Sentenze

Corte conti: perizie assicurative non autorizzate, medico Inps condannato

di Paola Ferrari (avvocato)

Il medico Inps che svolge attività libero-professionale non autorizzata, si applica l’articolo 53 del Dlgs 30 marzo 2001, n. 165 e, in particolare, i commi 7 e 7-bis (introdotto dalla legge dalla legge 190/2012), dove si prevede che il compenso percepito dal dipendente pubblico, per altro lavoro svolto in incompatibilità o senza autorizzazione, deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato a incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

Questa è l’opinione espressa dalla Corte dei conti della Campania nella sentenza 482/2016, depositata il 14 settembre, che ha condannato il medico legale Inps a rifondere all’ente la somma di euro 170mila oltre a rivalutazione. Nell’atto di citazione, l’Organo requirente contestò al dipendente di avere svolto attività libero-professionale come medico-legale per conto di alcune compagnie assicurative, oltre l’orario di lavoro, anche dopo un espresso diniego da parte dell’Inps del datore di lavoro che gli aveva respinto l’autorizzazione alla libera professione.

Secondo il lavoratore, invece, i medici sarebbero sottratti al regime dell’incompatibilità secondo cui, sin dal 1997, i dottori degli enti pubblici non economici, tra cui l’Inps, in virtù dell’asserita, piena equiparazione con i medici del Ssn, sarebbero sottratti ex lege al regime ordinario di incompatibilità e di cumulo di impieghi del personale dipendente dalle Pubbliche amministrazioni, in base alle disposizioni contenute nella normativa all’uopo richiamata (articolo 4 della legge 412/1991, articolo 4 del Dlgs 502/1992, legge 662/1996, messaggio Inps 595/97 e successive proroghe) dei termini per l’opzione tra attività libero-professionale intra ed extra-moenia scelta, quest’ultima, fatta dal medico. La predetta disciplina speciale, di conseguenza, ai sensi del comma 6 dell’articolo 53 del Dlgs 165/2001, esonererebbe dal regime autorizzatorio preventivo i medici Inps.

Tesi respinta dalla Corte dei conti, secondo la quale il nuovo regime introdotto dalla legge 190/2012, configurante all’evidenza una responsabilità peculiare di carattere squisitamente sanzionatorio, è stata novellata, come anticipato, dalla legge 190/2012, con l’introduzione, dopo il primo periodo, dell’inciso, ancor più rigoroso: «Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi».

Una posizione questa, ampiamente criticata anche dalla Fnomceo, la quale in una lettera inviata all’Inps in data 6 maggio 2016, faceva presente che i medici Inps non sono equiparati ai dipendenti amministrativi, bensì a quelli del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’articolo 13 (personale medico enti previdenziali) della legge 12 giugno 1984, n. 222, che esplicitamente stabilisce che al «personale medico degli enti previdenziali si applicano integralmente gli istituti normativi previsti per i medici dalle norme di cui all’articolo 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833» (istituzione del servizio sanitario nazionale). Una vicenda che farà ancora parlare di sé in futuro.


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