Sentenze

Talidomide, la Consulta chiarisce: applicare la nuova normativa pro indennizzi

di Lucilla Vazza

Talidomide: gli indennizzi spettano anche a chi è nato dopo il 1966, termine individuato dalla manovra finanziaria del 2008? La storia è controversa, ma l’indirizzo fornito nell’ordinanza 131/2017 dai giudici della Consulta è chiaro: d’ora in poi va applicata la normativa più vantaggiosa ai cittadini e cioè quella prevista un anno fa dalla manovra estiva (legge 160/2016).

La vicenda
Per questo i giudici del tribunale di Livorno hanno sollevato la questione di legittimità nel procedimento tra un cittadino nato nel 1973, con gravi anomalie causate dall’assunzione di talidomide in gravidanza. Sì perché la legge 244/2008 limita il riconoscimento dell'indennizzo «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, ai nati negli anni dal 1959 al 1965».

Il giudice a quo ha dunque chiesto ai giudici della Consulta di valutare la possibilità di applicare la normativa n. 244/2007, al cittadino affetto dalla nascita da «focomelia con aplocia degli arti inferiori, entrambe le mani, distrofia muscolare gamba sinistra e aplocia avampiede sinistro». Secondo quanto riferito dal giudice rimettente, nel corso dell'istruttoria giudiziale sarebbe stato dimostrato che la patologia, sotto forma di focomelia, sarebbe stata determinata dall'assunzione di talidomide durante i primi mesi di gestazione, da parte della madre del ricorrente.

Il punto nodale è che la limitazione anagrafica sarebbe in evidente contrasto con gli articoli 3 e 38 della Costituzione, poiché la natura assistenziale del beneficio, che sarebbe espressione del dovere di solidarietà sociale e, quindi, riconducibile agli articoli 2 e 32 Cost., «ne imporrebbe il riconoscimento a fronte dell'identità delle situazioni di bisogno e degli eventi generatori di esse e a prescindere dalla data di nascita del beneficiario», anche perché il range temporale 1958-66 non sarebbe supportata neppure dalla considerazione della data del ritiro dal commercio della sostanza dannosa, astrattamente «idonea ad elidere il nesso di causalità tra assunzione del farmaco e malformazione, poiché il ministero della Salute, convenuto in giudizio, non ha offerto alcuna prova in tal senso, mentre dai lavori preparatori della XII Commissione permanente Igiene e Sanità del Senato, relativi all'esame degli emendamenti al disegno di legge n. 2016 (volto a estendere la platea dei beneficiari dell'indennizzo) si evincerebbe il contrario, ovvero che non potrebbe escludersi la commercializzazione di medicinali a base di talidomide anche dopo il 1964; che, pertanto, ad avviso del giudice a quo, la discriminazione determinata dal mero dato anagrafico, non trovando alcuna giustificazione oggettiva e ragionevole, integrerebbe un'ingiustificata ed arbitraria disparità di trattamento».

La manovra estiva 2016 pro danneggiati
Il vero punto di svolta, alla luce di queste considerazioni,viene dall’articolo 21-ter del decreto-legge 113/2016, convertito, poi in legge 7 agosto 2016, n. 160, ha previsto che l'indennizzo di cui all'art. 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)», è riconosciuto anche ai nati nell'anno 1958 e nell'anno 1966, «nonché ai soggetti che, ancorché nati al di fuori del periodo ivi previsto, presentino malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide». La normativa sopravvenuta incide in maniera significativa sulla possibilità di conseguimento dell'indennizzo, «consentendone l'erogazione, qualora si dimostri il nesso di causalità tra la malformazione e l'assunzione del farmaco da parte della gestante, a prescindere dalla data di nascita del richiedente». I giudici della Consulta hanno sottolineato che poiché la disposizione ha modificato il quadro normativo di riferimento «incidendo sul relativo arco temporale, a cui era collegata l'erogabilità dell'indennizzo» ha stabilito la restituzione degli atti al giudice a quo, a cui compete valutare la ricaduta nel giudizio principale della norma sopravvenuta.



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