzia: Piemonte ed Emilia-Romagna, per esempio.

Le conclusioni del rapporto partono spiega la curatrice del capitolo sanità, Stefania Gabriele, partono da un assunto: «Tagli di spesa o stabilizzazione delle risorse, regionalismo o centralizzazione, ospedale o territori: i dilemmi fondamentali del Ssn continuano a riproporsi negli anni della crisi economica più grave del Dopoguerra, come altalene a moto perpetuo». Un altalena su cui, appunto, si confronta il rapporto anche (ma non solo) nel capitolo dedicato alla sanità. Sottolineato che in questi anni il Ssn ha contribuito largamente agli sforzi di contenimento della spesa pubblica, le conclusioni dello studio del Cnr, pur senza negare il tanto che ancora manca all'appello, evidenziano «il buon risultato in termini di spesa e di disavanzo» registrato dal Ssn a conferma di «un cambiamento importante nella gestione della sanità nel nuovo millennio» grazie a «una maggiore responsabilizzazione delle regioni». Buoni voti (o quasi), insomma. Ma attenzione, avverte il Cnr: «Questo non significa che i problemi di accountability e di trasparenza siano superati». Insomma, i buchi neri restano, eccome.

Dal punto di vista dell'analisi dei risultati, la spesa sanitaria corrente si è mediamente ridotta ed è rimasta stabile in rapporto al Pil (7%): è però aumentata tra l'1 e il 2% in Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sardegna, Trento e Bolzano, mentre è calata in Liguria (3,2%), Basilicata, Piemonte, Toscana, Marche, Molise, Campania, Puglia.
La spesa farmaceutica convenzionata è diminuita quasi del 9%, quella per il personale dell'1,4%. Il disavanzo è sceso di oltre 500 milioni (-20%) passando, in rapporto al finanziamento effettivo, dal 6,5% del 2006 al 2% nel 2012, ma la riduzione è pesata per più di tre quarti sulle Regioni con piano di rientro (Piemonte, Veneto e Lazio), mentre si è verificato un aumento in quelle a statuto speciale e nelle Province autonome.