Aziende e regioni

La Calabria e il Sud violato

di Ettore Jorio (Università della Calabria)

Un consistente numero di famiglie in fuga dalla 'ndrangheta/mafia/camorra egemoni nel Mezzogiorno e dal disinteresse della politica e delle istituzioni a fronteggiarle.
Gli ultimissimi dati: 100.000 giovani lasciano il sud per l'estero. In Calabria & Co c'è un esercito di giovani intellettuali pronti ad emigrare. Lo scenario prossimo: ci sarà l'esodo da tutto il meridione per tutelare la salute propria e dei loro figli, ivi compromessa e data in peggioramento. Il risultato: le regioni del sud più profondo che si asciugano sempre di più demograficamente, privandosi progressivamente delle loro intelligenze.

Non si è fatto e non si fa nulla per arginare siffatto fenomeno. Tutt'altro, lo si incentiva con decisioni che rasentano l'assurdo giuridico e la violazione dei processi di formazione delle decisioni istituzionali. Per esempio, il recente decreto assunto dal commissario ad acta calabrese per il piano di rientro (n. 30/2016), con il quale si presume di riordinare l'assistenza ospedaliera, è l'esempio di come possono essere violate le più elementari regole. Non solo. Di come possano essere oltraggiate le istituzioni democratiche e vilipesi i diritti sociali dei cittadini.

Le regole elementari sono quelle costituzionali, ma anche quelle che vorrebbero la programmazione fondata su dati attuali, correttamente rilevati e corrispondenti ai bisogni da soddisfare. Di tutto questo: nulla. Quindi, in Calabria, come nelle altre regioni commissariate, prevale la falsità dei presupposti sui quali si fondano gli atti di programmazione, dai quali dipenderebbe l'esigibilità del più importante diritto sociale.
Quanto alle regole: si usurpa la competenza, riassumendo nella più assurda monocrazia una funzione che la Costituzione assegna al più ampio strumento di democrazia: il Consiglio regionale.

In buona sostanza, si programma con i dati dell'altro ieri, senza aver rilevato alcunché e senza progetto, fatta salva la propaganda di qualche posto letto in più e di qualche appetito da saziare. A ben vedere, nelle regioni deboli continua indisturbata una gestione caratterizzata dall'improvvisazione, dall'inefficienza e dal clientelismo, persino in epoca commissariale (un record!). Vige il sopruso dei diritti di chi costituzionalmente li possiede, sottratti ai legittimi titolari dal primo impiegato arrogante; un livello di assistenza progressivamente digradato e garantito, a livello ospedaliero, spesso attraverso penose intercessioni, altrove inconcepibili; un ceto medico esageratamente in corsa verso l'elettorato passivo ovvero in fila per assumere cariche di sottogoverno, piuttosto che stare attento ai problemi dei cittadini che soffrono, tradotti così da pazienti in clientes.
L'accaduto. Dopo un programma ospedaliero, tirato fuori dal cappello dell'allora Commissario nelle more della pubblicazione del DM 70/2015, che disegnava - così come stigmatizzato all'epoca dei fatti sulla pagine di questa rivista - con le vecchie regole i requisiti per le strutture erogative del livello assistenziale ospedaliero, ecco la riedizione del medesimo.

Gli errori, ma anche gli spropositi, perseverano
Riguardo alla competenza: continua l'atto di prepotenza di decidere monocraticamente, esercitando poteri che non competono affatto a chi è tenuto, a mente dell'art. 120, comma 2, della Carta, a surrogare gli organi costituzionalmente dediti alla gestione e non già alla programmazione e all'esercizio legislativo. Un compito, quest'ultimo, che spetta al Consiglio, cui risale la ovvia paternità della più recedente programmazione regionale approvata con la legge n.11/2004. Una legge scritta con i piedi ma pur sempre di una legge trattasi.

Relativamente al merito si decide senza rilevazioni certificate del fabbisogno epidemiologico. Senza sapere cosa si intende fare per riparare all'assistenza territoriale pressoché inesistente. Senza ancora sapere cosa fare dei quattro nuovi ospedali e di quelli vecchi da ristrutturare ovvero da ricostruire nonché di quelli da sopprimere, perché pericolosi per la salute dei cittadini. Lo si fa supponendo di soddisfare bisogni impropri funzionali a registrare consensi estemporanei, spesso pregiudizievoli per il futuro della salute dei cittadini. Tutto accade senza tenere conto delle innumerevoli morti colpevoli che la Calabria ha registrato nel tempo.
Peggio del peggio lo si fa trascurando l'assenza dei requisiti in gran parte del patrimonio strutturale pubblico destinato all'assistenza.


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