Sentenze

Consulta a gamba tesa su legge Madia, addio all’albo manager. Zaia: «I dg non arriveranno da Roma». Renzi: «un Paese bloccato»

di Lucilla Vazza

Il Veneto fa le pulci alla legge di riforma della Pa e ricorre alla Corte costituzionale, che accoglie parzialmente i rilievi e, oggi, depositata la sentenza, il risultato è lo stop alla legge Madia sulla pubblica amministrazione. I giudici chiariscono che per le materie oggetto dei rilievi (tra cui la sanità) serve l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni per procedere con i decreti attuativi della riforma, non basta cioè il parere consultivo della Conferenza delle Regioni come previsto dalla legge Madia.

Il cammino della riforma va in stand by
Ieri il consiglio dei ministri aveva approvato i decreti delegati e si attendeva la firma del capo dello Stato. A questo punto, i decreti vanno riscritti sulla base delle indicazioni della Consulta. Per il premier Matteo Renzi si tratta di una battuta d’arresto «che blocca il Paese». Per il Veneto promotore del ricorso è una vittoria: «Una sentenza storica, siamo stati l'unica Regione d'Italia a portare avanti le nostre convinzioni contro il centralismo del Governo».

La sentenza della Consulta, depositata oggi (n. 251/2016), interviene a giudicare la legittimità costituzionale di alcune norme della legge di riforma delle amministrazioni pubbliche (legge Madia n. 124/2015), su ricorso della Regione Veneto, facendo saltare i decreti attuativi della Riforma Pa approvati ieri dal Cdm. Sotto esame le norme su cittadinanza digitale, dirigenza pubblica, lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni , partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche, servizi pubblici locali di interesse economico generale, ma per la sanità il punto focale è rappresentato dalle norme sulle nomine dei manager delle aziende sanitarie e ospedali e la creazione dell’albo dei dg.

È tutto da riscrivere
E dunque è tutto da rifare. La pronuncia porta la data del 9 novembre, ma solo oggi è arrivato il deposito. E alle 24 di oggi scatta il termine per la firma del capo dello Stato: troppo poco margine per correggere i decreti delegati. Per la sanità, si dovrà rimettere mano alle norme che prevedevano l’istituzione dell’Albo biennale dei dg: anche in questo caso il parere della Conferenza delle Regioni non è sufficiente, visto che la materia della sanità è tra quelle in cui la concorrenza è ripartita tra lo Stato e le Regioni. La delega resta però in mano al Governo, che potrà correggere il tiro e riscrivere le parti contestate.
Le norme impugnate delegano infatti il Governo ad adottare decreti legislativi per il riordino di numerosi settori inerenti a tutte le amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e degli enti locali, in una prospettiva unitaria.

Renzi: un Paese bloccato
«Oggi la Consulta ha dichiarato parzialmente illegittima la norma sui dirigenti perché non abbiamo coinvolto le Regioni. Questo dimostra che siamo un Paese bloccato». Così Matteo Renzi, a Verona, ha commentato la decisione della Corte Costituzionale, riferendosi agli effetti della revisione del titolo V nella riforma istituzionale.

Sotto la lente della Consulta
La richiesta di verifica nei singoli settori doveva fare chiarezza sulla violazione delle competenze regionali. La riforma Madia, per il Veneto «con un’insensata logica di centralismo», prevedeva che non fosse più la Regione a nominare i direttori generali delle aziende ospedaliere regionali, ma che questi fossero imposti alla Regione da una commissione di nomina governativa. Una “prevaricazione” che non è andata giù alla Regione di Zaia perché le regole, di fatto, avrebbero potuto imporre la nomina di dirigenti provenienti da regioni altamente inefficienti «minando in radice, davvero senza alcuna adeguata ragione che lo giustificasse, l'eccellenza di un modello che si colloca ai primi posti nella graduatorie internazionali. Con un danno gravissimo alla tutela della salute oggi assicurata ai cittadini dal sistema sanitario veneto».

Zaia: vittoria contro il centralismo sanitario del Governo
« Il centralismo sanitario governativo ha ricevuto un duro colpo e noi, tanto per fare un esempio concreto, continueremo a nominare i direttori generali della nostra sanità invece che doverli scegliere all'interno di una terna “nazionale” dove poteva esserci anche qualche responsabile di certi sfasci in giro per l'Italia». Con queste parole, il presidente Luca Zaia commenta la notizia.

La Regione Veneto contestava parecchi aspetti della riforma che per Zaia: «anziché fare evolvere il sistema, ne determinavano una profonda e irragionevole involuzione a danno del principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Un’involuzione che avrebbe compromesso irrimediabilmente soprattutto le realtà regionali efficienti, come il Veneto». Gli fa eco l’assessore alla sanità, Luca Coletto: «Si tratta di una sentenza ineccepibile e coraggiosa, e me ne compiaccio». «È stato sventato un attacco che avrebbe potuto far male, non alle Regioni, che il governo nazionale di certo non ama, ma alla gente che guarda alla propria Regione e, giustamente, chiede servizi, qualità, oculatezza gestionale».«Al di là dei pur fondamentali aspetti tecnico-giuridici – conclude Coletto – mi pare un segnale forte e positivo: la gestione della sanità non può prescindere dalle Regioni, quanto meno da quelle virtuose come il Veneto, e il futuro non deve essere un'omologazione nazionale al ribasso, ma un cammino per portare le Regioni in difficoltà ai livelli qualitativi e amministrativi di quelle più avanti. È la strada dei costi standard e della condivisione delle migliori pratiche. Si deve aiutare chi è indietro, non bloccare chi è avanti».

Intesa con le Regioni: necessario passaggio procedurale
In questa sentenza - come si legge nel comunicato della Corte costituzionale - «in senso evolutivo rispetto alla giurisprudenza precedente» la Consulta, prendendo atto delle violazioni della Costituzione denunciate dal Veneto, ha precisato che un’intesa con le Regioni, «è un necessario passaggio procedurale anche quando la normativa statale deve essere attuata con decreti legislativi delegati». È quindi stato ritenuto costituzionalmente illegittimo il disposto della riforma Madia che, invece, prevedeva un semplice parere delle Regioni, da rendere entro un tempo molto breve, e tranquillamente superabile in via unilaterale dal Governo.
«Di fatto la sentenza ha affermato – spiegano gli avvocati del Veneto - che il Governo non può diventare sordo ai suggerimenti delle Regioni e che non può sottrarsi alle procedura concertative, che sono necessarie per garantire non solo il pieno rispetto del riparto costituzionale delle competenze, ma anche il successo delle riforme. La volontà centralizzatrice intorno alla quale, senza nessuna ragione adeguata (perlomeno riguardo alle realtà regionali efficienti), il Governo aveva impostato tutta riforma Madia esce quindi fortemente ridimensionata. Anche i decreti legislativi già emanati dovranno essere corretti dal Governo, perché la Corte Costituzionale ha imposto di ascoltare seriamente le Regioni».

«Nell'ambito delle nuove procedure concertative la Regione Veneto - assicura Zaia - farà quindi sentire la sua voce: potrà così spiegare al Governo (che ora dovrà ascoltare e tenerne conto) quanto sia insensato centralizzare i concorsi e le nomine in una realtà regionale che ha i propri modelli organizzativi e una propria tradizione di efficienza riconosciuta a livello internazionale. Tradizione ed efficienza che invece non è propria di altre realtà regionali e nemmeno degli apparati centrali, dati i livelli molto bassi della graduatorie internazionali in cui si collocano i settori oggi gestiti direttamente dallo Stato».


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