Sentenze

Vertenza Groupon-Fnom: dal Consiglio di Stato un altro riconoscimento delle tesi della Federazione

di Luigi Conte (segretario nazionale Fnomceo)

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24 Esclusivo per Sanità24

La recente ordinanza del Consiglio di Stato che ha sospeso l'esecutività del versamento della sanzione pecuniaria a carico della Fnomceo nell'ambito del contenzioso dell'Antitrust, ha dato vita ad una serie di interpretazioni, chiaramente di parte, che nulla hanno a che vedere con il reale problema di cui occorre comprendere i veri aspetti.
L'ordinanza del 17 giugno 2015 è stata emanata nell'ambito cautelare ed ha sospeso l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria già ridotta dal Tar Lazio in sede di primo grado con sentenza n. 0943/2015.
Nessun trionfalismo: lo stesso Consiglio di Stato riconoscendo che le questioni sollevate dal ricorso della Fnomceo richiedono un approfondimento, ha rinviato ad una successiva udienza fissata al 10 novembre 2015 l'esame del merito della questione.
Gli articoli del Codice Deontologico sulla pubblicità dell'informazione sanitaria, oggetto della contestazione che ha portato al provvedimento dell'Antitrust contro la Federazione, continuano a rimanere sub iudice anche se è auspicabile che, nel merito, le posizioni della Fnomceo possano essere accolte dal Consiglio di Stato.

L'impegno della Federazione nella vicenda, quindi, continua ma è innegabile che, dopo la sentenza del Tar Lazio che aveva dimezzato la sanzione irrogata portandola da 831.816,00 euro a 415.908,00 euro, con il provvedimento dell'Antitrust del 4 settembre 2014, si aggiunge un altro elemento positivo attraverso il riconoscimento delle tesi della Federazione a supporto della richiesta di sospensiva della sanzione pecuniaria.
E' innegabile, però, che finalmente appaiono segnali importantissimi di riconoscimento delle tesi della Federazione e degli Ordini che, quali enti pubblici, nell'assolvimento dei compiti loro attribuiti per legge , si preoccupano di tutelare non interessi corporativi ma il valore costituzionale della tutela della salute.
Sono, quindi, del tutto fuorvianti quelle interpretazioni che pure abbiamo letto che sostengono che dopo l'ordinanza del Consiglio di Stato, il merito della questione sia definitivo e che gli Ordini non possano più svolgere le loro funzioni nel campo disciplinare anche per quanto concerne eventuali violazioni alle regole sulla pubblicità sanitaria.

Quello che va precisato è che l'Ordine deve preoccuparsi di garantire i cittadini troppo spesso aggrediti da forme di pubblicità sanitaria che hanno il solo scopo di indurre all'acquisto indiscriminato in una situazione che, a causa dell'innegabile asimmetria informativa, non consente al cittadino stesso alcuna seria valutazione sulla veridicità e correttezza dei messaggi che gli pervengono.
E' sempre più necessario che le istituzioni legislative/giudiziarie decidano una volta per tutte una gerarchia di valori definendo se è prevalente il diritto alla tutela della salute attraverso la sicurezza delle cure o la difesa ad ogni costo della concorrenza e del libero mercato che ha come punto di riferimento esclusivamente l' interesse economico.

Nel concludere, per contestare ancora una volta l'assunto in base al quale gli Ordini non avrebbero più alcuna competenza nel campo della valutazione della pubblicità sanitaria, compito che dovrebbe spettare all'Antitrust e alla magistratura, riportiamo quanto stabilito nell'art. 10 del DLgs 9/04/2003 n. 70 che attua la direttiva 2000/31/CE relativa ai servizi della società dell'informazione nel mercato interno , con particolare riferimento al commercio elettronico.
L'art 10, infatti, stabilisce testualmente: “L'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi”.

Ma vi è di più: il primo comma dell'art 18 della normativa appena citata, stabilisce : “le associazioni o le organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori promuovono l'adozione di codici di condotta che trasmettono al Ministero delle attività produttive ed alla Commissione Europea, con ogni utile informazione sulla loro applicazione e sul loro impatto nelle pratiche e consuetudini relative al commercio elettronico”.


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