Aziende e regioni

Il governatore dei governatori: tutte le sfide aperte di Stefano Bonaccini

di Roberto Turno (da Il Sole 24 Ore di oggi)

Dal piemontese di Moncalieri al modenese doc. Da Sergio Chiamparino (Pd) a Stefano Bonaccini (Pd). Le regioni hanno scelto ieri all'unanimità il nuovo “governatore dei governatori” che li guiderà in una stagione istituzionale, politica e di speranza di rilancio dell'economia, che si annuncia cruciale. Tocca appunto a Bonaccini, 48 anni, sempre più renziano dopo le primarie vinte dall'ex sindaco di Firenze nel dicembre 2013 contro Bersani di cui l'attuale presidente dell'Emilia Romagna era stato fino ad allora sostenitore. L'ascesa alla presidenza della regione nel dicembre 2014 dopo le dimissioni di Vasco Errani, era stata preceduta del resto non a caso dall'incarico di responsabile nazionale enti locali nella segreteria nazionale dei Dem.

Ieri, fresco di nomina, Bonaccini ha già lasciato intuire la rotta che seguirà dopo il mandato ricevuto dai colleghi. La manovra? «Una buona legge che ha bisogno di alcune correzioni, alcune però già accolte e importanti». Il rapporto col Governo: «Corretto ma autonomo, verificheremo di volta in volta». Per concludere: «Non sarò un uomo solo al comando». Dove il più classico “lavoro di squadra” evoca lo spirito ferrarista di un modenese doc.

Forte nel parlamentino dei governatori di una maggioranza schiacciante della trazione Pd, con tre sole regioni a guida leghista all'opposizione (Lombardia, Veneto e Liguria che con Toti ha conservato la vicepresidenza), Bonaccini dovrà dirigere, se potrà, la navicella dei governatori in mezzo a tanti marosi. Che segneranno anche il futuro di un apparato regionale sempre più in discussione e sempre meno amato dall'opinione pubblica, a partire dalla partita futuribile delle macro regioni.

Intanto, se il referendum popolare lo confermerà, il nuovo assetto del Senato con pressoché esclusiva presenza regionale, dovrà chiarire forza e capacità da esprimere in quella che sarà la ex Camera alta. Poi c'è il trapasso da un federalismo che troppi guasti ha fatto in 15 anni, a un ruolo statale più incidente. Per non dire della partita delle partite per i bilanci locali: la spesa sanitaria, motore finanziario e di potenziale consenso elettorale, ma anche ormai rivelatasi una partita quasi impossibile da gestire. Come si vedrà già dall'applicazione della manovra 2016, che affida a risparmi e tagli agli sprechi la compensazione del mancato aumento del Fondo sanitario. La sfida è aperta.


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