Sentenze

Vaccini: se la procedura è corretta, non c’è danno

di Patrizia Maciocchi

Niente risarcimento per il danno imprevisto riportato dopo una vaccinazione obbligatoria se il medico ha fatto l'iniezione in maniera corretta. La Corte di cassazione, con la sentenza 21177/2015, depositata ieri, ha respinto il ricorso di una signora napoletana che chiedeva alla Asl un “indennizzo” per i postumi permanenti insorti dopo che si era sottoposta alla vaccinazione obbligatoria antitifica. L'intramuscolare eseguita da una dottoressa aveva, infatti, toccato e danneggiato il nervo circonflesso.
Ma la domanda della ricorrente viene respinta in tutti i gradi di giudizio, con una motivazione che la Suprema corte sottoscrive.
Nessuna responsabilità poteva essere addebitata al medico che aveva somministrato il vaccino e di conseguenza alla Asl, perché l'iniezione era stata fatta in modo tecnicamente corretto e nel rispetto del protocollo. La causa dell'incidente doveva essere attribuita alla caratteristica del nervo che varia da persona a persona. Né è ipotizzabile che la dottoressa fosse tenuta a eseguire altri e più complessi accertamenti preventivi prima di eseguire «una pratica routinaria».
Una conclusione che non cambia anche se è accertata l'esistenza di un nesso causale tra la vaccinazione e il danno riportato dalla paziente. Il binomio che apre la strada al risarcimento non è utile allo scopo se viene esclusa qualunque responsabilità colposa nel provocare l'evento.
Nel caso esaminato - sottolineano i giudici - neppure la ricorrente aveva attribuito alla dottoressa la responsabilità di una manovra errata.

Danno imprevedibile
Il danno è dovuto al caso fortuito «ovvero all'andamento variabile e talvolta imprevedibile del nervo circonflesso». Un'incognita fuori dalla sfera di controllo della professionista.
Sempre ieri la Cassazione è tornata sulla responsabilità medica. Con la sentenza 21175 la Suprema corte ha respinto il ricorso dei congiunti di un uomo morto in seguito all'applicazione di tre by pass coronarici. Secondo i ricorrenti il modulo per il consenso informato era stato alterato, elevando l'originario rischio dal livello 0 al livello 1. Per i giudici però la variazione non è significativa perché 1 e 0 possono essere considerati “valori” omogenei. Gli “stadi” del rischio spaziano, infatti, da 0 a 39 e il livello iniziale dal quale il rischio può essere valutato come alto è il sei.
Sulla decisione pesano anche le condizioni di partenza, già compromesse del paziente, per il quale l'intervento benché programmato e non di urgenza, era comunque necessario. Un elemento che fa perdere rilevanza alla non completa informazione. Nè era ipotizzabile che l'uomo avrebbe rifiutato l'operazione se informato del diverso fattore di rischio.


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