Sentenze

Cassazione: la Pa deve garantire l’effettiva fruibilità dei buoni pasto ai dipendenti disabili

di Paola Rossi

L’amministrazione è inadempiente e deve risarcire i danni al dipendente disabile se gli eroga dei buoni pasto che non risultano utilizzabili in rapporto alle proprie condizioni fisiche. La Corte di cassazione con la sentenza n. 14388/16, depositata ieri, ha così dato ragione a un dipendente dell'Agenzia delle entrate. Al contrario dei due giudici di merito, che avevano solo rilevato il carattere assistenziale e non retributivo del beneficio, ma senza trarne le dovute conseguenze soprattutto sotto il profilo della sua concreta spendibilità per il pasto che rientra nella giornata lavorativa. La sentenza fornisce un'interpretazione autentica ed evolutiva del contratto di lavoro del comparto dei ministeri che viene integralmente riprodotto anche nella normativa di settore delle Agenzie fiscali.

L'inquadramento dei ticket
Nel caso concreto al lavoratore non vedente l'Agenzia erogava dei buoni pasto che non venivano accettati né nella mensa interna all'ufficio né negli esercizi commerciali limitrofi. Rendendo di fatto inutilizzabili tali buoni per la consumazione del pasto prima e dopo il quale si svolge l'attività lavorativa. La Corte ha precisato che gli ormai diffusissimi ticket sono non parte della retribuzione, ma un beneficio a carattere assistenziale finalizzato a consentire il benessere del dipendente facilitandone anche il pasto. Quindi per i dipendenti disabili è onere del datore di lavoro garantirgliene la fruizione anche tenendo conto delle sue specifiche esigenze o di più generali circostanze di fatto.

La garanzia della fruibilità
L'obbligo per il datore discende da norme italiane, europee e internazionali. In primis, l'articolo 3 della Costituzione che nell'affermare il principio di uguaglianza determina la necessità di adottare tutti gli strumenti per garantirla a chi si trovi in situazioni peculiari. Viene poi in rilievo la direttiva 2000/78/Ce che impone di combattere qualsiasi discriminazione in ambito lavorativo, ma l'Italia è stata condannata dalla Corte Ue proprio per l'inadeguato recepimento, non avendo imposto come obbligo ai datori di lavoro di adottare provvedimenti efficaci e pratici per garantire parità di condizioni ai dipendenti con specifiche esigenze legate anche alla disabilità. Per adeguarsi alla sentenza l'Italia ha modificato il Dlgs 216/2003 di attuazione della direttiva prevedendo l'obbligo di accomodamenti ragionevoli da parte dei datori pubblici e privati a favore dei lavoratori con handicap e, inoltre, per le amministrazioni pubbliche ha previsto che tali «accomodamenti» avvengano senza aggravi di spesa. Infine, ma non meno importanti per fondare la decisione sono la specifica convenzione Onu ratificata anch'essa dall'Italia e la consolidata giurisprudenza della Cassazione in materia.

L'interpretazione del contratto
La Cassazione precisa nella sentenza che - tenuto conto delle norme e della giurisprudenza che ne ha fatto applicazione - l'articolo 4 dell'Accordo di concessione dei buoni pasto del comparto ministeri recepito per le Agenzie fiscali va interpretato nel senso che le amministrazioni datrici di lavoro devono fornire ai lavoratori disabili dei buoni pasto che risultino materialmente fruibili in relazione alle loro condizioni altrimenti sono tenute a risarcire loro i conseguenti danni.


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