Sanità24

  • 25 Mag 2016
  • Ddl Lorenzin, l’Osteopatia diventa professione sanitaria: un identikit da riconoscere

    di Paola Sciomachen (presidente del Registro degli Osteopati d'Italia)
  • Oggi in Italia all'interno del Ddl Lorenzin l'articolo 4 prevede il riconoscimento della professione. Il cammino per il riconoscimento dell'osteopatia quale professione sanitaria è avviato, affermando il diritto di tutti i colleghi, che da anni esercitano la propria attività con competenza e responsabilità, a vedere riconosciuta la propria professionalità e garantendo a quei pazienti che affidano la loro salute agli osteopati, una qualità di alto livello.

    Importante il bacino d’utenza: sono circa due milioni i pazienti che oggi si rivolgono alle cure degli oltre 6.000 osteopati in Italia. Numeri che come Roi, Registro degli Osteopati d'Italia, ci impegnano quotidianamente con l'obiettivo di diffondere conoscenza, formazione e principi deontologici tra i 2.500 professionisti nostri associati e gli altri osteopati che operano nel Paese.

    Con i suoi 25 anni di storia, il Roi è la più antica e rappresentativa associazione in Italia, da anni impegnata nel riconoscimento dell'osteopatia come professione sanitaria, tema su cui si sono spese molte parole, non sempre con l'intento di fare chiarezza. È fondamentale dunque informare i cittadini e tracciare un identikit dell'osteopata, chiarire quale sia l'ambito di intervento e quali gli iter didattici in Italia in grado di garantire l'erogazione di servizi secondo criteri normativi uniformi e qualitativamente elevati.

    L'osteopatia è una disciplina sanitaria indipendente di contatto primario con competenze di diagnosi osteopatica, gestione e trattamento, esclusivamente manuale, verso pazienti di tutte le età, dal neonato all'anziano, alla donna in gravidanza.

    L'intervento dell'osteopata, fondandosi sui principi di unità del corpo, di omeostasi (autoregolazione) e di relazione tra struttura e funzione, si concentra su cinque ambiti: biomeccanico, respiratorio-circolatorio, metabolico-energetico, neurologico e comportamentale. Al centro della cura osteopatica si trova il sistema muscolo-scheletrico, attraverso cui l'osteopata può riconoscere i segnali di sofferenza provenienti da disfunzioni anche di altri organi. Dopo aver individuato in un tessuto corporeo la disfunzione somatica, ossia i disturbi associati alle malattie che causano alterazioni funzionali ad organi e apparati, l'osteopata la corregge con la più appropriata tecnica manuale (la diagnosi di disfunzione somatica, di competenza esclusivamente osteopatica, è codificata all'interno dell'International Classification of Diseases. Al settore XIII Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo codice M99 Lesioni biomeccaniche non classificate altrove dell'ICD-10).

    Questi concetti chiave, che definiscono l'intervento osteopatico, sono contenuti nella norma “Osteopathic Healthcare Provision”, redatta dal Cen, l'associazione che riunisce gli enti di normazione di 33 Paesi europei, tra cui anche l'Italia, approvata definitivamente il 30 aprile 2015, e la cui pubblicazione ufficiale è avvenuta il 31 gennaio 2016.

    La normativa specifica i requisiti e le raccomandazioni riguardanti l'assistenza sanitaria, le strutture, i criteri formativi e i principi deontologici idonei a una buona pratica dell'osteopatia. La norma Cen, oltre a definire i criteri dell'Osteopatia, ne riconosce l'evidenza scientifica e quindi il conseguente riconoscimento quale professione sanitaria.
    Nonostante tale norma non sia una legge rappresenta un riferimento europeo ufficiale e condiviso che le organizzazioni politiche dei diversi paesi dovranno tenere in considerazione per legiferare e armonizzare la professione e l'esercizio dei circa 40.000 osteopati in Europa (stima 2013 OIA – Osteopathic International Alliance).

    In Italia, la formazione in osteopatia è gestita da istituti scolastici privati; al fine di promuovere uno standard formativo il più elevato possibile gli istituti accreditati dal ROI garantiscono iter didattici che seguono le indicazioni dell'Oms e della norma Cen.

    I percorsi identificati dalla norma Cen sono sostanzialmente due: corso di studi (T1) di durata non inferiore a 5 anni a tempo pieno di 4000-4500 ore, cui accedono gli studenti in possesso di titolo di istruzione secondaria (diploma di maturità); corso di studi a tempo parziale della durata di 5 o 6 anni (T2) che prevede circa 2000 ore, cui accedono gli studenti già in possesso di una laurea all'interno delle professioni sanitarie.

    La finalità dei corsi è trasferire ai futuri osteopati le competenze necessarie per gestire, autonomamente o in collaborazione con altre figure sanitarie, la prevenzione, la cura e il mantenimento della salute dei pazienti. Gli studenti, oltre ad apprendere le conoscenze delle scienze di base e dei principi fondamentali dell'osteopatia, sviluppano gradualmente le competenze tecniche e le abilità manuali di cui necessitano con lezioni teorico-pratiche per assicurare l'apprendimento graduale della palpazione percettiva, abilità manuale indispensabile ad ogni buon osteopata.