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«I ragazzi del Bambino Gesù», la malattia si racconta
di Mariella Enoc (presidente Ospedale pediatrico Bambino Gesù)
Raccontare la malattia senza finzioni. Raccontare la malattia meno accettabile, quella dei ragazzi e dei bambini. Accettare che a raccontarla siano loro stessi in prima persona, i ragazzi con le loro famiglie.
È forse questa la sfida più difficile e al tempo stesso più necessaria del documentario «I ragazzi del Bambino Gesù», il progetto che l’Ospedale pediatrico ha accettato di realizzare con la società di produzione Stand By Me e che la Rai manderà in onda per 10 puntate sulla Terza Rete.
La storia di 10 pazienti, il loro doloroso percorso di cura, raccontato attraverso la loro testimonianza quotidiana, quella delle loro famiglie, dei medici, degli infermieri, dei volontari, di tutti quanti ogni giorno danno il meglio di sé per garantire non solo le cure migliori, ma anche conforto e speranza nei momenti difficili.
La vita di questi ragazzi e ragazze (tra di loro anche un bambino, accompagnato dalla propria coraggiosissima mamma) è seguita dentro e fuori l’Ospedale, nei loro momenti di svago, di riposo, di divertimento. La straordinaria normalità della vita, anche in situazioni difficili, raccontata con delicatezza e positività, ma senza finzioni.
Non è stato facile realizzare questo progetto: la presenza continuativa delle telecamere nei reparti, per oltre un anno, ha rappresentato una sfida organizzativa impegnativa, sotto il profilo della privacy ma anche della trasparenza. Ma valeva senz’altro la pena tentare questa grande avventura, per tanti motivi: innanzitutto per i ragazzi.
La riflessione più avanzata sulla medicina narrativa, ma soprattutto l’esperienza quotidiana ci insegnano che il paziente - soprattutto se ragazzo e adolescente - non vuole essere solo curato, ma vuole essere protagonista fino in fondo del suo percorso di cura. E il racconto certamente favorisce il processo di consapevolezza ed elaborazione.
La narrazione è una strategia che può aiutare il paziente a “risignificare” l’esperienza traumatica che sta vivendo, rimettendo insieme i pezzi della sua identità. E può aiutare anche i medici, gli psicologi e gli operatori sanitari a meglio realizzare con il paziente una relazione efficace, una vera alleanza terapeutica.
Da un punto di vista sociale, il racconto della malattia aiuta i malati e le loro famiglie ad uscire dalla condizione di isolamento ed emarginazione e diventa occasione di valore, di crescita e di condivisione. Queste ragioni hanno convinto l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza a concedere il proprio patrocinio all’iniziativa, rendendoci particolarmente orgogliosi.
Un altro motivo importante per cui valeva la pena realizzare questo progetto riguarda la possibilità di fare informazione sanitaria di alto livello rivolta a un pubblico ampio e non specialistico: sappiamo tutti quanto questo sia importante, per far crescere la cultura sanitaria e scientifica del nostro Paese. Si parlerà di patologie complesse in ambito oncologico, reumatologico, nefrologico, bariatrico e cardiologico. Verranno presentate le nuove frontiere dei trapianti, la generosità delle donazioni di organo, l’importanza fondamentale di stili di vita e alimentari corretti. La direzione sanitaria dell’Ospedale ha controllato con estremo rigore i messaggi e le informazioni contenute nel documentario. Ogni puntata sarà affiancata da un’attività mirata di comunicazione sanitaria sul web e sui social network per rispondere alle domande degli utenti e approfondire le questioni specifiche che emergeranno dalle storie raccontate. Anche da questo punto di vista, ci conforta il patrocinio che anche il ministero della Salute ha deciso di concedere al documentario che andrà in onda su Rai Tre, in una logica di autentico ed effettivo servizio pubblico.
Infine una terza ragione che ci rende particolarmente orgogliosi di aver accettato questa sfida. La possibilità di restituire all’opinione pubblica la realtà di una sanità di cui essere fieri: non certamente solo il Bambino Gesù, ma tutta la grande sanità italiana, quella pediatrica in particolare, vero patrimonio di competenze e umanità. Una rete di eccellenza e di solidarietà che sa stringersi intorno ai ragazzi e alle loro famiglie con l’aiuto fondamentale dei volontari e delle case famiglia, delle associazioni e delle fondazioni. Un’iniezione di fiducia e di speranza per il nostro Paese.
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