Aziende e regioni

INTERVISTA/ Francesco Ripa di Meana (Fiaso): «La mia sfida: aziende al centro»

di Rosanna Magnano

Dal suo precedente mandato, tra il 2006 e il 2009, tutto è cambiato. Ma hanno scelto ancora lui. Francesco Ripa di Meana, direttore generale dell'Ausl di Bologna, tra le più grandi d'Italia, è di nuovo presidente della Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso). Nel frattempo ci sono stati i tagli e il rompicapo della sostenibilità è sul tavolo di ogni manager. C'è il nuovo Patto per la salute. «È un bene», dice, ma per le aziende sanitarie, deputate a realizzarlo, «è arrivato il momento di mettere le carte in tavola». Anche perché nell'intesa, a parte le istruzioni su come defenestrare il dg che non raggiunge gli obiettivi, il ruolo delle aziende resta un po' tra le righe.

Che ne pensa presidente ?

Il patto è un atto di programmazione alto, che riguarda Stato e Regioni e non non possiamo non apprezzarlo. Finora abbiamo sempre avuto leggi spot, che avevano un titolo ma spesso trattavano di materie completamente diverse. Ora finalmente c'è una visione complessiva. È normale che non si parli di noi perché le aziende devono realizzare questo patto e verificarne la fattibilità. Eseguiamo, non giudichiamo. Ma senza le aziende gran parte di questa intesa non si potrebbe realizzare.

È sulla difensiva?

Io da manager vedo il bicchiere mezzo pieno e la mia è una sfida. Le aziende sono «in pieno patto» ormai da due anni. Con i tagli che la sanità ha dovuto affrontare, ne abbiamo già anticipato molti dei contenuti. Possiamo fornire esempi di successo nella ristrutturazione delle reti ospedaliere, negli accorpamenti aziendali, nell'assistenza extraospedaliera, con le Uccp e gli ospedali di comunità. Solo le aziende possono includere nella spending review interventi di riorganizzazione. E chi ne rappresenta 120 può dare un contributo fondamentale all'attuazione del patto. L'alternativa sono i tagli orizzontali e il crollo del sistema.

L'esperienza della sua Asl è stata un laboratorio importante. Ma le aggregazioni funzionano sempre?

Come Fiaso abbiamo fatto, tempo fa, una ricerca sulle dimensioni ideali dell'azienda. Non esiste una ricetta valida per tutti. Le aggregazioni funzionano laddove ci sono le condizioni per pensare a una governance di tipo locale in cui ci sono una testa e una coda. Diverso se l'accorpamento porta a una semplice somma di strutture. Le dimensioni troppo grandi possono allontanare chi governa dal contatto con i professionisti e con il territorio e far perdere prossimità con i cittadini. Ci possono essere semplici aggregazioni amministrative di aziende che non necessitano di una direzione manageriale. Per gli accorpamenti ci sono dei caveat. Cambiare una cucitrice può portare dei risparmi ma se un chirurgo ne usa un'altra da tanto tempo la scelta non è automatica e va fatta a livello aziendale.

Quindi neanche la centralizzazione degli acquisti a livello nazionale e regionale può essere la medicina giusta contro gli sprechi?

Il processo di razionalizzazione degli acquisti è stato molto più lungo e faticoso di quanto ci aspettavamo. Ha dato i suoi frutti. Ma comprare servizi e protesi o matite e penne non è la stessa cosa e questa generalizzazione complessiva infastidisce. I risparmi non si giocano sulle siringhe e sulle garze, si può fare un buon governo della protesi, ma bisogna andare sul tecnico, con l'aiuto dei professionisti. Il livello regionale è l'unico nel quale le specificità dei professionisti possono essere raccolte in una gara. Io penso che tra Consip e aggregati regionali abbiamo imparato molto a non fare operazioni che portano ad avere tutti i gatti grigi. L'eccessiva banalizzazione mi fa paura. Trovo invece giusto che le aziende comprino sempre meno da sole. Da noi abbiamo trovato il giusto mix sovraziendale medio in cui il governo delle gare consente di coinvolgere i professionisti, che poi è la chiave dell'appropriatezza.

Sul fronte della governance, la differenza spesso la fanno le persone. Che ne pensa del tentativo di riscrivere le regole sulla selezione dei dg, sulla formazione ma anche sulla valutazione (conferma o revoca) rigidamente ancorata ai risultati? I manager sono sotto attacco?

