Aziende e regioni

I pazienti amano le cure «a km 0»

di Carla Collicelli (advisor scientifico Fondazione Censis)

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24 Esclusivo per Sanità24

Sempre più spesso si sente parlare di sanità digitale, ma a volte ci si dimentica che i destinatari principali e i promotori stessi di tale processo sono le persone. Senza la loro piena collaborazione non è possibile ottenere i risultati auspicati.

Mercoledì 25 maggio, nella seconda giornata del ForumPa 2016, nella sala Alicudi del Palazzo dei Congressi, verranno presentati i dati dello studio che Censis ha realizzato, in collaborazione con Arsenàl.IT, sugli effetti sociali della introduzione di servizi digitali in sanità. La ricerca è stata condotta incrociando e rielaborando i risultati di precedenti analisi svolte da Censis, Arsenàl.IT, Istat, Politecnico di Milano e altri enti. Ne scaturiscono risultati interessanti sui vantaggi in termini di buon uso delle risorse, trasparenza, efficacia delle cure, funzionalità e rispetto dei pazienti e delle loro famiglie, che saranno illustrati attraverso dati statistici qualitativi e quantitativi nel corso dell’incontro.

Non vi è dubbio che gli sviluppi dell’Information comunication technology stiano rivoluzionando il rapporto tra utenti e sanità, ma l’introduzione di nuove tecnologie non produce frutti se non si pone attenzione al contesto umano di applicazione. Conoscenza, propensione, barriere e resistenze sono tutti elementi che possono facilitare od ostacolare, a seconda dei casi, la digitalizzazione, come peraltro ogni altro processo di cambiamento. Porre al centro dell’attenzione quanto sta avvenendo nella sanità veneta in termini di ammodernamento e di digitalizzazione permette di osservare con occhi più competenti la situazione.

Il caso Veneto. Una prima considerazione riguarda il fatto che ogni processo di sviluppo e cambiamento, per essere efficace, richiede che il contesto di applicazione sia adeguato e pronto. Da questo punto di vista la sanità veneta viene riconosciuta come buona pratica ed eccellenza nel contesto italiano in generale, anche indipendentemente dalla questione tecnologica. Dallo studio che verrà presentato il 25 maggio al Forum Pa emerge che la sanità veneta sta ottenendo risultati positivi in ambito tecnologico, anche perché orientata da tempo a una modernizzazione dolce e attenta ai bisogni dei cittadini, degli operatori sanitari, e altri molteplici aspetti.

E-health attenta ai bisogni. L’analisi dei dati emersi nel corso di questo pluriennale processo di modernizzazione “dolce” del Veneto consente di porre in luce anche altri importanti fattori.
Emerge, per esempio, che i cittadini sono meno sprovveduti di quanto si pensi, e che nell’ambito specifico della sanità digitale pongono massima attenzione all’accessibilità e disponibilità dei servizi. Una sorta di principio della “salute a casa tua”. Concetto radicato nelle convinzioni generali, perché collegato alle funzioni di orientamento e coordinamento che la famiglia, o l’ambiente primario di vita più in generale, svolge nel promuovere l’efficacia delle cure e l’assistenza necessaria a latere delle prestazioni sanitarie in senso stretto. Le conseguenze legate alle anomalie del sistema complessivo dell’offerta socio-sanitaria che ricadono sui soggetti deboli e sulle loro famiglie sono spesso molto pesanti, e ciò li porta a operare in maniera molto concreta e attiva a supporto del processo di cura. Tant’è vero che se il sistema sanitario italiano si attesta ai livelli che vengono certificati dagli organismi internazionali, una parte del merito va proprio alle famiglie e ai cittadini. In altre parole, va riconosciuto quello sforzo che compie la comunità di base che ruota attorno al malato. Di conseguenza, tutto ciò che contribuisce a rendere più agevole ed efficiente il rapporto tra sistema dei servizi e utenti, ivi comprese le loro famiglie e la comunità di riferimento, è caldamente benvenuto e sostenuto in quanto rientra nell’ambito degli sforzi necessari per realizzare una vera presa in carico totale, tempestiva e completa del caso di malattia. In tal senso le innovazioni supportate dalle tecnologie, come i punti unici di accesso, i percorsi il più possibile lineari, la facilità di uso, sono considerate dalla società che deve accogliere le innovazioni, anche tecnologiche, elementi di grande rilievo e utilità.

D’altra parte, se è vero che i cittadini sono e saranno sempre più confidenti con il digitale, non dobbiamo dimenticare la presenza di un “divide” culturale rispetto alla tecnologia, che fa crescere le disuguaglianze sociali, penalizza alcune fasce di popolazione rispetto ad altre, mette in difficoltà alcuni cittadini rispetto ad altri. Questo elemento è un altro tassello importante evidenziato dallo studio di Censis e Arsenàl.IT sulla sanità digitale.
Si parla insistentemente della crisi economica e dei risvolti in termini di disuguaglianza che sta producendo sulla popolazione, ma non si parla quasi mai delle difficoltà relative alla socializzazione legate alle nuove modalità di comunicazione e di informazione ed alle nuove tecnologie, sebbene sia evidente che il rischio della crescita delle disuguaglianze dipenda in larga misura proprio da questo ambito. Il quarto elemento da considerare è il divario culturale, ampio e significativo, che si scontra anche con le disfunzioni che si verificano a valle della strumentazione tecnologica.
In particolare se si considerano alcune applicazioni della rete internet che, anche nell’ambito della salute, a volte sembrano giocare contro il benessere e l’umanizzazione, mettendo in circolazione informazioni scorrette o incomplete, puntando alla commercializzazione, o confondendo le idee. La digitalizzazione della sanità, e l’esperienza veneta lo dimostra, quindi, deve operare anche nella direzione del contrasto delle storture, ponendosi come “rete buona”.
Per fare questo e per porsi come servizio digitale che aiuti i percorsi di cura ed i percorsi di miglioramento del benessere della salute, occorre coinvolgere i cittadini stessi. Di conseguenza si presenta la necessità di rifuggire da una progettazione isolata e di puntare a creare un terreno fertile di scambio e concertazione, che veda rappresentati tutti i soggetti coinvolti, ivi comprese le associazioni dei pazienti e le altre organizzazioni che a vario titolo si occupano di salute e benessere. Coinvolgere tutte le categorie di cittadini e andare alla ricerca in particolare di coloro che rischiano di rimanere esclusi diventa imprescindibile. Infine, occorre porre attenzione alla questione dell’integrazione, interscambiabilità e completezza del percorso di digitalizzazione, senza il quale ogni sforzo risulterà vano.
La globalizzazione e la rivoluzione tecnologica, cui stiamo assistendo, non possono che spingere verso l’integrazione tra territori e tecnologie, e ciò non si sposa con i ritardi che spesso si verificano a causa della disarticolazione tra sperimentazioni diverse e processi diversi di trasformazione. Ciò di cui ci sarebbe davvero bisogno è piuttosto una progettazione concordata a livello nazionale, magari europeo, dei processi di digitalizzazione in sanità. Lo studio si conclude proprio con alcune proposte migliorative che verranno discusse durante l’evento al Forum Pa.


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