Aziende e regioni

Ambiente&salute, Isde: sui pesticidi gestione del rischio insufficiente

di Carlo Modonesi e Celestino Panizza (coordinatori del gruppo di lavoro Isde Italia sui pesticidi)

Gli standard di “rischio accettabile” adottati dalle politiche europee per i residui presenti nelle matrici ambientali e nei prodotti alimentari non sembrano sufficienti a garantire una relazione virtuosa tra agricoltura industriale, ambiente di vita e salute pubblica. È questo l’elemento emerso dalle None giornate mediche dell'ambiente, tenutesi a Roma il 9 e 10 ottobre scorsi. Nel corso dell’evento Isde Italia ha rimesso al centro dell'attenzione pubblica alcune criticità che minacciano i territori e la salute dei cittadini in tutta Europa, con particolare interesse per la situazione italiana. Tra queste, il massiccio ricorso alla chimica di sintesi che caratterizza il composito sistema agricolo continentale e nazionale. In particolare, è stato evidenziato come l'impatto generato dai pesticidi sia da prendere in seria considerazione, soprattutto alla luce dell'approccio complessivo che integra la valutazione dei rischi sulle matrici ambientali, sui sistemi ecologici e sulla salute umana con il quale è stato sviluppatoil position paper “Pesticidi, pratiche agricole, ambiente e salute”, pubblicato a marzo 2015 .

Gli occhi chiusi sul caso glifosate
A livello nazionale, i riflessi più clamorosi delle lacunose politiche europee sono individuabili nella grave disomogeneità dei criteri impiegati dai ministeri (insieme alle agenzie regionali di protezione ambientale) per il monitoraggio dei pesticidi nelle acque.

Il caso dell'erbicida glifosate è paradigmatico. Ampiamente utilizzato dagli agricoltori di tutto il mondo nelle coltivazioni legnose, erbacee e orticole, il glifosate domina il mercato dei pesticidi ovunque, anche in Italia, dove risulta essere in cima alle vendite dei pesticidi di sintesi. L'erbicida, che da tempo gode di un massiccio impiego anche in contesto urbano, civile, industriale e domestico – ossia nella manutenzione del verde pubblico, delle massicciate delle ferrovie, degli impianti industriali, dei giardini privati, delle piante d'appartamento, delle strutture sportive, e quant'altro – da almeno due decenni viene segnalato dai ricercatori di mezzo pianeta come contaminante da tenere sotto stretta osservazione, sia per il suo uso ubiquitario sia per i suoi effetti tossicologici ed ecologici.

Nel marzo 2015, oltretutto, l'erbicida è stato inserito dalla Iarc (l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) in classe 2A, ossia nella lista dei “probabili cancerogeni per l'uomo” – che tra parentesi risultano essere cancerogeni accertati per gli animali – in quanto fortemente sospettati di incrementare il rischio di linfomi non-Hodgkin.

Fatto sta che il successo commerciale del principio attivo ne ha favorito una gigantesca diffusione nell'ambiente di vita: limitando il quadro ai paesi Ue, l'inquinamento da glifosate ha dilagato in gran parte del territorio comunitario e dei relativi corpi idrici (fiumi, laghi, falde, ecc.).

In mancanza di chiare disposizioni europee sul controllo dell'inquinante, il buon senso avrebbe suggerito che i singoli governi nazionali mettessero a punto misure di protezione interna basate su efficaci azioni di monitoraggio ambientale e su provvedimenti di restrizione (anche commerciale). Il buon senso, tuttavia, ha mostrato tempi di reazione e una capacità di diffusione di gran lunga inferiori a quella del pesticida, tant'è che nell'ambito dell’Ue soltanto Danimarca e Olanda hanno agito in tal senso. Anche in Italia, dunque, ha prevalso il metodo del business as usual, prova ne sia che, pur avendo un impiego diffusissimo, il glifosate non è mai stato monitorato nei corpi idrici, eccezion fatta per le acque della Lombardia, dove da tempo rappresenta (insieme al suo metabolita Ampa) il principale inquinante agrochimico delle acque superficiali.

Non deve sorprendere, dunque, che il principio attivo sia presente nel 18% dei punti di monitoraggio, mentre il suo metabolita Ampa addirittura nel 47%. Ciò senza tenere conto del fatto che glifosate e Ampa figurano tra le sostanze che più frequentemente sforano i valori ammissibili per le acque superficiali, con superamenti degli standard di qualità ambientale (Sqa) rispettivamente del 31% e del 56,6% (senza qui tenere conto della contaminazione dovuta ad altri erbicidi, agli insetticidi, ai fungicidi, ecc., né dello stato di salute delle acque sotterranee).

L’eccezione della Lombardia
Morale: se nelle Regioni italiane il glifosate non compare mai nella lista nera degli inquinanti delle acque, salvo quelle della Lombardia, è semplicemente perché non viene cercato. Il risultato è che la Lombardia, che apparentemente detiene il primato nazionale dell'inquinamento idrico da glifosate, è in realtà l'unica Regione ad avere avuto perlomeno il buon senso di controllarne annualmente i livelli di concentrazione.

A quanto pare, la storia dell'atrazina non ha insegnato nulla. Bandita in Italia oltre 20 anni fa, anche questo erbicida di sintesi, notoriamente tossico, veniva usato a piene mani soprattutto nelle colture cerealicole della Pianura Padana. Ebbene, a tutt'oggi, la contaminazione idrica da atrazina, specialmente nelle acque sotterranee, resta pressoché invariata rispetto a quella misurata prima che l'erbicida fosse vietato: segno che la persistenza ambientale dei pesticidi di sintesi continua a costituire una minaccia per le risorse naturali e per la salute umana per tempi lunghissimi anche dopo il loro abbandono.

Le proposte per una nuova gestione del rischio agrochimico
Per questa e altre ragioni, le None Giornate Mediche dell'Ambiente hanno enfatizzato, in modo chiaro e documentato, la necessità di un cambiamento radicale delle politiche europee e nazionali nella gestione del rischio agrochimico, raccomandando l'adozione:

1) di rigorose misure di precauzione laddove i composti non forniscano sufficiente evidenza di essere sicuri

2) di programmi di prevenzione sull’uso di composti chimici laddove esistano prove empiriche della tossicità per l'uomo e per l'ambiente. L'imposizione di divieti totali e il ritiro dal commercio dei composti più pericolosi, nonché l'implementazione di sanzioni e altri provvedimenti a tutela del territorio e della salute pubblica, dovrebbero accompagnare la transizione verso un'agricoltura sempre più svincolata dalla chimica di sintesi, come quella biologica e biodinamica. È arrivato il momento di premiare gli agricoltori che operano a favore di un'agricoltura ecologica e sostenibile. Il che significa anche dare ascolto alle aspettative del crescente numero di consumatori che chiedono filiere sane e prodotti sicuri, di qualità e accessibili a un prezzo giusto.


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