Aziende e regioni

Fiaso: inefficienti i sistemi di finanziamento di Asl e ospedali

di Ernesto Diffidenti

Dietro i fallimenti delle spending review condotte a colpi di tagli lineari c'è un rovescio della medaglia: quello delle inefficienze dei sistemi di finanziamento di Asl e ospedali, che certo non aiutano la sostenibilità e il buon governo della nostra sanità pubblica. A indagare sulle modalità di riparto dei fondi sanitari negli anni 2011 e 2012 è il laboratorio della Fiaso, la Federazione di Asl e Ospedali, che ha pubblicato la ricerca «I sistemi di finanziamento regionali della Aziende sanitarie e ospedaliere», condotta con il supporto scientifico del Crea Sanità dell'Università Tor Vergata di Roma.

Un cronico ritardo Secondo il report i fondi alle Asl e agli ospedali sono ancora ancorati alla spesa storica anziché ai fabbisogni reali del territorio e dei servizi offerti mentre la ripartizione delle risorse procede al di fuori della programmazione dei Piani sanitari regionali. E ancora: secondo la ricerca sono troppi i ritardi sulla concreta assegnazione dei finanziamenti (spesso arrivano a fine esercizio se non nell'anno successivo) mentre il sistema di remunerazione tariffaria (Drg) degli ospedali copre da un modesto 30% a un massimo del 70% dei costi reali della prestazione. Il tutto senza alcuna premialità rispetto all'efficienza gestionale e alla qualità dei servizi resi ai cittadini.
«Il ruolo delle Regioni nel finanziamento di Asl, Ao e Irccs - commenta il presidente Fiaso, Francesco Ripa di Meana - vive di una tensione tra tre differenti esigenze: una logica di incentivazione all'efficienza, e quindi all'utilizzo razionale ed efficace delle risorse, il bisogno di mantenere l'equilibrio finanziario, resosi ancora più stringente negli anni della spending review, e la necessità di garantire l'erogazione di un servizio irrinunciabile e universale, a tutela del diritto alla salute». Occorre, dunque, procedere «all'aggiornamento e alla revisione delle tariffe di rimborso per prestazione, così come alla loro estensione oltre gli ambito copere sino a oggi e cioè, principalmente, ricoveri e specialistica ambulatoriale».

I piani regionali
Secondo il rapporto Fiaso la ripartizione dei fondi tra le aziende sanitarie avviene in quadro di programmazione definito dai Piani sanitari regionali (Psr) solo in 9 Regioni: Valle d'Aosta, Lombardia, Friuli, Lazio, Campania, Sicilia, Veneto, Marche e Basilicata. E soltanto Valle d'Aosta, Lombardia, Province autonome di Bolzano e Trento, Friuli-Venezia Giulia, Molise e Basilicata approvano la ripartizione prima della fine dell'anno.
La Toscana, nel 2011 e nel 2012, ha approvato la delibera di ripartizione poco dopo l'inizio dell'anno di competenza. Altre Regioni, invece, approvano la delibera entro il 1° semestre dell'anno, testimoniando almeno uno sforzo per regolarizzare il processo di programmazione (in entrambi gli anni Emilia-Romagna e Marche, nel 2011 Liguria e Campania, nel 2012 il Lazio) mentre altre fanno slittare l'approvazione al 2° semestre sostenendo un modello di programmazione che prevede un finanziamento basato di fatto sulla spesa storica (in entrambi gli anni Piemonte, Veneto, Umbria, Puglia, Sardegna, nel 2011 Lazio e Calabria e nel 2012 la Liguria). Qualche Regione approva la ripartizione addirittura l'anno successivo a quello di competenza (nel 2012 Campania e Calabria).

Tempi lunghi per le delibere
Un quadro che la ricerca definisce «non del tutto rassicurante», sia per il regime di scarsa chiarezza sulle risorse disponibili nel quale sono costrette a operare le aziende, sia per il fatto che ai tempi lunghi delle deliberazioni corrispondono spesso anche ritardi nei trasferimenti di cassa che non poco incidono sui ritardati pagamenti dei fornitori di Asl e Ospedali. «Il modello di finanziamento disegnato dalla legge 833 del '78 - conferma il coordinatore della ricerca, Federico Spandonaro del Crea - è basato sulla valutazione di costi e benefici. Ma così non è stato e ancora oggi le delibere Cipe riproducono un meccanismo basato sulla spesa storica che tende a premiare le gestioni più inefficienti, ricomprendendo nel termine sia l'inefficienza tecnica che quella allocativa delle risorse stesse».