Sentenze

Asl non obbligata ad assicurare, l’equipe chirurgica risarcisce l’erario

di Paola Ferrari, avvocato

Turni di lavoro massacranti, mancata attenzione alle procedure e assenza di copertura assicurativa ospedaliera all’origine di un errore che ha determinato la condanna dei componenti dell’équipe chirurgica di un ospedale lombardo. I cinque operatori, medici e infermieri, dovranno risarcire in solido all’erario 28mila euro.

«La stipula di una polizza della responsabilità civile, afferma la Corte dei conti della Lombardia nella sentenza n. 173/2015, depositata il 14 ottobre, gravante su un’azienda ospedaliera non può tradursi nell’attribuire ai dipendenti di quell’azienda il diritto a un’integrale operatività della copertura assicurativa in qualsivoglia situazione; ovvero nello scriminare la loro responsabilità. Né, tanto meno, può qui opinarsi riguardo all’entità della franchigia annua insufficiente a coprire tutti i danni». In ragione di ciò, «il dipendente che commette un errore per negligenza e colpa grave che provoca un danno alla paziente deve risarcire l’ospedale».

Un’opinione destinata a far scuola e che getta benzina sul fuoco sul contenzioso che oppone la parte pubblica ai suoi sanitari.

I fatti. La paziente aveva subito la rottura di una sutura chirurgica intestinale ed era stata operata d’urgenza. A seguito dell’intervento nell’addome era stata riscontrata la presenza di una garza che le aveva cagionato «rilevanti pregiudizi all’integrità psicofisica con postumi permanenti»). Pertanto l’azienda aveva sborsato 33mila euro di risarcimento. È stato appurato che dalla scheda di controllo garze risultava omesso l’esatto conteggio. Non risultava neppure compilata la scheda computerizzata di controllo che avrebbe permesso di “quadrare” il conto delle garze e la radiografia di controllo postoperatoria. A distanza di quattro mesi la paziente che nel frattempo aveva contratto una fistola cutanea con ascesso e una peritonite, era stata nuovamente operata e, finalmente, le era stata rimossa la garza. I sanitari dell’équipe si difesero sostenendo di aver lavorato per ben quattordici ore prima dell’operazione e di essere stati inclusi nell’intervento d’urgenza senza neppure essere di reperibilità.

Per quanto riguarda la suddivisione di responsabilità in base ai compiti, afferma il collegio, «può operarsi una summa divisio tra le mansioni dei cinque convenuti (primario, due chirurghi, ferrista e infermiere), atteso che l’utilizzo delle garze nell’addome della paziente era demandato ai tre chirurghi i quali avevano anche il compito di controllare la paziente durante l’intervento, nonché pretendere l’uso corretto del software di controllo e procedure di sicurezza successive, mentre il conteggio rientrava tra i compiti innanzitutto dello strumentista e dell’infermiere che, per prassi ospedaliera, dovevano firmare congiuntamente la scheda».

Il rischio “da assenza di copertura”. Personale sanitario lasciato senza rete in ragione della formulazione dell’articolo 28 del Dpr 20 dicembre 1979, n. 761 secondo il quale le unità sanitarie locali “possono” e non “devono” garantire anche il personale dipendente, mediante adeguata polizza di assicurazione. L’assicurazione come “mera possibilità” che, visti i premi sempre più alti ha portato le aziende a ridurre o non sottoscrivere le polizze assicurative e a creare una nuova categoria di rischio con il quale medici e pazienti dovranno fare i conti.

Paola Ferrari

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