Sentenze

Ergastolo confermato per l’infermiere killer di Villa Alex: «Nessun movente, fu omicidio aggravato»

di Lucilla Vazza

L'impossibilità di trovare un movente non salva dalla condanna per omicidio aggravato l’infermiere di una casa di risposo che aveva somministrato ai pazienti farmaci non previsti dal piano terapeutico in dosi massicce. Lo hanno stabilito i giudici della prima sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 5961/2017,del 14 luglio, depositata oggi.

La vicenda è quella di Angelo Stazzi, l’infermiere killer della casa di cura Villa Alex di Sant’Angelo Romano ed era balzata agli onori delle cronache per sua particolare efferatezza. Tra l’altro l’uomo, pensionato ed ex dipendente del Gemelli di Roma, aveva già subito la condanna a 24 anni per l’omicidio di una collega con cui aveva una relazione.

La Suprema corte ha respinto il ricorso proposto dalla difesa per contestare la sentenza con cui la I Corte d'assise d'appello di Roma aveva condannato l'infermiere al carcere a vita.

La vicenda
Stazzi fu portato a processo e gli fu cintestata la responsabilità di sette decessi risalenti al periodo gennaio-ottobre 2009. Erano tutti pazienti anziani ricoverati nella casa di riposo Villa Alex di Sant'Angelo Romano, istituto nel quale l'infermiere, già in pensione, prestò servizio libero-professionale tra il dicembre 2008 e il settembre 2009.
Gli investigatori hanno lavorato sulla base dell’autopsia che aveva evidenziato nei pazienti deceduti una «Grave ipoglicemia determinata dalla somministrazione di farmaci». Gli anziani pur soffrendo di varie patologie, non erano diabetici, per cui non era giustificata la presenza di dosi massicce di insulina combinata con altri farmaci nei corpi delle vittime. Tra l’altro Villa Alex era una Rsa, residenza sanitaria e non un ospedale, per cui i pazienti non erano in condizioni acute o di patologia di tale gravità da giustificarne il decesso.

Le motivazioni dei giudici
La conferma della condanna è arrivata nell’udienza del 14 luglio scorso, ma le motivazioni sono stata depositate oggi.

I giudici hanno ritenuto il ricorso dell’imputato «privo di pregio sotto tutti i profili». E sottolineato come la «mancata individuazione di movente non si risolve nell’affermazione probatoria di assenza di dolo del delitto di omicidio né tanto meno di assenza di coscienza e volontà dell’azione, quindi non è rilevante nel caso in esame», come già stabilito nella sentenza Spaccarotella (31449/2012).

La qualificazione dei delitti come «colposi» e non dolosi, come sostenuto dalla difesa (ricordiamo che i pazienti non avevano necessità di assumere ipoglicemizzanti, non essendo diabetici), è saldamente correlata ad alcuni elementi specifici: «dimostrativi della volontarietà degli effetti delle condotte, come la duplicità dei delitti e la compresenza in ciascun caso di duplice somministrazione di farmaci», scrivono i giudici. «E tale volontarietà comporta la sussunzione dei reati accertati nell’ipotesi astratta dell’omicidio doloso». L’imputato non avrà sconti di pena perché riconosciuto colpevole di duplice omicidio aggravato.


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