Sentenze

Avastin, Lucentis e la necessaria concorrenza

di Michele Carpagnano (partner Studio legale Dentons)

Lo scorso 23 gennaio la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata nella causa C-179/16 che ha visto contrapposte Roche e Novartis all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm). La causa si colloca nel solco dell’impugnazione da parte delle due case farmaceutiche del provvedimento con cui l’Agcm ha comminato nel 2014 a Roche e Novartis sanzioni per un importo complessivo di oltre 180 milioni di euro per aver realizzato un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue). Nel provvedimento sanzionatorio, confermato in primo grado dal Tar Lazio, l’Agcm ha ritenuto che Roche e Novartis si sarebbero accordate per ottenere una differenziazione artificiosa tra i medicinali Avastin e Lucentis.

Non è trascurabile l’impatto della sentenza europea per il settore farmaceutico dal momento che impone (prudenzialmente) alle case farmaceutiche di rivalutare, al di fuori naturalmente delle ipotesi di produzione e commercializzazione illecita dei medicinali, i rapporti di sostituibilità (e quindi di concorrenza) tra medicinali sulla base del loro effettivo impiego terapeutico. E ciò anche qualora, come nel caso di specie, i medicinali appartengono a due mondi (oncologico e oftalmico) apparentemente molto lontani tra loro.

Secondo l’Agcm, i due medicinali sarebbero in realtà del tutto equivalenti tra loro per il trattamento di malattie oftalmiche. L’intesa tra operatori concorrenti avrebbe avuto lo scopo di diffondere notizie in grado di ingenerare preoccupazioni sulla sicurezza degli usi oftalmici dell’Avastin (commercializzato da Roche) per causare uno spostamento della domanda a favore del farmaco più caro Lucentis (commercializzato da Novartis). L’Agcm ha ritenuto che tale artificiale spostamento avrebbe generato costi supplementari, a carico del servizio sanitario italiano, stimati in circa 45 milioni di euro per il solo anno 2012.

Diritto alla concorrenza per tutelare il mercato
La questione è giunta alla Corte di giustizia nel 2015 su rinvio pregiudiziale effettuato dal Consiglio di Stato adito dalle case farmaceutiche che hanno appellato la decisione del Tar Lazio. Le questioni analizzate dalla Corte di Giustizia sono di grande interesse da un punto di vista tecnico antitrust e sono destinate ad avere un rilevante impatto nel settore farmaceutico e in particolare con riferimento ai criteri da utilizzare per la definizione del mercato rilevante dei farmaci. Come ben noto, il diritto della concorrenza è volto a tutelare l’assetto concorrenziale del mercato.

In tale contesto, per individuare correttamente i prodotti ed i servizi in concorrenza (attuale o potenziale) tra loro è necessario definire correttamente il mercato rilevante. Si tratta di un’operazione spesso complessa, che richiede specifiche valutazioni di natura giuridica ed economica. Tale esercizio è particolarmente delicato nei mercati altamente regolati, quale quello farmaceutico. E infatti, nel caso in esame, l’Agcm ha ritenuto appartenenti al medesimo mercato rilevante (e quindi in concorrenza tra loro) due medicinali Avastin e Lucentis che venivano usati l’uno in maniera off-label, e quindi al di fuori delle condizioni previste dalla sua autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) e l’altro in maniera conforme all’Aic.

La posizione dell’Antitrust
La valutazione dell’Agcm, in estrema sintesi, è andata oltre l’approccio meramente formale, focalizzando l’analisi di sostituibilità dei due medicinali in funzione delle effettive modalità d’uso terapeutico prescritte dai medici ai pazienti. Si è posta dunque la questione dell’ammissibilità del ricorso a un’ampia analisi di sostituibilità sostanziale in presenza di limiti formali di tipo regolatorio, che avrebbero sensibilmente circoscritto la definizione del mercato rilevante.

La Corte di giustizia ha pienamente avallato l’approccio seguito dall’Agcm rilevando, che, in linea di principio, i medicinali utilizzabili per le medesime indicazioni terapeutiche appartengono allo stesso mercato. Secondo la Corte, l’analisi di sostituibilità sostanziale incontra un limite solo qualora i medicinali siano fabbricati o venduti in modo illecito, tale circostanza impedisce di considerarli come sostituibili a prodotti fabbricati e venduti in modo lecito sia dal lato dell’offerta, a causa dei rischi giuridici, economici, tecnici o di lesione alla reputazione a cui espongono i produttori e i distributori di tali prodotti, che dal lato della domanda, tenuto conto, in particolare, dei rischi per la salute pubblica che essi generano presso gli operatori sanitari e i pazienti.

Nel caso in esame tuttavia, secondo la Corte Ue, la normativa dell’Unione in materia di prodotti farmaceutici non vieta né la prescrizione di un medicinale al di fuori delle condizioni previste dalla sua Aic, né il suo riconfezionamento ai fini di tale uso, salvo il rispetto di talune condizioni. La Corte ha precisato quindi che la verifica del rispetto di dette condizioni non spetta all’Agcm, ma ai giudici nazionali o ad altre autorità competenti in materia farmaceutica. Per determinare se sussista un siffatto rapporto di sostituibilità, l’Agcm deve - sempreché le autorità o i giudici competenti a tal fine abbiano condotto un esame della conformità del prodotto in questione alle disposizioni vigenti che ne disciplinano la fabbricazione o la commercializzazione - tener conto del risultato di detto esame, valutandone i possibili effetti sulla struttura della domanda e dell’offerta.

Michele Carpagnano

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