Aziende e regioni

Eterologa, le Regioni sono partite. Ma Lorenzin rilancia sulla legge

di Barbara Gobbi

Detto fatto. Una volta sdoganate dalla Conferenza Stato-Regioni, giovedì scorso, lelinee d'indirizzo per la procreazione eterologa in tutta Italia, le singole Giunte sono immediatamente partite con delibere e provvedimenti ad hoc. Era stata la Toscana, nel luglio scorso, a bruciare le tappe approvando il testo che ha tagliato corto sugli indugi di governo e ministero, tutt'ora alla ricerca di una via parlamentare. Su quella traccia, con la benedizione della Conferenza, ora si muovono i singoli governatori. La Liguria ha varato i propri indirizzi venerdì, mentre l'Emilia Romagna ha già annunciato che con delibera in questi giorni definirà il via agli interventi in 21 centri regionali. Le Marche hanno deciso oggi, mentre in Veneto, Umbria e Lombardia è solo questione di giorni.

Tutte le strutture autorizzate a interventi di procreazione omologa sono abilitate per l'eterologa, così come si conferma il paletto - sempre in analogia con i criteri per l'omologa - dei 43 anni di età perché la donna ricevente possa effettuare l'intervento in ambito Ssn, cioè gratuitamente o pagando un ticket. Proprio il fronte dei costi è l'aspetto che resta più sfumato rispetto ai contenuti, per lo più molto tecnici - dall'età dei donatori alle caratteristiche degli screening per donatori e riceventi -: una volta deciso che tutti gli interventi di procreazione medicalmente assistita (pma) andranno inserititi nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) da rivedere entro dicembre, occorre stabilire la copertura finanziaria. Nelle Regioni in cui si prevede di pagamento di un ticket, la cifra si aggira comunque tra i 500 e i 600 euro. A indicare la linea da seguire è Luca Zaia, il governatore del Veneto, che varerà la delibera domani: «La nostra proposta è quella di avere dei costi popolari, accessibili a tutti, in maniera tale che la fecondazione eterologa non diventi una cosa esclusiva, solo per chi può permettersela», con alternative possibili che vanno da una proporzionalità del ticket in base al reddito al pagamento di una quota simbolica.

La ministra della Salute Beatrice Lorenzin, pur plaudendo alla scelta dei governatori di regolamentare la materia con un provvedimento-tampone che attuasse lasentenza 162/2014 con cui la Consulta ha bocciato il divieto di eterologa fissato dalla legge 40 del 2014, non si stanca di ripetere che la risposta definitiva al problema, pure sul fronte dei costi, dovrà essere di rango primario. Dovrà cioè tradursi in una legge, di cui peraltro Lorenzin ha già tracciato i cardini in unalettera inviata l'8 agosto scorso a deputati e senatori. Una legge del Parlamento in materia di fecondazione eterologa «è necessaria, assolutamente fondamentale per realizzarla in modo omogeneo e soprattutto in sicurezza», ha quindi spiegato Lorenzin a margine dei lavori di Magna Carta Summer School 2014, in corso a Frascati. «Una legge - ha aggiunto la ministra - che possa quindi garantire una copertura finanziaria a lungo tempo». Pur definendo «saggia» la scelta delle Regioni di far da sé, almeno per il momento, il provvedimento presenterebbe aspetti critici, da rivedere.