Diciamo che non ci è stato mai risparmiato niente, siamo stati assimilati alla peggiore politica. E tutto questo parlottare male non è accettabile né giustificato. Chiariamo: lavorare per la qualità del management è doveroso e va a favore delle aziende. Ma se questa non presenza nel patto delle aziende significa che se ne vuole fare a meno, si sta facendo un errore madornale. In questi 20 anni si è creata una classe manageriale interna distinta dalla parte professionale e che funziona, un universo di persone che sanno gestire i processi di riorganizzazione e che si sono formati sul campo. Attenti alla formazione: abbiamo avuto formatori che ne sapevano meno di noi. Ormai i professionisti si affidano ai manager. L'idea di sostenibilità ha cambiato tutti. Siamo già usciti dai tagli orizzontali alla fine degli anni 80, c'è stata una delegittimazione rovinosa. Ora fare a meno delle aziende e non valorizzare questo management sarebbe un calamitoso ritorno indietro. C'è bisogno di un chiarimento finale: abbiamo portato dei buoni risultati o no? Se la crescita della spesa sanitaria italiana è tra le più basse nei Paesi Ocse, la medaglia va alle aziende. Siamo nominati dalla politica e ne andiamo fieri, però ci devono rispettare. Io in questo mandato mi do tempo un anno: o entro il 2015 l'azienda ritorna al centro oppure, se si vogliono di nuovo i funzionari amministrativi, Fiaso non avrà ragione di esistere.

Il problema non è il mandato fiduciario della politica, sono le complicità clientelari e la corruzione, che purtroppo esistono e non tutte le Regioni hanno raggiunto i risultati dell'Emilia Romagna o della Toscana o della Lombardia...

I manager autorevoli non si fanno condizionare dalla cattiva politica. E anche nelle Regioni con i piani di rientro, quelle dove ci sono le maggiori difficoltà, i colleghi hanno fatto grandi sforzi per avvicinarsi a risultati irraggiungibili e la loro azione è stata ancora più preziosa. Non è vero che niente è migliorato. In oncologia, a esempio, non si può affermare che i viaggi della speranza sono gli stessi di vent'anni fa. Ora c'è una rete oncologica in ogni Regione, anche grazie a scelte politiche e al sacrificio di professionisti. Con questo patto, che fissa risorse certe, le Regioni potranno superare le distorsioni della spesa storica. Abbiamo tutti imparato a spendere meglio e sappiamo tutti che il sistema dovrà essere più leggero.

A proposito di leggerezza: il patto nel patto. La sanità digitale. Si prevedono investimenti per 4 miliardi, aperture ai privati e una tabella di marcia molto serrata...

I nostri sistemi informativi sono incredibilmente evoluti. C'è la tessera sanitaria, in molte nostre aziende c'è già la firma digitale e voglio vedere a che punto sono gli altri settori della pubblica amministrazione... certo passare da una prestazione singolare a una longitudinale spinge a una continua necessità di immagazzinare e gestire dati. Serve un fascicolo sanitario unico, ma serve il know how e non è facile trovarlo per le specificità della sanità. Questo è un momento magico per l'e-health. Ma mi auguro che non si voglia buttare via tutto quello che abbiamo già fatto a livello regionale e pensare che la soluzione arrivi all'improvviso dall'esterno. Governo e responsabilità devono essere chiare: non dimentichiamo che i dg non sono solo quelli che devono comprare bene, sono anche i responsabili legali della privacy dei pazienti. Quindi il controllo del processo di digitalizzazione e del sistema informativo deve restare a livello aziendale.

Un'ultima domanda sul nodo salute-ambiente. Che ruolo hanno avuto e possono avere i Dipartimenti per la prevenzione nelle aree più difficili?

A mio parere il referendum che ha tolto alla sanità la competenza sui controlli ambientali è stato un errore. Separare i due ambiti ha esposto molte Regioni a una divaricazione tra Arpa e Asl e creato spazi per un'infiltrazione diffusa dell'illegalità e di comportamenti contrari all'etica. In alcune Regioni il Rapporto con le agenzie di protezione ambientali è ottimo, ma il problema esiste. In generale, la prevenzione è stata rafforzata molto. Sul rischio cardiovascolare, sul fumo, sugli screening, sull'obesità sono stati fatti grandi passi avanti, anche a livello di Mmg. Certo le tematiche ambientali sono rimaste scoperte. Da giovane ero sostituto ufficiale sanitario e le assicuro che le cose funzionavano meglio.