Aziende e regioni

Ilva, parte a Taranto il processo per disastro ambientale

Si è aperta questa mattina nella caserma dei vigili del fuoco di Taranto l`udienza preliminare per l`inchiesta sul disastro ambientale causato dall'Ilva. Le accuse mosse dalla Procura di taranato: associazione per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Quindici imputati, fra cui la holding Riva Fire hanno presentato istanza di rimessione del processo per incompatibilità ambientale, perché i giudici tarantini, sotto pressione, non sarebbero sereni ed imparziali. Oscillano fra le 700 e 800 le richieste di costituzione di parte civile all'udienza.

Il Comune di Taranto, rappresentato dall`avvocato Luca Perrone, ha già pronta una richiesta di risarcimento di 10 miliardi di euro, mentre dieci milioni di euro è la richiesta di risarcimento di Legambiente. Centinaia i proprietari di case del quartiere Tamburi (che si trova proprio accanto allo stabilimento siderurgico) identificati come parti offese.

Insieme a loro chiedono di costituirsi parti civili associazioni ambientali e cittadine, le sigle sindacali confederali, il Comune di Statte, la Regione Puglia ed i ministeri di Ambiente e Salute. La procura chiede il processo per 49 imputati e tre società, fra dirigenti e rappresentanti della famiglia Riva proprietaria dello stabilimento, accusati di associazione per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari d omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Mancherà all`appello il patron Emilio Riva, scomparso il 29 aprile scorso. Tra gli imputati anche dirigenti ministeriali e numerosi politici, come il presidente della Regione Nichi Vendola e l`ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, finito in carcere a maggio 2013 per concussione. Entrambi sono accusati di aver fatto pressioni sui loro uomini per favorire l`Ilva.

Anche il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, è imputato, accusato di abuso d`ufficio per non aver agito contro l`inquinamento che mette a rischio la salute dei tarantini e l`ambiente. Alla sbarra anche il deputato di Sel Nicola Fratoianni, l'assessore regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro e il consigliere regionale Donato Pentassuglia, tutti accusati del favoreggiamento di Vendola, così come il dg di Arpa Giorgio Assennato. Rischiano il processo dirigenti regionali, professionisti ed anche un poliziotto, un carabiniere e un prelato.


La storia dell'inchiesta. L'indagine, condotta dal procuratore capo Franco Sebastio e dal pool della Procura di Taranto per i reati ambientali, è partita alcuni anni fa. La svolta il 26 luglio del 2012 quando scattarono otto arresti domiciliari e il sequestro preventivo dell'area a caldo formalmente senza facoltà d'uso, anche se la produzione non si è maiarrestata: fermare del tutto un'azienda siderurgica a ciclo integrato non è tecnicamente semplice.

Le accuse formulate erano: disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico. In pratica un disastro ambientale. Furono arrestati anche il figlio di Emilio Riva, Nicola, già presidente del cda dell'Ilva, e l'ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso.

Da quel momento è partito un lungo tira e molla: provvedimenti giudiziari, a vari livelli; alcuni decreti governativi tesi alla prosecuzione dell'attività produttiva e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, uno dei quali impugnati dalla magistratura davanti alla Corte Costituzionale, che diede ragione al governo; il lungo ed estenuante dibattito tra l'esigenza di protezione dell'ambiente e di tutela della salute e la necessità di proseguire l'attività economica ed evitare tagli di posti di lavoro; le proteste degli operai ma anche della popolazione allarmata per le perizie choccanti.

E poi ancora l'emanazione di una nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia), molto più stringente rispetto a quella rilasciata nel 2011, che però necessita di tempo per essere attuata e soprattutto di grossi sforzi economici; il piano ambientale e quello industriale, che scontano ancora grossi ritardi; il commissariamento dell'azienda; le difficoltà economiche; il disimpegno della famiglia Riva; le ipotesi di cordate straniere e italiane pronte ad acquistare la fabbrica; le procedure di infrazione dell'Unione europea; le posizioni degli ambientalisti per i quali, nonostante i limiti e la diminuzione della produzione l'impianto siderurgico più grande d'Europa continua ancora a inquinare in modo pesante.

Secondo i magistrati della Procura e il gip Patrizia Todisco, che basano le loro tesi soprattutto sulle articolate perizie scientifiche, è provata la correlazione tra inquinamento da una parte e malattie gravi, in alcuni casi con esito mortale dall'altra, soprattutto in alcuni quartieri.

A novembre del 2012 è scattata la seconda tranche dell'indagine, denominata «Ambiente svenduto» riunita al primo fascicolo di inchiesta, che ha esaminato i tentativi di pressione sulle istituzioni per ammorbidire i controlli sullo stabilimento e alleggerire le norme ambientali. Furono coinvolti nella veste di indagati il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola (accusato di concussione aggravata), il sindaco Ippazio Stefano (abuso d'ufficio), il direttore dell'Arpa Giorgio Assennato, l'assessore regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro, il deputato Nicola Fratoianni, un funzionario ministeriale, dirigenti regionali, un consigliere regionale, tutti con accuse meno gravi.

Tra i destinatari del provvedimento di arresto l'altro figlio di Riva, Fabio che da quel momento si trova a Londra, in libertà vigilata e in attesa di estradizione, l'ex presidente della Provincia Gianni Florido, l'ex assessore provinciale all'Ambiente Michele Conserva e l'ex responsabile delle pubbliche relazioni dell'azienda Girolamo Archinà, un professore universitario, ex perito della Procura Lorenzo Liberti. Imputato anche l'ex presidente di Ilva Bruno Ferrante nominato nel 2012 quando si stava approssimando la tempesta giudiziaria.

Il processo però potrebbe essere trasferito a Potenza. Infatti una quindicina di imputati tra cui i membri della famiglia Riva e gli ex dirigenti dello stabilimento siderurgico (compreso il cosiddetto 'governo ombra' dei fiduciari), oltre alle tre aziende, hanno presentato una istanza di rimessione ad altra sede per incompatibilità ambientale. La decisione verrà presa dalla Corte di Cassazione ma oggi il gup potrebbe consentire l'inizio della costituzione delle parti prima dell'invio degli atti oppure far discutere le varie parti e prima della sentenza mandare gli atti alla Suprema corte.