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Risk: arrivare preparati alle maxi-emergenze

di Anna Brunetti (docente del master Cineas in Hospital risk management Direzione sanitaria ospedale Maria Vittoria e risk manager)

La letteratura definisce gli ospedali «ambienti a rischiosità elevata», inoltre, essendo sede di complesse interazioni sanitarie e alberghiere, in delicato equilibrio tra di loro, gli eventi che impattano sulle caratteristiche di sicurezza possono metterli in crisi.

Le maxi-emergenze, interne o esterne alla struttura ospedaliera, influendo su questo equilibrio, vanno quindi gestite adeguatamente, non come un’emergenza ordinaria, ma in modo rapido e specifico perché l’improvvisazione non permette di modulare soluzioni consone alle necessità e alle attese. L’ospedale è anche percepito dalla comunità come uno dei posti più sicuri; in realtà, è tale solo se lo sono la struttura che lo ospita e il personale che vi opera.

L’Organizzazione mondiale per la Sanità (Who), nel 2009, sollecitò i governi a sviluppare politiche e programmi per la sicurezza delle strutture sanitarie nelle emergenze, con l’obiettivo di salvare vite umane e migliorare la salute in queste situazioni.

Tra gli elementi operativi essenziali indicava: sviluppare piani d’emergenza nelle strutture sanitarie; verificare e aggiornare i piani di risposta alle emergenze prevedendo esercitazioni; imparare dalle emergenze passate.

L’assenza di piani precisi favorisce risposte all’emergenza disorganizzate, scoordinate, irrazionali, scorrette e anche potenzialmente pericolose. L’elaborazione dei piani d’emergenza, con il coinvolgimento attivo dei vari settori e professionalità interessate, permette invece di fare la differenza nell’affrontare una criticità a elevato impatto organizzativo ed emotivo quale una maxi-emergenza.

Esperienze di successo
Gli ospedali dell’Asl To2 Maria Vittoria e Amedeo di Savoia/Birago di Vische (che è situato in un’ansa naturale della Dora Riparia) hanno sperimentato direttamente la realtà di quest’affermazione nell’evento alluvionale verificatosi in Piemonte nell’anno 2000.

A seguito dell’allarme diramato dalla Protezione Civile tramite la Prefettura, grazie all’esistenza del PEvac1 (piano d’evacuazione parziale), del PEvac2 (piano d’evacuazione totale) e del Peimaf (piano per il massiccio afflusso) hanno potuto gestire le attività previste per fronteggiare l’emergenza tramite l’Unità di crisi interna multi professionale e multidisciplinare, permettendo la messa in sicurezza dei pazienti ricoverati e delle strutture, prima dell’arrivo della terribile ondata di piena. Le attività sono state condotte utilizzando la Sep (Squadra evacuazione pazienti) e gli operatori addestrati, con ordine, rapidamente, in modo coordinato, senza inutili allarmismi o manifestazioni di panico e senza tralasciare la documentazione clinica, le attrezzature e i farmaci necessari per la prosecuzione delle cure ai pazienti.

L’emergenza è iniziata alle ore 19 del 15 ottobre ed è terminata nel pomeriggio del 22 ottobre con il cessato allarme e rientro dei pazienti nell’ospedale alluvionato, ma messo in sicurezza.

Considerazioni di metodo
Le operazioni sono state gestite per tutto il periodo e in ogni fase senza conseguenze negative per i pazienti né danni a strutture e attrezzature. Questo è stato possibile, grazie al fatto di aver elaborato, rodato e aggiornato, negli anni precedenti, affidabili piani d’emergenza ospedalieri, dotati di una chiara catena di comando. Gli stessi prevedevano: definizione di procedure semplici per ogni fase conosciute da tutti; individuazione della dotazione e della disponibilità delle risorse necessarie; informazione, formazione e addestramento del personale.

Anche se l’evento si è presentato d’entità e gravità sproporzionate rispetto al previsto, il poter contare su interventi pianificati a priori ha permesso di concentrare l’attenzione della catena di comando sugli aspetti che non erano stati adeguatamente considerati, rendendo rapida l’individuazione di soluzioni efficaci e impedendo il verificarsi d’incidenti inaccettabili.

L’attualità della nostra esperienza è ogni anno rimarcata dal verificarsi di eventi catastrofici, naturali e non, quale per esempio l’evento alluvionale del 2014, che ha portato all’evacuazione completa dell’ospedale di Omegna.

Gli strumenti. È evidente che, per fornire una corretta risposta sanitaria in questi frangenti, deve esserne pianificata la gestione intraospedaliera, avvalendosi dei tre strumenti operativi classici:

1. strategia, ossia, la capacità di elaborare piani d’emergenza su previsione di eventi possibili, fondata sui tre capisaldi: top management; piani veri e propri; preparazione degli operatori a svolgere i compiti previsti nei piani;

2. logistica, ossia, individuare e gestire le risorse finalizzate a realizzare, applicare e sostenere i piani (persone, materiali, mezzi e locali operativi);

3. tattica, cioè, applicare i piani per l’emergenza con lo sviluppo della catena dei soccorsi in fasi sequenziali.

Tre sono i piani di base irrinunciabili per ogni struttura sanitaria:

Peimaf (piano d’emergenza per il massiccio afflusso di feriti) normato da Linee guida della Protezione civile e indirizzi regionali;

Pei (Piano d’emergenza interna - incendio, scoppio, attentato, crollo), il più delle volte fatto coincidere con il piano anti incendio espressamente richiesto dal decreto legislativo 81/2008;

P.Evac (Piano d’Emergenza per evacuazione struttura) parziale o totale, anch’esso previsto dal decreto legislativo 81/2008.

La sola presenza di un documento scritto, per quanto importante, non è però sufficiente: i piani devono essere veramente funzionali e operativi e la loro reale efficacia deve essere adeguatamente testata.


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